Arcana

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Voto:

La falsa sensitiva Tarantino (Lucia Bosé) sbarca il lunario leggendo le carte e facendo la santona. Il di lei figlio (Maurizio Degli Esposti), invece, ha davvero dei poteri paranormali e con questi manipola la gente e provoca isterie di massa. Il ragazzo metterà anche incinta Marisa (Tina Aumont) che poi verrà spinta ad abortire.

LA RECE

Simbologie e antiborghesie a profusione. Idee non male ma Questi, forse per limiti produttivi più che artistici, finisce per dare vita ad un pezzo di cinema la cui unica fortuna fu (almeno fino a qualche tempo fa) il difficile reperimento, facendone la sua fortuna underground.

Film ex-rarissimo e maledetto del duo Questi-Arcalli che incappò nel fallimento della produzione mentre si stampavano le copie, sicché reperirlo nella verisione director's cut è un'impresa. Esperimento di cinema libero, val la pena di essere visto almeno una volta per avere l’idea di un tempo in cui si potevano realizzare prodotti senza pensare troppo alla leggi del mercato e del successo, correndo sull'orlo del fallimento. È interessante capire come il regista sia passato dalla rielaborazione pop del thriller la Morte ha fatto l'uovo (1967) al surrealismo antiborghese di Arcana. In effetti, Questi non ha fatto nessun particolare balzo estremo. Già nel film del ‘67 si potevano rintracciare critiche verso la borghesia e rappresentazioni pesantemente influenzate dai lavori buñueliani; semplicemente, in quel film si faceva uso di soluzioni visive tipiche della pop-art. In Arcana, i temi, o meglio la forza critica, rimangono i medesimi ma cambia il modo di rappresentarli. La storia è quella di una famiglia di emigrati meridionali che, giunta a Milano, tenta di sbarcare il lunario, cosa difficile visto che l'uomo di casa è morto. La soluzione è la magia, la truffa e la metafisica. Alla base della cultura moderna, razionalista e borghese, vi sono fondamenta magiche e ritualistiche esattamente come secoli fa, nulla è cambiato, tutto si basa su profonde contraddizioni. Ciò si manifesta soprattutto al limitare della metropoli, in quartieri desolati e degradati in cui futuro e passato mal si integrano. Il modo in cui Questi decide di rappresentare tutto ciò è peculiare: il suo quadro è dipinto per metà con toni crudi e (neo)realistici, e in parte tramite riferimenti alla lezione surrealista; la Bosé che fa uscire dalla bocca delle vere rane è solo la punta dell'iceberg. Il regista dimostra un disinteresse programmatico verso le normali regole della narrazione e, piuttosto, un interesse verso il simbolo e l'immagine come media del significato. Certo, Questi non ha la visionarietà di Jodorowsky e, di sicuro, non ha la capacità (o i soldi?) per tramutare l'immagine mentale in un'immagine visiva di forte impatto; la sua visionarietà si perde troppo spesso in un accumulo di allogorie, metafore o immagini a sé stanti che straniano per straniare e rischiano di annoiare. E la durata del film non giova. Tuttavia, Arcana non è un'opera involontariamente bizzarra o stranita: la sua è stranezza programmatica, tanto più affascinate oggi che siamo inondati da immagini omogeneizzate e predigerite. La volotà di scuotere occhi e menti dello spettatore c'è, l'operazione è però compiuta su piccola scala e il fallimento produttivo in itinere sta lì a dimostrarlo. Arcana non è mai decollato e ancor oggi vola basso, anzi underground; si vede che è il destino di queste cose. Per esoteristi del cinema di genere.

TRIVIA

Giulio Questi (1924-2014) dixit: “Dovete capire che io sono arrivato a Roma nel 1950, vale a dire più di sessant’anni fa. L’Italia era distrutta, e c’era tutto da fare, tutto da costruire, e cominciò quel miracolo della ricostruzione del Paese. Un ragazzo di vent’anni che veniva dalla provincia e voleva fare il cinema, aveva tutto lo spazio a disposizione per farlo. Non è come oggi che non c’è nessuna fessura in cui un individuo si possa infiltrare; allora c’erano praterie aperte. Naturalmente occorre avere un minimo di talento… Io avevo la fortuna di avere già girato qualche documentario al nord per cui sapevo usare una Arriflex, montare la roba che giravo e soprattutto scrivere” (quinlan.it).

⟡ Tina Aumont. Così la ricordava il regista e produttore Cesare Canevari: “Era una delle migliori attrici con le quali ho lavorato, una delle più preparate. Era un animale della macchina da presa, bucava l’obiettivo! Purtroppo, però, faceva uso di stupefacenti: una volta è venuta sul set che non si reggeva in piedi e abbiamo dovuto costruire una sorta di binario per far sì che riuscisse a camminare dritta. Ad un certo momento, però, io le andavo dietro cercando di convincerla a non prendere altra droga perché avremmo potuto fare delle grandi cose. Diceva di sì ma poi...” (christianarioli.com). L’attrice, al secolo Maria Christina Aumont, classe 1946, venne arrestata in Italia nel 1978 per importazione illegale di 400 grammi di oppio dalla Thailandia; venne condannata a 3 anni di detenzione poi ridotti a nove mesi in appello. Tina Aumont è deceduta per embolia polmonare nel 2006.

Regista:

Giulio Questi

Durata, fotografia

111', colore

Paese:

Italia

Anno

1972

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0