Rovine

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Voto:

Due coppie di giovani statunitensi passano lo Spring Break in Messico dove conoscono Mathias (Joe Anderson) che li invita a visitare una piramide scoperta da poco nella foresta. In quel luogo, il gruppo verrà tenuto in scacco da autoctoni con pessime intenzioni. Il vero problema, tuttavia, è una pianta che circonda la piramide.

LA RECE

Forse un'allegoria sulla natura che si ribella all'invasione umana, soprattutto quando sciocca. Funziona, però, anche come semplice natural o survival horror. Qualche spunto originale e, comunque, buono per la seconda serata.

Tratto dall'omonimo romanzo di Scott Smith, qui anche sceneggiatore, e prodotto dall’amico Ben Stiller, the Ruins è un horror che parte da presupposti non originalissimi ma, a conti fatti, risulta efficace e ben realizzato. La vicenda prende il via con il solito gruppo di americani in libera uscita, gente che da copione vive il Messico non come meta turistica da visitare ma come enorme bottiglia di tequila da scolare; l'unico posto che li convincerà a scomodarsi sarà un improbabile quanto enorme tempio non segnalato dalle guide. L’insolita minaccia è rappresentata da una pianta e dai suoi bellissimi fiori. Sembrerebbe una ventata di originalità. Non proprio: di piante che attaccano l'uomo si era già detto ne l'Invasione dei mostri verdi (1962), in the Navy vs. the night monsters (1966), ne la Piccola bottega degli orrori (1960) e abbiamo qualche cenno anche ne la Casa (1981) e in Cthulhu mansion (1990). Il fattore distintivo di Rovine, però, c’è ed è rappresentato, da un lato, dal modo in cui la pianta esercita la sua attività predatoria e, dall'altro, per la scelta d'incentrare l'azione sulle dinamiche psicologiche fra i personaggi. Il film si svolge sopra una piramide maya; quindi, a fronte di un set limitato, l'orrore che sortisce riflette la deriva psicologica dei protagonisti che si rendono conto di essere assediati contemporaneamente dagli autoctoni, con i quali non riescono a comunicare, e da una pianta mortifera. Il vegetale antropofago è dotato di un sistema di ascolto delle voci delle potenziali vittime (questo lo si deduce) e di fiori che, vibrando, riemettono in maniera imitativa suoni e voci; così come alcune piante carnivore producono sostanze zuccherine che attirano gli insetti, così la pianta in questione “ha capito” che l'essere umano moderno è attirato dal suono dei cellulari. Idea originale e tecnologicamente aggiornata benché più che improbabile sul piano evolutivo ma, chissà, magari è una pianta aliena. Questo nemico implacabile, esteticamente più bello e meno banale del solito maniaco dal coltello facile, fa del film un'interessante variazione nel panorama horror. Pure evitando eccessi splatter, vengono inserite scene di un certo impatto che ben si integrano con gli eventi. Completano la storia un fugace e piacevole nudo di una giovane attrice, buoni effetti speciali, un finale sinistro che lascia adito a un potenziale seguito e, per tutta la durata del film, una sufficiente tensione che evita qualunque abbiocco. Non è un horror a tripla A ma è comunque soddisfacente sia per l'appassionato sia per lo spettatore occasionale. Buona prima prova del regista Smith che, però, non gli ha portato fortuna: la sua carriera s’è arenata in corti e piccole produzioni (dato 2025).

TRIVIA

Carter Smith (1971) dixit: “Ho sempre voluto fare film ma facevo sempre anche foto. Volevo fare il narratore. Da bambino scrivevo storie, disegnavo fumetti, scattavo fotografie. Vestivo mia sorella e la portavo nella neve nei campi dietro casa e la fotografavo come fosse una creatura mitica. Ero un po' sadico. Lei aveva cinque anni meno di me ed era un po' restia a partecipare” (interviewmagazine.com).

⟡ Sono stati girati tre finali: quello visibile nel film, un secondo (original theatrical ending) uguale al precedente ma senza traccia di piante sul volto di Amy, mentre il terzo finale (alternate ending) mostra Amy che se ne va come nei precedenti casi ma con l'aggiunta di una scena futura in cui si vede la tomba di Amy e si sente un suono che proviene da essa: è lo stesso motivetto che fischietta il becchino del cimitero.

⟡ La storia si svolge in Messico durante il periodo estivo ma, in realtà, le riprese furono effettuate in Australia in inverno, per cui gli attori patirono un certo freddo e, per simulare il sudore, il loro corpo venne spruzzato con olio d’oliva.

Titolo originale

The Ruins

Regista:

Carter Smith

Durata, fotografia

93', colore

Paese:

USA

Anno

2008

Scritto da Exxagon nell'anno 2013 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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