Attrice
Judith Eva Barsi, nacque il 6 giugno 1978 a Los Angeles, California, da due genitori immigrati ungheresi: Jozsef Barsi e Maria Agnes Virovacz. La vita della piccola Judith sembrò svilupparsi come il più classico sogno dei bambini prodigio nel mondo del cinema; la bimba che diede la voce a Ducky nel film Alla ricerca della valle incantata (1988), ad un certo punto della sua carriera, aveva successo, denaro e fama. D’altra parte, gli anni Ottanta rappresentarono un'epoca d'oro per i child actor, ma anche il periodo in cui divenne cristallino come l'industria dell'intrattenimento avesse perfezionato l'arte di monetizzare l'innocenza, ignorando sistematicamente i segnali di pericolo relativi alla qualità di vita dei bambini lavoratori. Inoltre, la legislazione californiana dell'epoca, basata sul Coogan Act del 1939, presentava lacune enormi che lasciavano la maggioranza dei bambini attori completamente esposti allo sfruttamento economico; cambiamenti significativi a quelle leggi arrivarono solo nel 2000, quando la California rese obbligatorio l'accantonamento del 15% dei guadagni in conti fiduciari bloccati. Nel caso di Judith, che guadagnava circa 100.000 dollari all'anno all'età di dieci anni, il suo denaro, quindi, finiva direttamente nelle mani di due genitori che avevano trasformato la figlia in una gallina dalle uova d’oro.
József Barsi incarnava il prototipo del genitore-manager tossico: un uomo che aveva perso il proprio ruolo di capofamiglia a causa dell'alcolismo e che vedeva nella figlia sia la propria salvezza economica che la propria umiliazione personale. Più la bambina guadagnava, più József si sentiva svirilizzato e rabbioso. Di fianco all’uomo, Maria Barsi, una madre che proiettava le proprie ambizioni sulla figlia: immigrata che aveva sognato di diventare attrice, ella iniziò a preparare Judith "alla postura, al portamento e alla voce" a partire dai due anni d’età; la bimba iniziò a lavorare a partire dai 5 anni. La tragedia che colpì Judith, perciò, non può esattamente essere considerato un fulmine a ciel sereno, ma il culmine di una serie di segnali di allarme che furono sistematicamente ignorati o minimizzati dall'industria e dalle istituzioni.
Ruth Hansen, l'agente di Judith, si distinse come una delle poche figure adulte che riconobbe la gravità della situazione. Hansen descrisse come Judith fosse inizialmente una "bambina felice e vivace" ma notò cambiamenti drammatici nell'ultimo anno di vita. Il momento cruciale arrivò nel maggio 1988, quando Judith ebbe un crollo psicologico in un'audizione durante la quale pianse istericamente senza riuscire a parlare. Hansen insistette affinché Maria portasse Judith da uno psicologo infantile, il quale si accorse subito delle gravi criticità che stava attraversando la bimba e segnalò il fatto ai Servizi Sociali. Da qui in avanti vi fu una tragica cascata di eventi.
I Servizi per l'Infanzia della Contea di Los Angeles aprirono un'indagine ma la chiusero quando Maria promise di divorziare da József e trasferirsi nell'appartamento di Panorama City che aveva affittato come "rifugio diurno". Tuttavia, non furono mai effettuate visite domiciliari per verificare se Maria avesse effettivamente onorato i suoi impegni, non furono sostenuti colloqui con Judith e non ci fu alcun sistema di follow-up. Va detto che, al tempo, i servizi per l’infanzia a Los Angeles operavano parecchio sottorganico: l’operatore assegnato al caso Barsi stava seguendo contemporaneamente 67 casi, 27 in più del dovuto; questo approccio rifletteva la limitata comprensione ed attenzione verso la violenza domestica negli anni Ottanta, la violenza psicologica e verbale, ad esempio, era molto poco attenzionata. Sembra strano ai nostri giorni un atteggiamento del gente ma non dovremmo stupirci troppo, poiché l'industria dei social media ha creato nuove forme di sfruttamento dei bambini che le leggi esistenti faticano ad affrontare: alcuni child influencer di oggi affrontano molte delle stesse pressioni che affrontò Judith Barsi, ma con ancora meno protezioni e supervisione. Tutto, spesso, si riduce ad uno sfottò in chat nei confronti dei genitori o a qualche commento moralizzatore ma nessun prende seri provvedimenti.
Ad ogni modo, Judith non è che facesse segreto del suo disagio. Sul set, Judith iniziò a manifestare tricotillomania compulsiva, aumentò di peso a causa dello stress e, agli amici, in un’occasione, disse esplicitamente: "Ho paura di tornare a casa. Mio papà è ubriaco tutti i giorni e so che vuole uccidere mia madre". Questi non erano vaghi accenni di disagio! Le case di produzione che impiegavano Judith mantennero un silenzio complice che, retrospettivamente, appare come negligenza criminale. In tutto ciò, la Madre di Judit, pur avendo segnalato minacce e molestie da parte del marito, non sporse mai denuncia formale.
Le ultime ore di Judith, il 25 luglio 1988, si consumarono in una casa di West Hills, nella San Fernando Valley, che, per ironia della sorte, la famiglia aveva acquistato proprio grazie ai guadagni della figlia. Secondo la ricostruzione degli investigatori, intorno alle 8:30 del mattino, József Barsi entrò nella camera da letto dove dormivano Maria e Judith. Non ci furono grida, non ci fu colluttazione. József sparò prima alla moglie e, poi, rivolse l'arma verso la figlia. Quindi, l'uomo versò benzina sui corpi e nell'appartamento, tentando di cancellare le prove dell'omicidio. Il fuoco, tuttavia, si spense prima di consumare completamente la casa, lasciando intatto il teatro del crimine. József fu trovato nel garage, suicidatosi con un colpo di pistola alla testa. Accanto a lui, gli investigatori scoprirono una lettera d'addio che palesava il suo delirio: egli chiedeva scusa per il gesto, tuttavia non si sentiva in colpa per esso perché, in pratica, pensava di essere lui la vittima delle circostanze! Gli investigatori, oltretutto, scoprirono che József aveva pianificato l'omicidio-suicidio per settimane: aveva acquistato una pistola calibro .32 alcune settimane prima, dicendo agli amici che serviva per "proteggere la famiglia". Non ci fu alcun evento scatenante particolare, nessuna crisi improvvisa: József, semplicemente, decise che era arrivato il momento di mettere in atto le minacce che ripeteva da mesi. I corpi furono scoperti il 27 luglio, quando alcuni amici di famiglia, non riuscendo a contattare i Barsi da due giorni, chiamarono la polizia per un controllo e, da lì, la scoperta del massacro.
La notizia della morte di Judith scosse profondamente Hollywood. Don Bluth, che stava completando il montaggio finale di Alla ricerca della valle incantata, riferì che tutto il team di lavoro non riusciva più ad ascoltare la registrazione senza piangere. Il film, la cui uscita era prevista per novembre 1988, diventò improvvisamente un memoriale involontario. La voce allegra di Judith che diceva "Yep, yep, yep!" continua a risuonare in quel film, un monumento a un'infanzia rubata e a un potenziale mai realizzato.
Judith Eva Barsi
Los Angeles, USA, 06/06/1978
Los Angeles, USA, 25/07/1988
Scritto da Exxagon nell'agosto 2025; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0