Air doll
Consigliato
Voto:
La bambola gonfiabile per il sesso Nozomi (Doona Bae), risvegliata dal suo sonno di oggetto dalle attenzioni del suo proprietario, approfitta delle uscite lavorative di quest’ultimo per scoprire il mondo nel quale si perde con occhi incantati ad ogni particolare. Nozomi, però, diventata quasi umana, scoprirà che avere un cuore è cosa dolorosa.
LA RECE
Qualche didascalia di troppo, qualche ridondanza e personaggi non troppo essenziali sono piccole smagliature che non inficiano la grande poesia di questo film.
Fra quel manipolo di film emersi ad inizio XXI secolo che hanno usato le bambole sessuali, gonfiabili o RealDoll, come viatico per raccontare il dramma della solitudine moderna, e per estensione del concetto della vita, Air doll di Koreeda dovrebbe essere considerato il grande punto di riferimento. Non orrorifico, a differenza di Love object (2003) e meno ironico di Lars e una ragazza tutta sua (2007), Air doll è un racconto fantasiosamente allegorico dell’esistenza umana, di una lievità rappresentativa non comune. Eppure, anche dolorosamente chirurgico nel fare incisioni strazianti puntualizzando il bisogno comune che qualcuno dia senso alla nostra vita. Portata ad emergere dalla non-esistenza attraverso l’amore del suo proprietario (un amore di compensazione), inizia la storia vagamente pinocchiesca della bella Nozomi che, con i manierismi tipici di una bambola, si allontana da casa e scopre le piccole e infinite magie del mondo e, poi, anche quelle enormi e dolorose: l’amore e la morte. Effimeri come le effimere, insetti che vivono solo pochi giorni con lo scopo ultimo di procreare, Air doll ci dice che siamo pieni di nulla se non dell’energia vitale che ci insuffla una persona per la quale valiamo qualcosa, in un dato momento, tramite una carezza, anche se si tratta di sostituire un grande amore passato. La soave Doona Bae, il cui elegantissimo corpo non manca di essere sottolineato dal regista, si aggira leggera come un pappo di tarassaco in un mondo che, a strappi, la riporta alla sua natura di oggetto tramite un sesso abusante, ma tanto più il suo viaggio esistenziale si fa profondo, tanto più pare di capire che l’esistenza, sua e nostra, sia la pacifi-ca e tormentata ciclicità di ogni cosa che deve morire per far nascere qualcos’altro. Splendidi dialoghi fioriscono sui marciapiedi al fianco di lirismi visivi. Qualche didascalia di troppo, qualche ridondanza e personaggi non troppo essenziali sono piccole smagliature che, però, non inficiano la grande poesia di Air Doll, un film che, ambiziosamente, tenta di dire troppe cose sulla vita e che, caso raro, ci riesce quasi alla perfezione. Adattato dal manga "Gouda's Philosophical Discourse: The Pneumatic Figure of a Girl'' dell’artista Yoshiie Gouda, Air Doll è uno di quei film che ci ricorda perché amiamo il cinema e perché ha senso andare in cerca di pellicole fuori dal tracciato, confermando il grande talento del Koreeda di After Life (1998). Cult personale istantaneo.
TRIVIA
Hirokazu Koreeda (1962) dixit: “Penso che, forse, nel profondo sono un pessimista. Detto questo, è pur vero che sento fortemente di non voler fare film in cui il pubblico si alza in piedi alla fine e dice: "Cavolo, non voglio vedere mai più un altro essere umano o desiderare che il mondo finisca". Non voglio fare quel tipo di film” (slantmagazine.com).
Titolo originale
Kûki ningyô
Regista:
Hirokazu Koreeda
Durata, fotografia
125', colore
Paese:
Giappone
2009
Scritto da Exxagon nell'anno 2018; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
