Angeli violati

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Voto:

Un giovane (Juro Kara), ossessionato dal corpo femminile, si aggira fuori da un dormitorio in cui riposano alcune infermiere. Le donne, divertite, lo invitano ad entrare e spiare due loro colleghe che fanno sesso. Il giovane, però, estratta una pistola, inizierà a stuprare e uccidere sistematicamente le donne.

LA RECE

Erotismo art-house da un Giappone d'avanguardia. Il nudo funziona più e meglio degli incisi (contro)culturali.

Pinku eiga art house nonché il film più famoso dell’indipendente Wakamatsu che, nel 1966, aveva fondato una personale compagnia di produzione cinematografica per darsi a un cinema low-budget senza i vincoli imposti dai produttori intimoriti dalle sue visioni underground e scandalose. Prendendo spunto dal caso di cronaca del serial killer Richard Speck ed espandendo il tema della prima realizzazione della Wakamatsu Productions (Embrione, 1966), il nipponico costruisce un film dagli afflati Nuovelle Vague in identità di spazio e tempo che si rende efficace non tanto per la violenza espressa (gli omicidi sono praticamente off-screen) ma per un modo di rileggere il pinku eiga (leggi softcore a basso budget) che pare particolarmente d’essai, con tantissimi nudi decisamente belli ma inseriti in riprese dai tempi dilatati, silenzi micidiali, simbologie psicanalitiche (all’inizio, Kara, figura di spicco dell’underground nipponico, spara nel mare) e un finale che vede l’interposizione di scene a colori in un film prettamente in bianco e nero, nonché riflessioni un po’ posticce sulla violenza del singolo che si fa violenza sociale con le voci della polizia che reprime le proteste studentesche. In effetti, un bell’accumulo di roba che facilmente può far gridare al capolavoro ma Angeli violati ha i suoi limiti, fra i quali una certa pedanteria da cinema arty anche rivelata dai non brillantissimi dialoghi. Funziona, invece, il naturale nudo delle donne, la percezione che tutto il dramma avvenga in un “non luogo” con gradevoli suoni ambientali e l’iconico finale a colori con i cadaveri in cerchio. Il disagio dell’uomo che scarica la sua patologia sulle poverette è, invece, una misoginia pedestre, ivi compresi i modesti palleggi verbali tipo “Perché ci fai del male” “Non lo so”. Comunque da esplorare.

TRIVIA

Takashi “Kôji Wakamatsu” Ito (1936-2012) dixit: “Tutti i miei film trattano lo stesso elemento primario: la lotta contro l'autoritarismo, l'odio individuale e la vendetta contro l'autorità e la repressione; quell’odio e quella la vendetta esplodono nella lussuria e nella violenza. È un male?” (IMDb.com).

⟡ Richard Speck (1941-1991) fu uno dei più fulgidi esempi di quadro psicopatico maligno. Precedentemente arrestato per crimini minori, l’uomo, il 14 luglio 1966, rapì, torturò, stuprò e pugnalò a morte otto allieve infermiere del South Chicago Community Hospital di Chicago. Speck non si pentì mai degli atti compiuti e liquidò la morte delle donne dicendo: “evidentemente non era la loro sera”. Nel 1972, la pena definitiva venne decretata in 1200 anni di detenzione con un minimo di 400 anni da scontarsi in carcere, posto nel quale Speck, negli anni, iniziò a fare uso di droghe, di ormoni per farsi venire il seno e ad essere posseduto da altri detenuti, cosa che ammise di gradire. Nel suo libro “Mind Hunter: Inside FBI’s Elite Serial Crime Unit”, l’agente dell’FBI Douglas riferisce di un episodio raccontato da Speck stesso (e quindi da prendere con le pinze data la tendenza alla menzogna di questi caratteropatici ma, tuttavia, valido come fantasia mentale del soggetto) che lo aveva visto prendersi cura di un uccellino ferito all’ala e nutrito con il contagocce. Quando un secondino fece notare al killer che non avrebbe potuto tenere quell’animale da compagnia in cella, Speck prese il volatile e lo scagliò in un ventilatore in rotazione facendolo a pezzi perché, pur piacendogli “… se non posso averlo io, nessuno può”.

Titolo originale

Okasareta hakui

Regista:

Kôji Wakamatsu

Durata, fotografia

56', colore e b/n

Paese:

Giappone

Anno

1967

Scritto da Exxagon nell'anno 2016; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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