Antichrist

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Voto:

Uno psicoterapeuta (Willem Dafoe) e sua moglie (Charlotte Gainsbourg), rapiti in un passionale amplesso, non si accorgono che il loro figlioletto prende la via della finestra, e muore. L’uomo cerca di usare la sua professione per prendersi cura della compagna distrutta psicologicamente e propone di andare a rifugiarsi per un certo periodo in un cottage, Eden, immerso nella natura; scelta che, però, non farà altro che magnificare il Male di vivere.

LA RECE

L'inferno è più quello personale del regista che un'idea estendibile universalmente. Ridondanze arty e simbologie ritrite, però il prologo è potente e gli attori danno davvero tutto.

Film sovraccarico, prima installazione nella Trilogia della Depressione di Von Trier seguito da Melancholia (2011) e Nymphomaniac (2013), le cui fasi pre-produttive vanno raccontate se si vuole sperare di raccapezzarcisi. Il regista danese, uscito dall’ospedale psichiatrico nel quale aveva soggiornato due mesi per una condizione depressiva severa, vide la possibilità di girare Antichrist (dopo aver detto che non avrebbe più lavorato causa disagio psichico) come un esercizio psicoterapeutico proiettando ampi riflessi del suo inferno personale nella pellicola. Il ritorno sul set non fu senza difficoltà per Trier che venne emotivamente supportato dagli attori: questi ultimi dovettero anche sottoporsi a un iniziale casting in Danimarca interrotto più volte perché il regista scoppiava in lacrime. Insomma, le premesse non erano serene per Lars che, in questo marasma emotivo, doveva anche limitare le folli richieste del produttore Peter Aalbæk Jensen che avrebbe voluto Antichrist in Real 3D per cavalcare l’onda del mezzo tecnico portato in auge da Avatar (2009). Il risultato ebbe problemi identitari: a Cannes, Antichrist sbigottì il pubblico e venne anti-premiato come film misogino; la Criterion, invece, riconobbe il valore artistico del film e lo inserì nella sua Collection. Un po’ per il titolo, un po’ per certe scene definite scorrettamente torture-porn, la pellicola drammatica finì per essere etichettata come horror e trovò la sua in-naturale collocazione fra i patiti di cinema della paura. Limiti anche (ammessi) di Trier che non è riuscito a fare di Antichrist un horror come nelle intenzioni, finendo per realizzare un film poco lucido che passa da omaggi a Tarkovsky, ad erotismi più o meno raffinati, da brutalità visive, a volpi che parlano e le solite gessosità arty delle divisioni in capitoli. Ciò che emerge prepotente, e fin dall’incantevole incipit al rallenty (ahimè, meglio di tutto il resto che segue), è il grande impegno attoriale di Dafoe e di una (s)travolgente Gainsbourg che dà il dritto e il rovescio con una scena di masturbazione nel bosco di rara efficacia. Il problema è che, dietro tanta pretensione artistica, e sotto la curata fotografia di Anthony Dod Mantle, abbiamo un film di simbologie esoteriche o, peggio, ormai consunte per quanto sono state utilizzate, e il dramma ritrito (che fa andare in sollucchero certi intellettuali da zona a traffico limitato) dello scontro fra maschi e femmine nella coppia, qui abitata da due “over-thinkers” che reagiscono al dolore nel peggiore dei modi, portando il senso di colpa e di peccato allo stato dell’arte della psicopatologia. Il grande psicoterapeuta Dafoe, ad esempio, dimentica di dire alla moglie che la passione e il trasporto sessuale che ha involontariamente portato alla morte il figlio, è la medesima che lo ha volontariamente messo al mondo. Tanto per dire, eh. Ma qui, strumentalmente, tutto deve prendere una piega depressiva, masochista, capziosa. Spiace per Trier se la (sua) natura umana diventa parabola della distruzione e flora e fauna alloggiano questo Male con grande entusiasmo, fino al truculento finale che vede la femmina, in cerca di punizioni relazionali ed esistenziali, mutilarsi del clitoride. Per non dire del pene di Defoe che eiacula sangue. Non c’è Eden né redenzione per i due che si distruggono vicendevolmente, impastando amore e odio. Tuttavia, ripeto, questo era già contenuto con maggior eleganza visiva e tecnica nel prologo, tanto da fare tutto il resto del film un ridondante eccesso. Piace, comunque, che Antichrist, da vero film d’essai, immerga lo spettatore nell’essai doloroso del regista (l’inferno è più suo che estendibile all’umano) e che l’amarezza e la poca lucidità del tutto, oltre che la stanchezza esperibile dallo spettatore nel seguire il racconto, riflettano tanto del disagio depressivo di Trier. Per il medesimo motivo, sulla misoginia non c’è nemmeno da discutere: ci mancherebbe che un’artista non possa esprimere il proprio sentire, conforme o questionabile, tramite le proprie opere d’arte. Divine e il suo cagnolino non vi hanno insegnato proprio nulla? Voto discreto fosse solo per il prologo e la Gainsbourg.

TRIVIA

Lars “Von” Trier (1956) dixit: “Dimenticatevi tutte le giustificazioni, “l’animo infantile” e “un grande abbraccio di umiltà”, perché questa è la mia religione nero su bianco: io, Lars Von Trier, sono solo un semplice masturbatore dello schermo cinematografico” (IMDb.com).

⟡ Il film nacque dal titolo, che fu la prima cosa scritta. 

⟡ L’aria operistica del prologo è il “Lascia ch’io pianga” di Handel dall’opera Rodelinda. 

⟡ Il tecnico del suono, per poter simulare dei rumori utili al film, inghiotti un microfono registrando i propri suoni corporei dall’interno. 

⟡ Il film avrebbe dovuto essere realizzato nel 2005 ma il produttore Jensen, dissennatamente, rivelò il finale del plot. Trier, adirato, decise di ritardare le riprese per riscrivere tutto il film. 

⟡ La scena di Dafoe che sta pacificamente sotto la pioggia è un omaggio a Solaris (1972) di Tarkovsky. 

⟡ Eva Green rifiutò il ruolo principale perché il contratto che le proposero aveva troppi vincoli e complessità. 

⟡ I capitoli del film (Grief, Pain, Despair e The Three Beggars) sono presentati su disegni astratti dell’artista danese Per Kirkeby. 

⟡ Diverse persone hanno aiutato Trier a scrivere il film anche tramite ricerche su determinati temi (come segnalato nei credits) fra i quali: misoginia, ansia, film horror, teologia.

Titolo originale

Id.

Regista:

Lars Von Trier

Durata, fotografia

108', b/n

Paese:

Danimarca, Germania, Francia, Svezia, Italia, Polonia

Anno

2009

Scritto da Exxagon nell'anno 2015 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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