Avere vent'anni

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Voto:

Lia (Gloria Guida) e Tina (Lilli Carati) sono due ragazze con un triste passato alle spalle che s’incontrano nell'estate della loro vita. Vagano spensierate per l'Italia facendo autostop finché non decidono di fare tappa dal Nazariota, una comune dove vige il sesso libero e lo sballo chimico. L'unica preoccupazione di Lia e Tina è essere libere e cercare qualche uomo per fare sesso ma le cose non andranno esattamente come previsto.

LA RECE

Finale da pugno nello stomaco ma il resto del film, che avrebbe velleità sociologiche, si riduce al macchiettistico dolce-amaro.

Cult girato dal profeta del poliziottesco Di Leo ma da lui stesso parecchio criticato. Thelma and Louise de noantri, Avere vent’anni è una pellicola che si struttura per quasi tutta la sua durata come una commedia pecoreccia con due splendide ma non bravissime interpreti che, dipinte a pennello grosso come figlie della rivoluzione sessuale femminista, folleggiano e si mostrano generose agli occhi dello spettatore. La Carati, estroversa e a suo agio nel recitare la parte della trasgressiva (ricordo che l’attrice approderà al porno) eclissa la prestazione della Guida che sembra poco convinta in un ruolo, peraltro, più morigerato rispetto alla collega; la Guida mostra meno il seno, è meno spudorata e volgare della Carati ma si rifà cantando il tema musicale trash oltre ogni dire. Frequenti i momenti bassi: la Carati al posto del solito pollice per fare l'autostop si mette a fermare macchine con gesto improprio; la Carati urla a due lesbiche "...e prendetelo dentro qualche volta, che vi fa bene!"; profuse pubblicità tipiche dei film anni '70 (qui Pejo e Fernet Branca); una pessima passeggiata fra la folla a suon di chitarra e un finale realizzato di giorno ma fatto passare come notturno tramite la chiusura del diaframma o qualche gelatina. Il film, però, si conclude assestando un pugno nello stomaco allo spettatore con una sequenza che l'ha portato a essere ricordato come prodotto violento e, per alcuni, misogino. Il finale sconcertò un po' tutti, tanto che Di Leo fu costretto a girare un finale alternativo all'acqua di rose che, però, privava la pellicola di senso. Altre parti del film furono tagliate: in ogni paese si può trovare Avere vent'anni acconciato secondo i gusti della censura autoctona. La versione che dovete visionare è quella curata da RaroVideo e Nocturno, 2DVD Collector's Edition, contiene le due versioni. Impossibile trovare nelle versioni rimaneggiate il finale, i baci saffici fra la Carati e la Guida e altre scene sessuali tipo i nudi maschili e femminili sulla spiaggia a inizio del film. Seppure a Di Leo sia riuscito l’inserimento di elementi di tipo sociologico al fianco di situazioni exploitation, è anche vero che non regge molto la denuncia che vorrebbe additare la società come violenta, corrotta e perversa artefice della morte di due ragazze davvero libere. Troppo macchiettistici i protagonisti, tutti, nessuno escluso: un Mastelloni e un Caprioli decisamente baracconi, il maschio violento, il drogato, il poliziotto corrotto (un Bracardi da "viva il Duce!") e poi la giovinezza delle due ragazze che si concretizza essenzialmente nel taccheggio, nella superficialità e nel sesso: "Se mi dai un pacchet-to di Marlboro ti faccio un pompino"; questa non è trasgressione ma mera incapacità di contrattazione. Nessuno esce pulito da questo film, nemmeno lo spettatore che si arrovella intorno al quesito se quella brutale fine, quelle due ragazze nemmeno troppo simpatiche, se la siano cercata. Non si può certo accusare Di Leo di aver costruito un prodotto manicheo dove il giusto e il vero stanno solo da una parte; almeno in questo, la pellicola sembra riuscita e, in parte, riesce la restituzione di ideali e personaggi che quegli ideali li incarnavano, distorti fino al punto del macchiettistico. E quel finale grida la fine di un’utopia, in realtà già finita nel momento in cui venne interpretata come egoistico prevalere delle proprie splendide individualità. Ma il successo per Avere vent’anni, già al tempo, non ebbe successo; forse nessuno voleva che i volti legati all’eros delle due starlette dovessero patire una chiusa così nera; a seguire, passaggi televisivi rarefatti fino all'invisibilità. Si capisce, quindi, perché non arrivò mai sul grande schermo il seguito ideale del film scritto ancora da Di Leo, sempre con la Guida e la Carati, ambientato però nel 1940 che si sarebbe dovuto intitolare Quello che volevano sapere due ragazze perbene.

TRIVIA

Fernando di Leo (1932-2003) dixit: "Le ragazze, Gloria Guida e Lilli Carati, fisicamente perfette per le parti ma che come attrici non erano altrettanto attrezzate, ce la misero tutta per accontentarmi: dissero parolacce liberatorie, fecero scene erotiche e con uomini e con donne e tra di loro, ballarono sensualmente... però tutto non carburava... L'erotismo non era veramente tale; l'ambientazione non viveva mai e restava al livello della citazione; la trasgressione, che era il contenuto che mi interessava di più, non riusciva mai ad avere la forza di diventare significante; il mondo con cui le ragazze si scontravano non aveva la pregnanza squallida per il contrasto necessario all'ideologia del film. Insomma, avevo sbagliato il 50% della sceneggiatura e il 50% della regia. Credevo di girare roba nuova e invece mi trovai tutta roba vecchia, irritante ad un serio esame. Provai a scordarmi tutto quello che avrei voluto dire quando montai il film per fare un prodotto più modesto. Ma anche sotto quest'ottica faceva acqua: era un filmetto porno-sadico, con qualche luce qua e là e basta..." (Giusti, 2004).

⟡ Lilli Carati, al secolo Ileana Caravati classe 1956, esordì al cinema con Di che segno sei? (1974) dopo essersi fatta notare a Miss Italia. Divenuta velocemente icona sexy grazie a diversi ingaggi cinematografici che la vedevano soprattutto discinta, Lilli subì negli anni Ottanta un deragliamento nel porno e poi un brusco stop per i problemi che ebbe con l’eroina. Dipendente dalla sostanza e ormai incapace di onorare gli impegni che richiedevano un certo rigore sul set, Lilli Carati accettò di prestarsi a pellicole hard (non molte in sostanza ma poi moltiplicate in fase post-produttiva) di più facile gestione e che le permettevano di guadagnare soldi utili per l’acquisto di droga. Nel 1988, Lilli venne arrestata nei pressi di Luino per possesso di eroina e a ciò seguirono due tentativi di suicidio. A partire dagli anni Novanta, Lilli si impegnò in un percorso di disintossicazione che la portò anche a diventare operatrice di comunità di riabilitazione. Per anni, la Carati rifiutò interviste, poi, progressivamente, tornò a farsi sentire in tv e a riaffacciarsi nel mondo del cinema, fino al tragico e prematuro epilogo. L’ultima apparizione nel cinema di Lilli Carati è postuma (Violent shit: the movie, 2015) poiché l’attrice è deceduta il 20 ottobre 2014, a 58 anni, per un tumore al cervello. 

⟡ Il titolo si riferisce alla frase di apertura del libro “Aden Arabia” di Paul Nizan: “Avevo vent’anni. Non permetterò mai a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”.

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Regista:

Fernando Di Leo

Durata, fotografia

94', colore

Paese:

Italia

Anno

1978

Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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