Bad boy Bubby

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Voto:

Il trentacinquenne Bubby (Nicholas Hope) non è mai uscito dalla sordida casa nella quale viva con la sua incestuosa madre (Claire Benito) che lo terrorizza dicendogli che l’aria fuori di casa è tossica. Bubby passa il tempo a giocare con un gatto morto e a gratificare le voglie sessuali di una madre orgogliosa delle sue grandi mammelle. La brutta routine di Bubby viene rotta dal ritorno del padre ubriacone. Uccisi i genitori che avevano iniziato a bere e a fare sesso trascurandolo, Bubby prende coraggio e si affaccia sul mondo che lo accoglierà come una rockstar.

LA RECE

Favola postmoderna e grottesca, ingiustamente slittata nel dimenticatoio, con una sua progressione dall’oscurità alla luce che parte e arriva a due estremi.

Favola dolce-amara e, soprattutto, bizzarra diretta e scritta da Rolf de Heer nell’arco di dieci anni e poi realizzata con strani accorgimenti, quali, ad esempio, l’uso di microfoni nascosti nelle orecchie del protagonista per farci sentire come sente lui, o l’ingaggio di ben 32 differenti direttori della fotografia affinché ogni luogo visitato da Bubby risultasse di tono diverso dal precedente. Coproduzione italo-australiana (Domenico Procacci nelle nostre fila) che, a suo tempo, fece clamore: non a tutti andò a genio la violenza sul gatto e anche certe bestemmie edulcorate, qui da noi, dal doppiaggio. Bad boy Bubby è una fiaba che parte lercia con questo essere umano selvaggio, “Candido” e letale escluso dalla comunità umana per opera di gente che dell’umanità fa parte. Il meccanicismo narrativo è molto semplice: aprire la gabbia nella quale l’animale è stato tenuto segregato per anni e vedere come va. Uno strepitoso Hope nei panni di Bubby s’indirizza, quindi, verso un mondo abbastanza artificioso nei vari quadretti didattici di cui si compone, architettati per istruire soprattutto discorsi su Dio e la famiglia. D’altra parte, non è che il mondo là fuori sembri poi così più sano dell’ecolalico Bubby che troverà il suo stato dell’arte fra persone disabili e nel mondo del rock che lo accoglie ma, allo stesso modo, lo sfrutta e fraintende. Molti continuano a non apprezzare il cambio di registro che il film subisce da un prima parte davvero oscura e malsana, ad una seconda più canonica e didascalica ma il finale conciliatorio dimostra come Bad boy Bubby sia una favola postmoderna e grottesca con una sua progressione dall’oscurità alla luce che parte e arriva a due estremi, con quelle iperboli tipiche delle narrazioni intorno al fuoco. Film ormai in slittamento verso un immeritato dimenticatoio ma chi ne sa di cinema weird non dimentica.

TRIVIA

Rolf de Heer (1951) dixit: “Sarei felice a Hollywood? No. Sarei molto più infelice, credo. Sarei più felice con tutti quei soldi in più? No, quasi nessuno è più felice con più soldi. Posso guadagnare con una libertà più ampia di quella di qualsiasi altro regista al mondo. Ho avuto cinque o sei o sette film che sono stati finanziati prima che ci fosse una sceneggiatura. E potevo scrivere la sceneggiatura come volevo, sapendo che i soldi c'erano. […] Chi altro può fare una cosa del genere, e dire, questo è quanto denaro voglio? Non è molto. Non voglio molto, perché poi diventa una rottura di palle. Diventano tutti nervosi” (cinemaaustralia.com.au).

⟡ Il gatto selvatico che Bubby uccide impacchettandolo nel cellophane venne, in realtà, soppresso da un veterinario e quindi usato per le riprese. A motivo delle scene in cui si vede il gatto legato a un cavo, la versione inglese del film venne tagliata di 3 secondi poiché contravveniva alle leggi britanniche contro la violenza sugli animali. Non troppi problemi, invece, per lo scarafaggio vero che l’attore Hope mangiò realmente. 

⟡ Durante le riprese, al regista de Heer arrivò all’orecchio che il governo australiano avrebbe legalizzato la pena di morte. Imbufalito, de Heer riscrisse il finale del film inserendo una scena che avrebbe visto Bubby arrestato e impiccato per i suoi crimini. Poi, il regista cambiò idea e quella scena non venne mai girata. 

⟡ I disabili che Bubby incontra nella clinica erano veri soggetti handicappati.

Titolo originale

Id.

Regista:

Rolf de Heer

Durata, fotografia

114', colore

Paese:

Australia, Italia

Anno

1993

Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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