The Beast That Killed Women

Voto:

Una coppia (Delores Carlos e Byron Mabe) si concede una vacanzina in un campo nudista. Peccato che i due abbiano scelto proprio la settimana in cui un gorilla, sfuggito da chissà dove, s’aggira nei paraggi uccidendo le bellone.

LA RECE

Sexploitation paradigmatico del sottogenere nudie cutie. Il film è di per sé terribile; però, i seni non mancano di certo!

Esempio paradigmatico di nudie-cutie anni '60 girato per intero in un finto campo nudista con gorilla assassino al seguito, e titolo trucido sorpassato sulla destra da altri due titoli con cui fu distribuito: the Beast that molested women e, soprattutto, the Beast that ruined women. La pellicola di Mahon, storico regista exploitation, è un'inqualificabile sfilata di tette della durata di un'ora ma, per l'assenza di storia, dialoghi e attori decenti, quell'ora pare durare almeno il doppio. La cosa fondamentalmente bizzarra è che negli horror d’antan, l'animale assassino rappresentava la liberazione dell'istinto, mentre in the Beast that killed women, il gorilla killer compie il reazionario lavoro di eliminare donne emancipate che si mostrano generose, anticipando involontariamente il bacchettonismo dello slasher. Il film va preso per quello che è: un nudie-cutie che permetteva a un pubblico prettamente maschile di godersi, nell'ambiente protetto dei grindhouse cinema, una notevole massa di mammelle che ballonzolano qua e là per lo schermo. E questo è quanto ha da offrire the Beast that killed women: donne a seno nudo che dormono insieme perché spaventate dal primate, donne a seno nudo che ballano, donne a seno nudo nello spogliatoio, donne a seno nudo che si confrontano davanti alla macchina da presa sulla minaccia gorillesca, donne a seno nudo che giocano a pallavolo, donne a seno nudo che stanno sedute intorno a una piscina o, colpo di scena, su un prato. Anche qualche natica, in verità, ma poche e poco belle. Del gorilla, un attore che veste uno dei costumi più trash mai apparsi su pellicola, si sa poco e non è chiaro cosa ci faccia nel campo nudista anche se, alla fine, i poliziotti arrestano una donna senza nome che in casa teneva una grossa gabbia. Non fa una grinza. Il plot è un esile filo che lega i siparietti con donne e mammelle appresso. Il film in sé non vale una cicca, ha però un valore storico come fulgido esempio di un genere ormai scomparso o rielaborato dal soft-core. Il modo grossolano in cui viene realizzato il tutto, e questa incredibile smania di mostrare e vedere mammelle, mette quasi tenerezza e un certo senso di nostalgia per un tempo in cui un corpo semi-nudo di donna faceva davvero la differenza. Per studiosi del cinema o per curiosoni, ai quali consiglio di non guar-darne più di 15 minuti: visti quelli, visto tutto. La locandina, però, fa molto oggetto d'arredamento, come d’altronde buona parte dei poster dei film di serie-B del tempo. Il film, invece, è sconsigliato, oppure da vedere… a seno nudo.

TRIVIA

Jackson Barret “Barry” Mahon (1921-1999) dixit: “Non abbiamo puntato al singolo film che potesse renderci ricchi. Cerchiamo di farne un business che è come produrre automobili Ford o qualsiasi altra cosa. Se otteniamo un certo profitto per film e facciamo molti film, allora abbiamo creato un business su base economica” (IMDb.com).

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Titolo originale

Id.

Regista:

Barry Mahon

Durata, fotografia

60', colore

Paese:

USA

Anno

1965

Scritto da Exxagon nell'anno 2004; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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