la Bottega dei suicidi
Voto:
La famiglia Tuvache, composta da papa Mishima, mamma Lucrece e gli sfiancati figli Vincent e Marilyn, gestisce la Bottega dei Suicidi, un negozietto in cui si offrono modi e strumenti diversi per porre termine alla propria vita, “prodotto” assai richiesto in tempo di crisi socioeconomica. I Tuvache propugnano ai figli una visione bigia e grigia dell’esistenza che verrà però interrotta con l’avvento del terzo figlio, Alain, che ride sempre e non riesce proprio a piegarsi alle logiche familiari e sociali.
LA RECE
i Tuvache, perfettamente funzionali a una società sull’orlo costante della fine. Una famiglia che deve essere triste perché ciò è necessario agli affari e la felicità non può, né deve, disturbare il fragile fascino dalla morte. Un morto in meno, un incasso in meno.
Prima incursione del regista e fumettista Patrice Leconte nel cinema d’animazione dopo diversi lavori con attori umani che avevano riscosso un discreto successo nel circuito d’essai (il Marito della parrucchiera, 1990; la Ragazza sul ponte, 1999). Qui, il riferimento moderno è una novella del 2007 scritta dal cartoonista Jean Teule, mentre quello remoto è “la Famiglia Addams” inventata dal vignettista Charles "Chas" Samuel Addams. Come gli Addams, anche i Tuvache fanno del macabro una leva comica e paradossale per la quale ciò che è tetro diviene la norma. Due, però, sono le grandi divergenze fra il lavoro di Teule e quello di Addams: mentre la famiglia inventata da quest’ultimo non condivide con il mondo il proprio punto di vista e gli spunti comici nascono dal contrasto fra la loro realtà e quella canonica, la famiglia Tuvache è, invece, perfettamente funzionale a una società grigia e sull’orlo costante della fine; la loro è una logica di domanda-offerta che risponde alla necessità di una società ormai distorta. La devozione dei Tuvache per la morte e per le tetraggini non è, come per gli Addams, una condizione ereditaria, i Tuvache devono essere tristi perché ciò è necessario agli affari e la felicità non può, né deve, disturbare il fragile fascino dalla morte che patiscono i potenziali suicidi, i quali, rinfrancati da un semplice parola di conforto, potrebbero desistere dal compiere l’insano gesto. Un morto in meno, un incasso in meno. Tutto ruota intorno ai soldi, fatto rimarcato dal dialogo fra il primo suicida e l’uomo che lo fa desistere dal suicidarsi in un modo non produttivo. Lontano dal 3D della recente cinematografia animata e, piuttosto, prossimo allo stile visivo di Appuntamento a Belleville (2003), la Bottega dei suicidi fa del dolore il suo pivot etico e comico con il correttivo contrappunto del piccolo eroe che cambierà le carte in tavola secondo il paradigma, in vero un po’ scontato, che nell’infanzia si nasconda il segreto di ogni bene a venire. Più che valida l’associazione di disegni vivacemente colorati e altri su toni grigi, così come situazioni pacate ed altre rutilanti o, ancora, situazioni non comuni nei cartoon come il bambino che viene spinto a fumare o la ragazzina che fa un balletto erotico. Meno apprezzate, da me almeno, le diverse scene cantate che paiono voler pareggiare i conti con le più note produzioni d’animazione; tra l’altro, si ha l’impressione che, nella versione italiana, le parti musicali siano venute particolarmente male forse per limiti di traduzione. Si tratta, comunque, di un cartoon diverso dal solito che sorprende per la sua sinistra comicità, almeno nella prima parte. Diverso dai soliti cartoni animati anche il destino che la Bottega dei suicidi rischiava di patire a causa della censura: condannato inizialmente al vietato ai minori di 18 anni per timore che l’ironia del film potesse indurre qualche minorenne al suicidio, si è riusciti a evitare l’ostracizzazione spiegando, a chi di dovere, il banale: il film non istiga al suicidio ma lo condanna, e condanna una società che, privando le persone di originalità e fantasia, obliquamente lo istiga. Non era difficile da capire ma, per alcuni, evidentemente... Ah, non perdetevi i credits finali che vengono usati come spunto per animazioni davvero creative. Cosigliato.
TRIVIA
Patrice Leconte (1947) dixit: “Sei sempre lo sciocco agli occhi di qualcuno. Sto cercando di individuare alcune delle carenze dei nostri contemporanei, certo, ma senza mai, spero, avere un atteggiamento superiore. Non sono migliore delle persone che prendo in giro e, al loro posto, senza dubbio, mi comporterei allo stesso modo. Ciò che è abbastanza odioso, ciò che è una mancanza di generosità, è disprezzare le persone che filmi e metti in scena. Può essere una pia illusione ma cerco di non cadere mai in questa trappola” (journals.openedition.org/viatourism).
Titolo originale
Le Magasin Des Suicides
Regista:
Patrice Leconte
Durata, fotografia
79', colore
Paese:
Francia, Canada, Belgio
2012
Scritto da Exxagon nell'anno 2015 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
