Canicola

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Voto:

Nella Vienna periferica, una serie di persone affronta la canicola estiva, impegnata in attività quotidiane varie che riflettono la (miseranda?) realtà dell'umana condizione.

LA RECE

Seidl ipertrofizza l'assunto con un collage di situazioni al limite ma racconta una buona dimensione dell'esistenza umana, anche semplicemente quotidiana. Dietro il tormento c'è l'umanissimo, tenero, fallibile tentativo di non sentirsi soli, di comunicare.

Parafrasando... Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Seidl, hai acceso un detonatore che da troppo tempo ha voglia di scoppiare, con il tuo film. Vedrai. Canicola: girato da un documentarista nell'arco di tre anni a caccia di giorni davvero afosi, accompagnato da un manipolo di attori al limite dell'amatorialità; ci si chiede chi gliel'abbia fatto fare, a questi, di prestarsi a scene di nudo, anche integrale, e di sesso, anche esplicito. Ma forse non siamo troppo distanti dal significato di un film così frainteso. Fotografia piatta, tempi tirati per le lunghe, silenzi, bisbigli e grida: per certi versi lo stereotipo del film che deve circolare per i festival di una qual certa intellighenzia che ama specchiarsi nell'acquitrino melmoso; chissà se, poi, capace di vedere il proprio volto o solo quello altrui. Canicola: film antipatico, inviso, programmaticamente rincagnato nel proprio svilimento. Recensione negativa? No, affatto. Piaccia o meno, si sia in grado di riconoscerlo oppure no, Canicola dice il vero e, pur romanzato, è un documentario. Certo, Seidl ipertrofizza l'assunto con un collage di situazioni al limite ma, da ascoltatore privilegiato della vita altrui, garantisco che Canicola racconta una buona dimensione dell'esistenza umana, anche semplicemente quotidiana. Relazioni tossiche, devastanti, incasinate, intricate (alla meglio) che abbiamo tessuto e ingarbugliato con le nostre stesse mani. Ciò che è complesso da percepire, in Canicola, e ciò che ha tratto in inganno molti spettatori spazientiti dal negativismo delle situazioni narrate, è che Canicola negativo non è. Dietro il tormento c'è l'umanissimo, tenero, fallibile tentativo di non sentirsi soli, di comunicare, di trovare qualcuno che certifichi la nostra esistenza e che determini che essa si distingua da quella altrui. Qualcuno che ci elevi, che ci faccia emergere. Insomma, si cerca l'Amore nel senso più lato del termine che, poi, è il senso più profondo. Ma Seidl ed io (e mica pochi altri) vi diciamo che è proprio in questa encomiabile ricerca che si realizzano più guai, perché siamo fragili, insicuri e quant'altro, e incrociamo le esistenze di altra gente a propria volta fragile e insicura, e ci si fa del male in buona fede. Alla meglio. Alla peggio c'è la prevaricazione, il sopruso, la violenza, lo stupro, la morte. E non è che non si possa provocare la morte per troppo amore. Insomma, si viaggia qua e là , sudati come in un giorno canicolare, a cercare disperata realizzazione e, per essa, si fa del male e ci si fa del male. Canicola preme sul pedale dell'acceleratore per dimostrarci questo assioma; nondimeno, l'assioma è inattaccabile, e la persona che ti siede accanto sul mezzo pubblico è quella che hai visto nel film, solo che non lo sai, forse lei stessa non ne ha contezza, tanto più se ci sono maschere che coprono il volto. E va da sé che anche tu sei un personaggio del film, e se ti sedessi un attimo a parlare di te, davvero, con sincerità, capiresti. Seidl non è Haneke, Canicola non è un film che sceglie programmaticamente di mostrare il lato negativo della vita. Canicola è un film che sceglie di dipingere con colori piu vivaci la vita intima, privata, in modo che certe cose recondite e contraddittorie emergano. Canicola artaudiano? Se, perché, come vogliono i dettami del teatro della Crudelta, Seidl rivela l'uomo all'uomo dando "espressione a tutto cio che è crimine, amore, guerra o follia per radicare in noi in modo indimenticabile le idee del conflitto perpetuo, uno spasmo in cui la vita c continuamente lacerata, in cui tutto nel creato si eleva e si afferma contro il nostro rango designato" (Nathan Gorelick, 2011). Il problema di Seidl, semmai, c che anni dopo c lui ancora a vivisezionare il medesimo tema, dato che con In the basement (2014) siamo in cantina, luogo fisico e dell'anima nel quale nascondere la (a)normalità . Quindi, Canicola film perfetto? No ma, anche così, capace di mangiarsi in un sol boccone le ottiche depressive e molto soggettive di Von Trier. Per dirne uno. Necessario, educativo, psicoterapeutico ma per spettatori capaci di sopportare quote di vero che, per buona parte della popolazione, sono inaccettabili, scotomizzate, denegate reattivamente con una lettura buonista del reale, e il cui lato più vero, tagliente ed oscuro viene trasferito inconsciamente nelle loro azioni quotidiane. Film che, però, per il rispetto che ho dell'idea che la gente non debbaa necessariamente dovere o voler sapere, non consiglio espressamente.

TRIVIA

Ulrich Seidl (1952) dixit: "Non mi considero un pessimista, né tanto meno un cinico. Anche se le mie ricerche approdano spesso a nere conclusioni, il mio obiettivo di regista non è mai quello, fine a se stesso, di girare "film pessimistici", quanto di cercare la verità, bella o brutta che sia, e una volta trovata, rappresentarla in chiave realistica, senza troppi fronzoli. I miei film, a guardar bene, contengono sempre un elemento di speranza. I miei personaggi agiscono perché, in cuor loro, sono convinti che un cambiamento sia possibile. Lo stesso può dirsi di me: se fossi veramente convinto che l'umanità  è perduta, se avessi ceduto, fino in fondo, alle lusinghe del cinismo, non vedrei il senso di continuare a fare film" (michelefossi.com).

Titolo originale

Hundstage;

Regista:

Ulrich Seidl

Durata, fotografia

121', colore

Paese:

Austria

Anno

2001

Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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