Città Zero
Voto:
L’ingegnere moscovita Aleksey Varakin (Leonid Filatov) raggiunge una città di provincia per trattare la gestione di alcuni condizionatori presso un’azienda del posto. Tuttavia, appena messo piede nella ditta, Aleksey si accorge dell’assurdo: la segretaria del dirigente è totalmente nuda e gestisce la sua giornata lavorativa come se non lo fosse, né i colleghi fanno una piega per la cosa. Non solo. Tornato in albergo, al nostro turbato ingegnere viene offerta una torta che ha la forma della sua testa, torta che lui è obbligato a mangiare, altrimenti, gli viene detto, il cuoco si ucciderà per la disperazione. Questo, per Aleksey è solo l’inizio di un’avventura più che assurda in una città dalla quale non sembra possibile scappare.

LA RECE
Satira tagliente che si struttura attraverso situazioni grottesche e kafkiane che riflettono la crisi del sistema post-stalinista, trasformando la critica politica in meditazione universale sulla fragilità dell'individuo di fronte al gruppo. Un film obliquamente ironico e straniante che merita riscoperta.
Pur avendo una certa dimestichezza con il cinema weird, poche volte mi era successo di trovarmi davanti ad una pellicola così armoniosamente e ironicamente grottesca che, in più di un’occasione, mi ha strappato un sorriso, sorprendendomi per il gusto ironico russo che non conoscevo così bizzarro, proiettandomi in un mondo che parrebbe un coacervo di suggestioni felliniane e fantozziane addizionate da momenti di ironico imbarazzo che ora si definirebbe “cringe”. Non è difficile intuire che l’esperienza vissuta dal protagonista Aleksey, un espressivo Filatov (1946-2003), è una meditazione sulla natura farsesca della totalitaria macchina amministrativa sovietica, entrata in crisi con l’affacciarsi della perestroika di Gorbačëv e la percezione, per il popolo russo, di un’incertezza che, come fa notare il regista (leggi più sotto) arriva fino ad oggi e spiega, ovviamente solo in parte, il perché dell’attuale guerra in Ucraina che sembra voler richiamare in vita l’orgoglio del regime russo rimpianto da chi non ha visto gli sperati cambiamenti promessi dalla perestroika. Questo film, insomma, rappresenta: "l'ultimo tentativo di critica interna al sistema prima del definitivo crollo ideologico" (Neya Zorkaya). In questa Città Zero - che è Zero forse perché non-luogo o perché prima o ultima di qualcosa - l’ospite moscovita si trova a vivere un’esperienza kafkiana e bizzarra come un episodio di Ai confini della realtà in compagnia di gente che passa il tempo a raccontarsi una distorta storia nazionale nel museo cittadino attrezzato in una grotta venti piani sottoterra (la sezione che più di altre ricorda Fellini) nonché intrappolano il protagonista con un’inverosimile storia che lo vedrebbe essere il figlio del primo uomo che ballò il rock ‘n’ roll nel paesino. Shakhnazarov costruisce la sua critica attraverso una progressione di situazioni paradossali - fino alla frattura del ramo dell’albero, chiara metafora del sistema - speculari al paradosso del sistema sociale post-stalinista incarnato dall'ottusa determinazione del burocrate Nikolay Smorodinov (Vladimir Menshov) ma filtrata attraverso una verve satirica che raggiunge degli apici di straniamento notevoli, fra i quali ricordo il discorso sul palcoscenico in memoria di “suo padre” e l’irreale riunione nella stanza d’albergo. A proposito del tema dello straniamento del protagonista, che muove a pena lo spettatore, esso ricorda il processo di perdita dell’identità individuale che segue alla perdita di riferimenti normativi, tutto ciò esaltato dal regista tramite una fotografia deliberatamente spenta che trasforma la provincia russa in un limbo esistenziale. Film poco visto qui da noi, se non del tutto dimenticato, Gorod Zero merita, invece, un recupero e, pur essendo abitato da dialoghi non vivaci in una trama frantumata in una serie di situazioni irreali, è un’acuta riflessione sulla fragilità dell’individuo di fronte al gruppo, trascendendo la cornice politico-storica sovietica. Pur essendo un film autoriale, non siamo di fronte ad una pellicola noiosa ma, anzi, ad un film obliquamente ironico o, per dirla in modo moderno, “dramedy”. Visione consigliata ma non a chi è in cerca di totale disimpegno.
TRIVIA
Karen Georgievich Shakhnazarov (1952) dixit: “Alcune persone avevano già previsto il crollo dell'URSS. Il crollo di tutta la vita, per così dire. Tutti sentivamo che si stava avvicinando qualcosa che avrebbe spezzato le nostre vite, ma non sapevamo come affrontarlo e cosa ci sarebbe successo. […] Certo, l'ignoto fa sempre paura. È accaduto con la caduta dell'Unione e, di fatto, le conseguenze di tutto ciò non sono ancora state risolte. Ciò che sta accadendo ora in Ucraina è il risultato del crollo dell'Unione Sovietica. […] Sai, in generale, nel nostro paese l'atteggiamento generale nei confronti della perestrojka è cambiato radicalmente. Ora è percepito in modo molto negativo. Devo dire che non sono d'accordo con questo punto di vista. Forse, perché sono fatalista per natura. Credo che tutto accada come dovrebbe accadere. Tutto ha una logica e alcune cose assumeranno senso solo in seguito. […] Sono convinto che la perestrojka debba essere trattata come un grande evento storico, e tali eventi sono sempre ambigui e contraddittori.” (Pages.stolaf.edu)
⟡ Il film venne presentato dall’Unione Sovietica all’Academy come film straniero che potesse concorrere al premio di miglior film straniero della 62esima premiazione.
⟡ L’attore Leonid Alekseyevich Filatov, pluripremiato in terra patria con le più alte onorificenze, è morto prematuramente, a 52 anni, in seguito ad una polmonite bilaterale contratta per le sue condizioni di salute precarie conseguenti ad un trapianto di reni; in pratica, un decesso per complicazioni post-operatorie.
Fast rating
Titolo originale
Gorod Zero
Regista:
Karen Shakhnazarov
Durata, fotografia
103', colore
Paese:
Unione Sovietica
1988
Scritto da Exxagon nel settembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0