Dark city
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Voto:
In piena notte, John Murdock (Rufus Sewell) si sveglia in una vasca da bagno, disorientato, spaventato e insicuro riguardo la propria identità. Il telefono suona e una voce lo avverte che qualcuno sta venendo a prenderlo. Lui fugge dall'appartamento in cui trova, fra l'altro, il corpo mutilato di una ragazza. Mentre l'ispettore Bumstead (William Hurt) gli dà la caccia come colpevole per gli omicidi di parecchie prostitute, e mentre oscuri personaggi lo inseguono per motivi non chiari, Murdock si lancia in un bizzarro viaggio che lo porterà a scoprire la propria identità.
LA RECE
"Un grande progetto produttivo in cerca di un film" hanno detto, e forse è vero. Immeritatamente poco noto ma anche, per certi versi incompiuto. Comunque fascinoso.
Film di rara atmosfera e capacità visionaria; uno dei migliori fantascientifici degli anni '90 e, probabilmente, uno dei più misconosciuti fantascientifici dello stesso decennio. Una miscela di noir e fantascienza firmata da un Proyas (il Corvo, 1994) in grande forma, vestita dai designer Patrick Tatopoulos e George Liddle, i quali sembrano aver preso ispirazione da Metropolis (1927), Blade runner (1982) e dal Batman (1989) di Tim Burton nel creare una città persa nel tempo, anche se l’architettura, le automobili e l'abbigliamento suggeriscono si tratti dell'inizio del XX secolo; una metropoli immersa in una notte perpetua con edifici che spuntano dal profondo della terra e s’innalzano alle stelle, una città abitata da persone la cui memoria è annullata, trapiantata. Le vite si confondono, così i ricordi. La sequenza in cui due proletari sono trasformati in nobili, e con essi la loro dimora, è stupefacente. Un film che forse, a livello di plot, dovrebbe pagar pegno allo scrittore Philip K. Dick e a the Truman show (1998) di Weir ma, al di là degli spunti d’ispirazione, Proyas riesce a creare qualcosa di magnetico in cui la profusione di effetti speciali non è d’ingombro. La qualità della scenografia avrebbe meritato forse ancor maggiore esaltazione e visioni particolareggiate; mentre il regista opta, forse un po’ troppo spesso, per alcuni movimenti di macchina veloci e per scene d'azione che, in effetti, stonano con l'atmosfera generale. C'è chi ha definito questa pellicola come "un grande progetto produttivo in cerca di un film"; non si può che convenire, data la sgradevole impressione di un grande film che, in qualche modo, si trascura, non si dedica l’attenzione che avrebbe dovuto anche nello scavo psicologico dei personaggi, uno su tutti il detective interpretato da Hurt. Non facilita il fatto che la narrazione renda complesso seguire una coerenza temporale. L’impressione generale è che Dark city avrebbe meritato un più ampio minutaggio o, forse, una trilogia alla Matrix; riferimento non casuale, dato che il film del 1999 ha utilizzato parte dei set di Dark city e, di certo, ne è stato influenzato. Nonostante le perplessità, che suonano più che altro come il rammarico per una grande occasione mancata, questa pellicola rimane, per com’è, un ottimo prodotto con attori tutti in parte. Memorabile lo scienziato interpretato da Sutherland, un omino un po' mad doctor, un po' scarafaggio kafkiano; la Connelly, qui davvero deliziosa, e, menzione, il cattivo Mr. Hand interpretato dal fu Riff Raff di the Rocky horror picture show (1975). Chi ama le pellicole noir, quelle hard boiled, le ambientazioni bizzarre e gli intrecci arzigogolati, verrà rapito da questa perla passata ingiustamente sotto silenzio e non ricordata come avrebbe meritato.
TRIVIA
Alex Proyas (1963) dixit, a proposito dei servizi di streaming quali Netflix and Co.: “Non ne sono entusiasta. Vedrai che come succede con tutto quello che Hollywood spreme, anche questo sistema affonderà. Per un po’ tutti abbiamo pensato alle piattaforme streaming come a una soluzione emozionante per noi registi. Una cosa rivoluzionaria. Oggi, però, noto sempre di più che anche qui il modello è quello della TV americana: le storie originali sono basate soprattutto sulla parola e solo dopo sull’immagine. Finirà come tutto il resto: più il budget di un film sarà grande, meno controllo sarà dato al regista” (film.it).
⟡ All'inizio del film, il numero della stanza di Murdock è il 614. Nella Bibbia, Giovanni 6:14 fa riferimento alla venuta del Salvatore.
⟡ Molti fan del film preferiscono guardarne l'inizio senza sonoro fino alla prima comparsa del dottor Schreber. Questo perché, in effetti, la narrazione iniziale svela molti dei retroscena del film.
⟡ Il nome del dottore interpretato da Sutherland, ovvero Daniel Paul Schreber, è lo stesso dell'autore del libro "Memorie di un malato di nervi" (1903) scritto mentre era ricoverato causa psicosi. Il libro è divenuto un classico di psichiatria e seminale per la teoria psicanalitica. Anche alcuni concetti alla base del film sono da ricondurre a questo libro.
⟡ Alcuni anacronismi sono voluti in modo che lo spettatore rimanga spiazzato e confuso come il protagonista.
⟡ Il film ha una Lunghezza Media di Ripresa (Average Shot Lenghts) brevissima: 1,8 secondi. Significa che, in montaggio, è stato effettuato un taglio ogni 2 secondi circa.
Titolo originale
Id.
Regista:
Alex Proyas
Durata, fotografia
101', colore
Paese:
Australia, USA
1998
Scritto da Exxagon nell'anno 2004; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
