the Decline of western civilization
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Voto:
Film documentaristico
LA RECE
Rockumentary che esplora la scena punk statunitense dei primi '80. Se la Spheeris avess parlato più col pubblico e meno con i cantanti avrebbe generato più interesse. Resta la valenza storica dell'operazione, soprattutto per gli appassionati del punk.
"Quale tipo di droghe prendi prima di salire sul palco?" "Qualsiasi". Lo dice Darby Crash, cantante strafatto che si guadagna la foto in locandina; c'è da credergli, visto che tempo dopo morirà di overdose e diverrà un martire per la causa punk. Penelope Spheeris realizza questo rockumentary, documentario sul rock, dirigendo l’obiettivo della cinepresa, dal dicembre 1979 al maggio 1980, sulla scena punk di Los Angeles. Dopo questo film, che ebbe moltissimo richiamo negli USA, la Spheeris ha sempre diretto pellicole che ritraevano giovani problematici, da i Ragazzi della porta accanto (1985) al demenziale Fusi di testa (1992). In the Decline of western civilization la regista cerca, in primis, d’inquadrare il fenomeno andando a chiedere un po' a tutti, giornalisti, buttafuori, punk stessi, cosa sia il punk. Più che domandare, la Spheeris riprende i concerti dei gruppi intervistati (The Circle Jerks, X, Black Flag, Catholic Discipline, Fear, Alice Bag Band, Germs) e in queste performance, e nelle canzoni, trasuda lo spirito trasgressivo, iconoclasta e autodistruttivo di quel movimento. Sessismo, violenza, nazismo, c'è di tutto un po’ in questa cultura underground dei primi anni '80 ma la sua forza eversiva o, meglio, la forza eversiva delle immagini arriva attutita agli occhi dello spettatore del 2000 che ha fatto incetta di droga-movie. Il cantante con la voce impastata che smascella, il pubblico che poga, la gente che sputa e si pesta. Già sentito, già visto. Certo che, rispetto agli attuali gruppi della scena punk-hardcore californiana e al nu-metal, quei gruppi strafatti dell’80 avevano un'aria più rustica e coerente o, forse, erano dei semplici sbandati che sapevano strimpellare qualche nota. L'impressione, nel punk come in effetti in tante altre categorie dell'umano, è che nessuno abbia messaggi universali da inviare: ognuno ha un suo personale disagio e il massimo che può farne è arte sanando il suo male tramite un qualche tipo di bellezza creativa, se va bene, o semplicemente autodistruggersi, se va male. Io, però, non sono un gran conoscitore di questa scena musicale e, quindi, umilmente, arretro. Filmone vérité di un discreto valore storico e weird, ma un po' noiosetto; la Spheeris avrebbe potuto dare più voce al pubblico piuttosto che stare a intervistare sette gruppi musicali, uno dietro l'altro. Si apprezza, comunque, un certo gusto per la messa in scena. Questo rockumentary vale qualcosa se siete storici o appassionati di musica e vale oro se siete amanti del punk: i più hardcore vorranno anche vedersi Hated - the GG Allin story (1994) di Todd Phillips, rockumentary sull’autodistruttivo Jesus Christ del palcoscenico.
TRIVIA
Penelope Spheeris (1945) dixit: “Tutta la mia carriera, fino a Fusi di testa, non ha prodotto guadagni. Quando ho diretto Fusi di testa, ho guadagnato quasi 150.000 dollari, il maggior stipendio che io abbia ricevuto fino ad oggi. La percentuale sugli incassi mi ha permesso di pagare tutti i debiti accumulati dalle mie opere precedenti ma, alla fine, sono semplicemente arrivata alla pari fra perdite e guadagni” (IMDb.com).
⟡ Nel 1988, uscì the Decline of western civilization part II: the metal years con interviste a Ozzy Osbourn, Aerosmith, Alice Cooper, Gene Simmons. Nel 1998 fu la volta di the Decline of western civilization part III un documentario che, dopo quasi 20 anni dal primo, andava a tastare il polso della scena punk americana fra giovani senzatetto che razzolano e/o rantolano per le vie di Los Angeles. Entrambi i film sono stati diretti dalla Spheeris.
Titolo originale
Id.
Regista:
Penelope Spheeris
Durata, fotografia
100', colore
Paese:
USA
1981
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
