il Demonio
Voto:
Purificata (Daliah Lavi) è folle d’amore per Antonio (Frank Wolff) che, però, la ripudia e la qualifica come donnaccia, prima di convolare a nozze con una donna timorata di Dio. Incapace di accettare la perdita affettiva e già emarginata per le sue stranezze, Purificata viene creduta una strega e lei stessa inizia ad ammettere la sua associazione con il Maligno, fino a subire un esorcismo.
LA RECE
Psicologia e antropologia per un dramma più che un horror che, con un impianto sovra-realista, magnifica i limiti di noi brava gente. Consigliato e da salvare dal dimenticatoio.
Dramma antropologico di un’Italia sincretica fra cristianesimo e ritualità da superstizione contadina, nato dalla combinazione di tre ispirazioni: un fatto di cronaca, la visione dell’episodio il Miracolo del film l’Amore (1948) e un viaggio nella Puglia popolare compiuto da Rondi nel ’62. Ancora negli anni Sessanta, tutti sembrano concorrere a una visione della realtà di stampo medievale, ovvero a doppio strato, fisico e magico/simbologico, Chiesa in testa che combatte solo superficialmente la superstizione dato che la sua fede sta appesa sui medesimi ganci. La gente del racconto di Rondi, anche al soggetto, è quella di una povera Lucania il cui tempo è scandito da litanie e da una visione semplice delle cose, per cui il Bene sta da una parte e il Male dall’altra, anche se in mezzo c’è il grigio di uomini che confessano di desiderare le proprie figlie, e che non si sposano certo quelle donne con le quali fanno bene l’amore nei campi, ché quelle sono cagne. La strepitosa palestinese Dalia Lavi è la disperata donna-oggetto del piccolo paese lucano, usata e abbandonata all’incapacità di elaborare il dolore. Così, lei s’appella al medesimo vocabolario dei suoi paesani, semplicemente leggendolo al contrario, coerentemente all’opposizione che patisce e che, ora, diventa identitaria. Da lei-femmina a lei-strega il passo è breve, con sosta sulla tappa lei-puttana. Applicata l’esecrabile etichetta, per Purificata il percorso è un tormento destinato al dramma, con passaggi ricorsivi alla magia esorcistica che, condivisa dalla massa e approvata dall’autorità, si chiama religione. Forse i ritmi narrativi di Rondi possono tediare e quel bianco e nero può non entusiasmare, oggi ancora meno di ieri. Ma, dieci anni prima de l’Esorcista, è qui che si vede la camminata a ragno di un’indemoniata. E se, nel film di Friedkin, il Demonio arrivava richiamato da una società atea, in Lucania sembra arrivare per eccesso di religiosità; due posizioni che, evidentemente, piacciono al Male proprio perché equamente distanti dal vero Bene. Oppure, sic et simpliciter, il Male è l’uomo stesso nell’espressione del suo sconfinato egoismo e della sua profondissima ignoranza. Ne il Demonio, il Male sono tutti: la fragilità che spinge la protagonista ad augurare un aborto alla moglie dell’amato, i paesani che, fra tanti precetti, non hanno mai fatto loro il “chi è senza peccato scagli la prima pietra”; la Chiesa, almeno quella vecchia, che non sapeva fare altro che sostituire le proprie magie alle altrui. Di salvezza ce n’è ben poca in questo coraggioso film di Rondi che, probabilmente, voleva semplicemente denunciare l’ignoranza della superstizione ma ha finito per dire qualcosa di più ampio sull’umanità. Il più noto film di Rondi, definito la prima pellicola sovra-realista e vincitore dell’Orso d’Oro, merita tante cose ma non l’oblio che sta patendo.
TRIVIA
Brunello Rondi dixit: “È vero, sono cattolico credente anche se molti non lo pensano. Ma da un punto di vista filosofico non sono cattolico... La mia formazione, infatti, è avvenuta sulla linea del Paci, che è la linea dell’esistenzialismo relazionista, con interessi, quindi, al di fuori di una filosofia neocattolica. […] (sul cinema) È un discorso amaro. C’è una fase di “epigonismo” ritardato. E d’altronde il tipo di esperienza che oggi la critica accetta tra le opere nuove in Italia è un tipo di ripetizione neorealista, vedi La Battaglia di Algeri. A ciascuno il suo…” (altarezianews.it).
⟡ Con sovrarealismo, si intende un approccio artistico che immagina un piano superiore al reale dal quale sarebbe possibile osservare l’umanità sottostante, sovrapponendosi ad essa; da tale piano, l’artista osserverebbe in maniera distaccata il sottostante territorio d’ispirazione, reinterpretandolo con la propria sensibilità e cercando di modificarne i risultati con anche delle componenti surrealiste, termine, quest’ultimo, di ovvio riferimento per il lemma “sovrarealismo”.
⟡ Daliah Lavi, nata a Mo-shav Shavey Zion nel 1942, finì di recitare nel 1971 con la commedia western Catlow per dedicarsi alla carriera di cantante in Germania, carriera di grandi successi popolari, almeno in terra teutonica, con i brani "Oh, wann kommst Du?" e "Willst Du mit mir gehen?". Daliah Lavi, il cui vero nome era Daliah Levenbuch, è morta il 3 maggio 2017. Walter Frank Hermann Wolff, invece, si è suicidato, a 41 anni, il 12 dicembre 1971 nell’Hotel Hilton di Roma.
Regista:
Brunello Rondi
Durata, fotografia
98', b/n
Paese:
Italia, Francia
1963
Scritto da Exxagon nell'anno 2019; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
