la Guerra del cittadino Joe

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Sconvolti dall’abuso di droga della figlia Melissa (Susan Sarandon) foraggiato da uno spacciatore eroinomane, il padre di buona famiglia Bill (Dennis Patrick) e sua moglie Joan (Audrey Caire) passano all’azione e uccidono il pusher. Uno sconvolto Bill confesserà l’omicidio allo sconosciuto Joe (Peter Boyle), avventore di un pub che sproloquia contro i negri e contro un governo incapace di prendere serie provvedimenti sulle cose che lui ritiene più serie, fra le quali i giovani freakettoni drogati. Il fuoco sacro della giustizia privata di uno sconvolto Bill esalta Joe che, fino ad allora, si era limitato alla violenza verbale.

LA RECE

Sulla sempre attuale dinamica dell'intolleranza e della proiezione della responsabilità. Cast in formissima e narrativa non banale, sia nella forma sia nella sostanza.

Poco noto film dello stesso regista di Rocky (1976) e antesignano delle pellicole a tema “punisher” (il Giustiziere della notte, 1974) ma semplicemente perché il pubblico ne fraintese il senso, esaltandosi belluinamente per le sparate populiste espresse con saggezza da bar da un giovane Peter Boyle che, oltretutto, rimase molto disturbato dal fatto che la violenza di Joe avesse ottenuto positivi riscontri. In modo molto intelligente, la Guerra del cittadino Joe racconta di un terreno di comunione per le diverse istanze di due divergenti ceti sociali: quello operaio di Joe, quello borghese di Bill. I target del loro odio sono simili (gli afroamericani, i drogati, i freakettoni, …) ma il motivo per cui queste persone minerebbero i loro privati interessi sono differenti: per Joe si tratta di lavoro rubato, di identità nazionale infangata, di una classe politica distante dalla base; un populismo macrosociale. Per Bill, invece, il problema è la compromissione microsociale della sua famiglia penetrata dalle istanze controculturali adottate da una figlia, in effetti un po’ ba-lorda, che si droga e scappa nella comune hippy. Il chiacchierone Joe trova in Bill una silenziosa incarnazione della violenza da lui sempre ventilata ma mai attuata; Bill trova in Joe un pubblico che lo apprezza per la sua dimensione più viscerale, per il suo vero Sé una volta caduta la maschera del perbenismo. Due volti della stessa medaglia, Joe e Bill, ironicamente - ma neanche troppo - finiranno per godere delle gioie sessuali offerte da un gruppo di giovani fautori dell’amore libero, traendo vantaggi dell’abuso del potere di chi, vigilando, non può più essere vigilato. Intanto, a casa, le loro mogli aspettano: Mary Lou (K. Callan), la logorroica e sottomessa coniuge sottoproletaria di Joe; Joan (una splendida e matura Audrey Caire) che sa come comportarsi in ogni occasione mondana, anche quando si deve andare a fare visita nella modestissima casa di Joe. Finale tragicissimo nel quale ne fa le spese Susan Sarandon, qui alla sua prima apparizione sul grande schermo; come dire che, se i presupposti sono quelli di Joe e Bill, per la nuova generazione di speranze non ce ne sono. Film scomodo, Joe, che con lesina in alcune situazioni forti (droga, sesso) e, in modo abbastanza paritetico, punta il cannone sia verso la controcultura godereccia ma disordinata, sia verso l’universo reazionario di gente, un filo paranoide, che vede complotti e malversazioni in ogni dove, incapace di una sana autocritica rispetto al proprio modo di essere; troppo pigri e avvelenati per iniziare nel proprio giardino il rinnovamento politico del quale berciano in continuazione e che si aspettano che venga attuato da tutti, prima che da loro stessi. Millenovecentosettanta ma, ahinoi, sempre attuale. Film didattico per tutta la famiglia.

TRIVIA

John Guilbert Avildsen (1935-2017), prima di Joe, fu regista di modesti film erotici. Joe fu il lavoro spartiacque ma, come si può immaginare, solo con Rocky il regista ottenne la notorietà registica. E dire che arrivò a dirigerlo per una serie di eventi fortuiti: “Mi sento molto fortunato. Per poco non giravo Rocky. Stavo lavorando per poter girare un film a Malta, con Richard Burton. Richard aveva dei problemi col bere. Stavamo cercando di capire come costruire una specie di puntello tramite il quale reggere in piedi Richard per far sì che non cadesse. Ma quando sono tornato da Malta dove avevo fatto sopraluoghi, la produzione aveva finito i soldi. Non avevamo ancora girato nulla. All'improvviso sono rimasto senza lavoro e il telefono ha squillato con un amico che mi parlava di un copione centrato su un pugile. Ho detto: "No, non mi interessa la boxe". Lui disse: "Ti prego, leggilo". Nella terza, quarta pagina, il protagonista parlava con le sue tartarughe Cuff e Link, e ne fui affascinato. Era una storia d'amore, uno studio sul personaggio. Era davvero una buona sceneggiatura. Così ho detto di sì. Ma se il film di Malta fosse stato realizzato, io non ci sarei stato per Rocky” (popentertain-ment.com).

⟡ Le riprese nella fonderia dove lavora Joe vennero realizzate presso la Avildsen Metals, cioè la fonderia di proprietà della famiglia del regista. 

⟡ Peter Boyle fu molto disturbato dal fatto che dopo l’uscita nelle sale, la gente per la strada lo fermasse per dirgli frasi tipo “Joe, la pensiamo proprio come te!”, confondendo quindi il personaggio negativo interpretato con la sua persona. Nondimeno, Boyle stesso aveva scritto un seguito del film, in cui Joe, uscito di prigione, deve avere a che fare con il proprio figlio hippy. Per anni, la Cannon Pictures, fallita negli anni ’90, dichiarò che il seguito di Joe fosse in fasi pre-produttive, quando, in realtà, non se ne fece mai nulla. 

⟡ Peter Boyle (1935-2006) da giovane prese i voti nella confraternita dei Fratelli Cristiani, mondo religioso che poi abbandonò: “Ero un fanatico di Gesù nei primi anni Cinquanta. L'ho fatto per circa un anno. […] Ho inseguito Dio senza successo per diversi anni come religioso professionista, e poi ho abbandonato quella vita e sono tornato al mondo, e, attraverso una serie di errori incredibilmente stupidi, sono diventato un attore. Dopo molti anni di lotta dura e amara, ho raggiunto l'immensa fama che ho ora. La ricchezza. La felicità. Belle donne che si gettano su di me. Credetemi, non è per niente ‘sta gran cosa. Davanti a me non vedo altro che più celebrità, con generose dosi di oscurità” (IMDb.com).

Titolo originale

Joe

Regista:

John G. Avildsen

Durata, fotografia

107', colore

Paese:

USA

Anno

1970

Scritto da Exxagon nell'anno 2018; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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