the Host
Voto:
La formaldeide scaricata nel fiume Han genera un anfibio gigante e mostruoso. Hyun-seo (Ko Ah-sung), giovane figlia del tonto venditore di snack Gang-du (Song Kang-ho), viene rapita dalla creatura e portata nella tana come futuro pasto. Gang-du cercherà di ritrovare la figlia; tuttavia, il governo, preso a contenere la diffusione di un misterioso virus legato al mostro, mette in quarantena Gang-du e la sua famiglia rendendo arduo il compito di salvare la ragazzina.
LA RECE
Uno dei migliori monster-movie nei quali possiate incappare. Semplice nella sua volontà di raccontare una storia dolce-amara ma, come i film di laggiù, giocato su più di un registro di genere.
Peculiare e gradevolissimo monster-movie che ha fatto parlare di sé a Cannes 2006, prima che il regista Bong sfornasse, e non sorprende vedendo Gweomul, prodotti del calibro di Madre (2009) e Parasite (2019) che gli frutterà l'Oscar. Come buona parte del cinema coreano - ma la cosa è valida per diverse nazioni orientali - lo spettacolo filmico mescola diversi registri e si fa corale, totalizzante, con il limite, nostro, che un film di laggiù ci paia non depositarsi definitivamente su uno specifico binario stilistico. The Host, infatti, mescola tre elementi diversi: il mostro, il fattore socio-politico ed elementi da commedia slapstick. A più riprese, l'impressione è che il film non riesca a fondere questi tre elementi in un corpo omogeneo; se le apparizioni del mostro sullo schermo sono attese con grande trepidazione, il resto arriva come una dilatazione non sempre necessaria o gradita ma questo, come detto, è un gap culturale. Nella tradizione dei monster-movie orientali a partire da Godzilla (1954), the Host vede protagonista una creatura derivata da un'azione umana irresponsabile, in questo caso un gigantesco anfibio modellato digitalmente dalla Orphanage e dalla Weta. La prima apparizione del mostro fluviale, la scena più incisiva del film, emerge alle spalle della folla; fra alti e bassi effettistici, lo spettatore attenderà ansioso di vedere il mostro che, come un delfino ammaestrato, sa accontentare il pubblico facendo piroette sotto i ponti di Seoul. Paralleli al mostro, con-corrono i protagonisti. L'eroe di turno è un sempliciotto con poco sale in zucca ma coraggioso e di buon cuore; la sua figura riecheggia con i racconti della tradizione, anche europea, del sempliciotto che, per purezza di cuore (e incoscienza), arriva là dove non riescono a spingersi i più dritti (chi ha voglia, legga "Storia di uno che se ne andò in cerca della paura" dei Fratelli Grimm). Peraltro, le sue azioni sono pretesto per dar vita a momenti comici: il film è farcito di siparietti slapstick della più nota tradizione hongkonghese molto apprezzati laggiù ma capaci, qui da noi, di spezzare il thrilling del racconto. Le azioni del mostro e le vicissitudini della famiglia protagonista sono tenute insieme da sequenze in cui si prova ad analizzare e criticare il virus-incident per come viene gestito dal governo, forse il vero mostro della faccenda. Si tenta di dare un indirizzo serio utilizzando alcuni dialoghi che suonino come critica alla situazione economico-sociale sudcoreana: l'incidente mette in luce le ipocrisie del governo, l'incapacità di gestire una crisi e la connivenza con gli USA, questi ultimi spesso poco limpidi nei loro affari esteri. Il finale, paragonato al tono globale della pellicola, sorprende per cupezza ma la conclusione non banalissima decisa dal regista è coraggiosa, nonché teneramente sentimentale. Il film, fra scene horror, comiche e critiche sociopolitiche è costellato da momenti che rivelano una poesia che sa commuovere; scena splendida, la cena della famiglia nella quale "compare" la bambina che tutti nutrono e carezzano, lasciando intendere che lei sia lì poiché presente nella mente di tutti. I difetti che può avere the Host non compromettono l'impatto globale di un film che risulta essere una piacevolissima sorpresa per tutti gli appassionati di monster-movie. Anche visto più volte non stanca. Consigliato.
TRIVIA
Joon-ho Bong (1969) dixit: “Quando andavo alle medie, già sapevo di voler fare il regista. Da bambino guardavo molti film e se guardate i miei diari o i quaderni che tenevo quando ero più giovane, vi accorgerete che collezionavo ritagli di recensioni e cose del genere. Una volta ho visto Vite vendute ed ero così ipnotizzato dalla suspense che rimasi a vederlo fino alla fine anche se dovevo andare in bagno. Lì ho capito il potere dei film” (IMDb.com).
⟡ The Host fu la pellicola che ottenne i maggiori incassi nella storia della Corea del Sud fino al 2007.
⟡ Il mostro che dà la caccia alle persone sulla banchina è una scena tributo a l'Armata Potyomkin (1925).
⟡ Gli eventi narrati all'inizio del film si basano su un reale fatto di cronaca. Nel febbraio 2000, in un'istallazione militare americana sita nel centro di Seoul, un impiegato di nome McFarland ordinò di scaricare della formaldeide nelle fogne che davano direttamente sul fiume Han; ciò, nonostante le rimostranze di un altro impiegato sud coreano subordinato a McFarland. Il governo coreano cercò di perseguire legalmente l'impiegato americano ma gli USA non concessero che McFarland fosse giudicato dalla corte coreana. Successivamente, un giudice coreano condannò l'americano in contumacia. L'opinione pubblica sì adirò molto per l'incapacità del governo coreano di far valere la legge sul proprio suolo. Solo nel 2005, l’americano si presentò davanti a una corte coreana; tuttavia, non scontò mai il tempo detentivo al quale era stato condannato dal giudice.
⟡ La scena in cui Nam-il dà calci a Gang-du al funerale è stata improvvisata.
⟡ Il regista e il disegnatore della creatura le diedero soprannome "Steve Buscemi" basandosi sul personaggio che Buscemi interpretò nel film Fargo (1996).
⟡ Il regista fu molto impressionato dalle doti recitative di Scott Wilson viste in Monster (2003) e quindi lo contattò mandandogli una copia dello script e il DVD del proprio precedente film Memories of murder (2003). L'attore accettò la parte che sarebbe stata quella dello scienziato americano senza scrupoli.
Titolo originale
Gweomul
Regista:
Joon-ho Bong
Durata, fotografia
119', colore
Paese:
Corea del Sud
2006
Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
