Kichiku
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Voto:
Aizawa, il leader di un movimento radicale composto da studenti, viene arrestato. La sua ragazza Masami (Sumiko Mikami) prende il comando e usa il sesso per dominare il gruppo. Alla morte di Aizawa, col pericolo che il movimento si sfaldi, Masami, in pieno delirio, spingerà gli uomini del gruppo a torturarsi l'un l'altro come prova di fedeltà.
LA RECE
Violento nipponico che parrebbe un panphlet psico-politico ma che si rivela essere il condensato della rabbia di un giovane regista lasciato dalla fidanzata. E la cosa traspare. Mini cult che ha goduto di sopravvalutazione.
Kichiku dai enkai, il banchetto delle bestie, è un lungometraggio realizzato da tale Kumakiri che, ai tempi delle riprese, aveva 23 anni e girò il film come progetto di laurea mentre era studente alla scuola di cinema Osaka Gakudai. Il giovane regista impiegò due anni a realizzare questo lavoro e si avvalse dell'aiuto dei suoi compagni di scuola ingaggiati come attori e tecnici. Il costo del progetto, circa 30.000 dollari, fu coperto tramite lavoretti come muratore e, soprattutto, grazie al co-produttore Tomohiro Zaizen che aveva recuperato parecchi yen sottoponendosi a test farmaceutici nel ruolo di cavia. Ok. Poco dopo l'esordio, Kichiku assurse a cult art house e fu presentato in diversi festival. Il film si ispira molto superficialmente a un fatto di cronaca che vide protagonisti alcuni studenti, i quali, alla fine degli anni Sessanta, fondarono l'Armata Rossa Giapponese, gruppo terroristico d'ispirazione marxista stalinista. Noto per le scene decisamente violente, per i primi 40 minuti di visione, Kichiku offre davvero pochi momenti di sangue ma, piuttosto, grande noia, mettendo in scena i dissidi interni al gruppo in seguito all'incarcerazione del leader. Un amplesso, qualche tafferuglio e nulla più. L'impostazione iniziale è quella tipicamente mogia e lenta di molti film orientali, seguita, però, da scene di ben altro tono. Giunto nel bosco, il gruppo d’invasati inizia a dare sfogo alle proprie turbe capitanate dalla folle Masami che, fra una risata isterica e l'altra, fa legare a un albero due ragazzi di cui non si fida più: a uno farà saltare la testa con un fucile affondando le mani nella scatola sua cranica, e all'altro mozzerà il pene. Da qui in avanti sarà un’escalation di brutalità. Masami praticherà una fellatio a un ragazzo e gli staccherà il pene con un morso, per contro, quello le pugnalerà la vagina e, dopo averci introdotto il fucile, darà fuoco alle polveri. Sorpreso a giocherellare con le viscere di Masami, il giovane evirato verrà punito da un altro membro della banda svelto con la katana. A differenza di molti prodotti cinematografici giapponesi, lo splatter di Kichiku e il modo in cui viene rappresentato non richiama il modello fumettistico ma è piuttosto deprimente e cupo. La critica ha apprezzato l'impostazione non exploitation dello splatter, e il sottofondo politico pare abbia dato spessore alla pellicola. Qualche perplessità. Il regista inserisce furbescamente elementi exploitation nel film incartandoli nel fatto di cronaca, quando, in verità, il dramma avvenuto negli anni Settanta è preso solo come spunto. Kichiku è, piuttosto, una riflessione sull'ossessione per il potere, sulla sottomissione a una figura autoritaria, sull'uniformarsi a un modello, e sulle possibili conseguenze; qualcosa che Golding aveva già trattato nel ‘52 con "Il Signore delle Mosche". L'abbondanza di sangue e scene erotiche lascia l'impressione che la riflessione intellettuale fatichi a farsi strada, schiacciata dalla rabbia e dal ribellismo del suo regista. Sfido qualsiasi spettatore a guardare Kichiku e a porsi la domanda, qualche giorno dopo, se abbia più facilità a ricordarsi i sottesi psicosociali o la fucilata che spappola il cranio di un protagonista. Gli effetti speciali, in ogni caso, sono buoni e gli attori si impegnano. In più, non va dimenticata la giovane età del regista che, a partire da questo film, decolla verso una buona carriera fatta di corti, lungometraggi e prodotti televisivi. Violento, sì; anche un po' avanguardistico ma, comunque, Kichiku non è la pellicola nipponica dalla quale iniziare a esplorare il cinema estremo di laggiù.
TRIVIA
Kazuyoshi Kumakiri (1974) dixit: “Avevo molta rabbia dentro di me durante la realizzazione di Kichiku. Ero stato con la mia ex per un anno e, poco prima di iniziare il film, ci siamo lasciati. Mi sentivo molto depresso e arrabbiato. Molte di queste emozioni sono finite nel film, quindi non ho mai potuto guardarlo con calma. Poi, quando il film è stato proiettato nei festival, ho dovuto guardarlo anch'io e in quella situazione ho potuto osservarlo con più compostezza. […] Ma ogni volta che lo guardavo, ricordavo ancora la sensazione che avevo dopo aver rotto con la mia ragazza […] Kichiku è, in un certo senso, un film molto personale per me. Ho liberato i miei desideri di violenza e ho cercato di aprire la mia mente per far uscire tutto il veleno. Ed è tutto lì nel film. Mi ha fatto vergognare di me stesso, come se fossi la persona peggiore al mondo per poter pensare a quelle cose” (midnighteye.com).
⟡ Il film si ispira al caso Asama-Sanso (1969-1972), interessante in ambito criminologico poiché rappresenta un episodio abbastanza raro di serial killing by proxy come era accaduto per le vicende della Manson Family. Tsuneo Mori e Hiroko Nagata erano i capi di un gruppo di terroristi politici di estrema sinistra che si faceva chiamare Armata Rossa Giapponese (Rengo Sekigun). Nascosti sul monte Kasha, i membri del gruppo finirono assediati per dieci giorni dalla polizia e, quindi, si arresero. Mori confessò che, nel tempo trascorso sulla montagna, dodici persone del gruppo erano state uccise e, fra esse, una donna incinta di otto mesi. Alcuni dei cadaveri appartenevano a un'altra organizzazione che si era fusa con la Rengo Sekigun, ovvero il Patto Chukyo Contro il Giappone e gli Stati Uniti d’America. Tramite le indagini, divenne chiaro che il vero responsabile degli omicidi non era Mori bensì Hiroko Nagata, la vera ispiratrice. Mori era un debole che pensava di dover mantenere il comando mediante un atteggiamento crudele; la laureata in farmacia Nagata, invece, si rivelò più forte ma funestata da un complesso d'inferiorità, legato al suo aspetto poco attraente, che esitò in follia omicida. Uno dei membri raccontò di dibattiti a lume di candela a proposito dei punti della dottrina marxista che finivano con richieste di spietata autocritica. Tutto ciò implicava pene severe, nonché una serie di "epurazioni di fedeltà" simili alle purghe staliniste. Un ragazzo di ventidue anni, fondatore della Chukyo, fu picchiato e poi accoltellato dai suoi due fratelli più giovani che avevano ricevuto l'ordine di compiere l'omicidio per provare la loro lealtà. Era Hiroko a condurre i dibattiti e, in tali occasioni, perdeva la pazienza e diventava isterica. Hiroko amava dire degli altri membri che erano eccessivamente materialisti: una donna fu incatenata a una colonna per diversi giorni finché non morì, e ciò solo perché aveva avuto il vezzo di indossare orecchini. Nel gennaio 1973, Tsuneo Mori s'impiccò in prigione, mentre Hiroko Nagata venne condannata all'ergastolo per poi morire il 5 febbraio 2011 per un tumore cerebrale (Wilson e Seaman, 1990).
Titolo originale
Kichiku Dai Enkai
Regista:
Kazuyoshi Kumakiri
Durata, fotografia
100', colore
Paese:
Giappone
1997
Scritto da Exxagon nell'anno 2007; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
