Mi faccio di Rock'n'Roll

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Voto:

Un ambìto contratto discografico che si gioca al Rock'n'Roll Club di Milano, un giro di scommesse clandestine e un'operazione di riciclaggio innescano una spirale di violenza che coinvolge personaggi ai margini, fra killer, trapper, rapinatrici e “small time crooks”. La struttura narrativa procede per flashback stratificati durante l'interrogatorio dell'allibratore Svap (Stefano Barra) con la commissaria di polizia (Corina Popa).


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LA RECE

Energia pulp tarantiniana nel contesto urbano milanese, intrecciando le traiettorie di gangster, killer, rapper e rapinatori attorno a un contest musicale notturno con struttura a incastro. Nonostante il budget limitato, l’indie dimostra notevole competenza tecnica.

Dopo i cortometraggi L'Ultimo San Valentino (2017) e Il Postino sogna sempre due volte (2020), il potentino Rocco Marino approda al lungometraggio con un'operazione dichiaratamente derivativa ma non priva di consapevolezza critica. Mi Faccio di Rock'n'Roll tenta di trapiantare l'estetica pulp internazionale - Tarantino, principalmente, ma non solo - nel tessuto urbano milanese, costruendo un sistema di riferimenti espliciti: le Iene (1992), Pulp Fiction (1994), Lock & Stock - Pazzi scatenati (1998), Go - Una notte da dimenticare (1999). La sincerità nell'esibire le proprie filiazioni è il grande pro del progetto ma anche la sua debolezza. Marino metabolizza il linguaggio del cinema “creato” da Tarantino (a propria volta metabolizzazione di altro) come strategia narrativa, consapevole che il cinema di genere vive di ripetizione e variazione. Il contest musicale notturno presso un club milanese funziona da dispositivo catalizzatore, aggregando traiettorie esistenziali marginali. La costruzione drammaturgica replica la celebre architettura del "mexican standoff" tarantiniano: tutti impugnano armi, nessuno può realmente vincere, l'equilibrio precario genera tensione. A questa dinamica spaziale si sovrappone una complessità temporale: ogni personaggio riavvolge parzialmente il nastro cronologico, illuminando frammenti precedentemente oscuri della vicenda. È una tecnica ormai codificata - da Rashomon (1950) di Kurosawa fino al cinema contemporaneo - ma, qui, applicata con discreta efficacia. La genesi travagliata del progetto (ideato nel 2017, sospeso, ripreso e distribuito su Amazon Prime solo nel 2025) avrebbe potuto produrre un risultato disomogeneo, eppure il film mantiene una coerenza formale notevole considerato il budget limitatissimo. Sul piano tecnico, Mi Faccio di Rock'n'Roll rivela una mano sorprendentemente sicura. La fotografia e le luci di Niccolò Cacace costruiscono un'atmosfera notturna credibile, evitando la sciatteria visiva che affligge tanto cinema indie. Il montaggio - firmato dallo stesso Marino insieme a Lorenzo Carone - gestisce con ritmo la complessità della struttura a incastro. La combinazione di competenza registica e fotografica disegna più di una sequenza di livello davvero pro. Sul fronte attoriale emergono alcune presenze significative. Lo stesso Marino dimostra naturalezza recitativa, agevolato probabilmente dalla familiarità con un testo interamente proprio. Alessandro Antonazzo, nel ruolo di Vinz, offre una caratterizzazione caricaturale del malavitoso di provincia che ricorda certi personaggi ritchiani. Claudia Campani s’impone come figura femminile interessante, fra dark lady e femme fatale neo-noir (con il sottile riferimento al piede venefico che è noto feticismo di Tarantino); il suo personaggio avrebbe meritato maggiore sviluppo narrativo, sia per incisività estetica, sia perché il suo personaggio sembrava promettere qualcosa in più, anche perché il film si estende su 120 minuti - durata ambiziosa per un'opera prima indipendente. Ciò che distingue l'operazione di Marino da una mera imitazione è il tentativo d’innesto del linguaggio pulp nella specificità italiana, il che implica un’osservazione della marginalità urbana de noantri (la precarietà, le mafiette, l’ambizione rampante frustrata), il tutto inscritto in una cornice black comedy che a tratti approda alla wacky comedy (il fallo di gomma come centrotavola). La debolezza citata all’inizio consta nel fatto che il riferimento narrativo/registico a cui si rifà Marino finisce per “obbligarlo” alle caratterizzazioni, al montaggio incrociato e asincrono, e a tutti gli altri mezzi e stili del neo-noir e/o crime pulp che ormai sono ben noti da 30 anni, quando, forse, si poteva rileggere in modo ancor più autonomo e caratterizzato il modello d’ispirazione; tuttavia, sì, con il rischio di diventare “troppo indie”. La simpatia bizzarra dei protagonisti e l'energia dei dialoghi prevalgono sulla tenuta narrativa complessiva; ovvero, ci si diverte ascoltando le battute e osservando le tipizzazioni, ma la storia resta classicamente inscritta nei parametri del genere pulp senza guadagnare particolare originalità. Vero che, proprio questa prevalenza della forma sul contenuto, costituisce il punto di interesse critico. Il film, ad ogni modo, diventa dimostrazione di come, anche con risorse minime, sia possibile costruire un universo narrativo godibile attraverso la padronanza del linguaggio cinematografico. Qualcuno affidi un budget più importante a Rocco Marino, ché le potenzialità sono notevoli.

TRIVIA

Rocco Marino dixit: “La prima volta a Milano: avevo 22 anni e non immaginavo che un giorno avrei vissuto in questa città. Ero lì per vedere una partita del Milan. La sera prima ero solo e andai a fare un giro in Corso Como, che era un po' l'America per un terrone tamarro amante della discoteca, come ero io all'epoca. In circa un'oretta di aperitivi mi ubriacai. Dato che era ancora presto per andare a ballare, feci un giro verso Brera e incrociai lo sguardo di una zingara, molto attraente, che mi sembrava mi stesse puntando. Chiaramente mi puntava per solàrmi qualche soldo e ci riuscii agevolmente (mi sembra una trentina d'euro). Mentre mi leggeva 'ste carte, io provavo a lanciarle degli sguardi, che in quel momento davo per scontato fossero ammiccanti. Fatto sta che lei ad un certo punto mi disse che ero un artista o comunque avrei dovuto esserlo. Questa cosa, dritto o storto, mi ha segnato e mi ha portato a credere di poterlo essere per davvero. Da lì in poi effettivamente ho fatto delle scelte di vita basate su questa sorta di segno del destino e, più volte, credo di essermi comportato più come un personaggio di un film che come una persona reale.” (Comunicazione personale).

⟡ Il film è dedicato ad Antonio, amico del regista, morto in un incidente stradale.

⟡ Al secondo giorno di riprese, il regista venne picchiato da un gruppo di motociclisti a causa di una gaffe che finì per offendere una persona. Siccome occorreva girare nel locale Rock'n'Roll Club, il regista decise di non reagire e di accettare le conseguenze della sua gaffe, poiché, in caso contrario, avrebbe rischiato di far saltare la produzione del film o di mettere in pericolo altri membri della troupe.

⟡ La prima scena del film termina come la prima scena di Pulp Fiction, facendo capire al pubblico sin dall'inizio che il riferimento è palese. In quella scena, però, c'è anche altro: ci sono quattro rapinatrici, con un particolare codice, che si infiltrano in un locale fingendo un addio al nubilato di una di loro ed iniziano recitando, ovvero prendendo in giro la prima ragazza che parla, la quale, invece, è realmente perplessa sul da farsi. Il regista ha riferito che il finto addio al celibato è una cosa più volte progettata con i suoi amici, a fini goliardici, ed una volta persino realizzata in un'occasione vissuta a Milano Marittima con il regista nei panni dello sposo.

Fast rating

etichetta di valutazione veloce del sito exxagon per i film giudicati di buon livello

Regista:

Rocco Marino

Durata, fotografia

120', colore

Paese:

Italia

Anno

2022

Scritto da Exxagon nel novembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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