Non avere paura del buio

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Voto:

La piccola Sally (Bailee Madison) va a Providence dal padre (Guy Pearce) che risiede in una vecchia ed enorme villa con la giovane compagna Kim (Katie Holmes). La triste Sally, sentendo provenire voci dallo scantinati di casa, rimuove una grata che avrebbe dovuto rimanere ben chiusa. Le creature che ne escono non sono benevole nonostante il desiderio della piccola di farsi nuovi e strani amici.

LA RECE

Gotico vittoriano reinterpretato attraverso la lente del cinema contemporaneo (ovvero, neo-gotico digitale), l'orrore soprannaturale per esplorare traumi molto più terreni e quotidiani. Però, poco permanente.

Pellicola prodotta da Guillermo Del Toro e ispirata al racconto di H.P. Lovecraft "I Topi nei Muri", benché, in pratica, si tratti del remake del film per la tivù Don't be afraid of the dark (1973) con protagonista non una piccola ragazzina ma una donna adulta interpretata da Kim Darby. Lì, l'orrore si giocava sul dubbio che le voci e le ombre percepite dalla protagonista provenissero dalla sua fragile mente. Qui, in-vece, ciò che viene rappresentato è meno ambiguo e più costruito secondo un taglio favolistico e gotico che richiama, in qualche misura, il Labirinto del fauno (2006). D'altra parte, risulta interessante è la scelta di centrare la narrazione su una bambina che rappresenta l'archetipo della fanciullezza e dell'innocenza in un mondo di adulti emotivamente non presenti; quella che io definisco "distanza prossimale" ovvero la condizione, nelle relazioni genitoriali o più ampiamente affettive, della persone che c'è materialmente ma non c'è affettivamente, esserci non essendoci. In questo caso, si coglie bene la "la paralisi emotiva della famiglia moderna" (Barbara Creed), troppo occupata a perseguire successo e stabilità per vedere i veri orrori che si annidano nelle fondamenta della propria casa, metaforici e letterali. Questo personaggio di Sally ricorda in qualche modo quello di Ana Torrent in lo Spirito dell'alveare (1973), altro film in cui l'infanzia si confronta con mostri sia reali che metaforici. L'incipit del film, con la cameriera che riceve una scalpellata nei denti, fa presagire truci sviluppi e malsane vicende; invece, subito dopo i titoli di testa, l'horror si attesta sul consueto livello delle paure che si radicano nel buio. L'ipotesi che la bambina proietti mentalmente, in forma mostruosa, il proprio disagio per la situazione familiare, rimane elemento assai marginale nello svolgimento, dato che il film, fin da subito, palesa i mostri come creature concrete; ne consegue che nel finale si dovrà arrivare a una resa dei conti. Interessante la suggestione secondo la quale questi mostri sarebbero una sorta di civiltà ipogea che esiste in parallelo all'umanità, giunta a patti con essa per intercessione di un papa affinché non recasse danni agli uomini, a parte fregarti i denti da sotto il cuscino. Un po' bacchettone, invece, il finale in cui è l'amante dell'uomo, e non la pessima moglie, a doversi sacrificare per ristabilire un equilibrio fra padre e figlia. Buona resa attoriale e grande attenzione per la confezione, con fotografia e scenografia curate. Ciò, però, non basta a dare spessore a un film che manca di tensione e che costruisce i suoi diversi momenti di paura sul buio e sugli esseri che lo abitano, esseri che si sceglie di mostrare troppo spesso a solo vantaggio degli effettisti digitali. Il film scorre piacevolmente, ma, terminato, il buio non ci fa paura quel centimetro in più.

TRIVIA

Troy Nixey (1972) dixit: “La forza del cervello umano è quella di essere in grado di creare nella mente dello spettatore un quadro orrorifico molto più forte di qualsiasi cosa si possa mostrare loro. Ho sempre reputato che le cose implicite siano molto più forti di quelle che si possono mostrare visivamente” (collider.com).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Don't Be Afraid Of The Dark

Regista:

Troy Nixey

Durata, fotografia

99', colore

Paese:

USA, Australia, Messico

Anno

2010

Scritto da Exxagon nell'anno 2013; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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