Pontypool - Zitto o muori
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Voto:
Grant Mazzy (Stephen McHattie) è lo speaker mattutino della piccola stazione radio 660 che trasmette nella zona rurale presso il paesino di Pontypool, Ontario. Gli screzi che Grant ha con la produttrice Sydney Briar (Lisa Houle) passano in secondo piano quando, in radio, iniziano ad arrivare notizie di tumulti che stanno mettendo a soqquadro Pontypool. La situazione peggiora velocemente e la zona viene messa in quarantena dai militari. Un medico che lavora in zona riesce a trovare rifugio nella stazione radio e racconta l'incredibile storia di un'epidemia diffusa da un virus che si trasmette tramite l'ascolto di alcune parole.
LA RECE
Memetica e altri spunti interessanti per creare un fantahorror decisamente diverso dal solito per il quale la verbalità conta più dell'immagine. Potenzialità da cult ma emerso in un'epoca nella quale nulla può divenire cult (poiché s'è persa la pratica del rivedere più volte i film).
Prima validissima incursione nell'horror del regista canadese Bruce McDonald che, già altrove, ha dimostrato una buona sensibilità artistica (This movie is broken, 2010; Trigger, 2010). A dispetto di un'asciuttezza rappresentativa e di un contenimento di mezzi e attori, Pontypool è un horror di grande spessore, sicuramente uno dei migliori fra quelli distribuiti nel 2008, tanto efficace quanto capace di far intuire l'orrore mostrando poco o nulla. Seppure rientri, di fatto, nel sottogenere zombi-virus, Pontypool si costruisce su un paradigma scientifico molto più complesso dei presupposti pseudoscientifici che, in genere, reggono i film sugli zombi o i contaminati. Figlio di suggestioni tratte da Impulse (1984), la puntata Babel di Star Trek: deep space nine (1993), the Signal (2007) - spunti poi colti anche da Nine miles down (2009) e YellowBrickRoad (2010) - il film di McDonald si basa sulla teoria memetica di Richard Dawkins che indaga i modelli evolutivi sul trasferimento delle informazioni e delle preferenze culturali basati sull'intuitivo concetto di meme. Quest’ultimo, divenuto ben noto con i social, null'altro sarebbe se non un'unità d'informazione autopropagantesi, analoga a ciò che il gene è per la genetica, che si replica da mente a mente, o in altro supporto di memoria, andando a modificare la cultura e, quindi, l'evoluzione umana. Conseguenza di tale teoria è che un meme, mutabile come un gene, potrebbe comportarsi come un virus, ovvero essere trasmesso anche a spese dei loro ospiti solo perché adatto a venire ritrasmesso. Aggiungiamoci la programmazione neurolinguistica, la linguistica di Noam Chomsky e, in primis, il libro da cui il film è tratto: "Pontypool Changes Everything" di Tony Burgess. L'informazione, quindi, modellerebbe e parteciperebbe della natura delle cose molto più di quanto si possa intuire. Questo l’ampio bacino culturale nel quale naviga Pontypool al quale, però, non va solo attribuito il merito di essersi rifatto a complesse teorizzazioni ma di aver utilizzato complesse riflessioni per dar vita a un horror che sa spaventare solo con le parole; le due o tre scene di sangue sono di contorno e aggiungono ben poco al tutto. Ciò che funziona davvero è l'alchimia di interpretazioni attoriali, il tema portante e le sollecitazioni intellettuali. Pontypool è un’intelligente riflessione sulla comunicazione in un’era di uso e abuso di essa, capace di cavarsela con pochi mezzi ma molta attenzione alla sceneggiatura. Ciò non stupisce, dato che l'idea iniziale era la realizzazione di un film senza immagini se non la linea di frequenza e la voce dei protagonisti; idea coraggiosa, quest'ultima, che però non avrebbe pagato in termini d’incasso. Rimane l'afflato al grottesco con il gruppo musicale dei Lawrence and the Arabians e un finale post titoli di coda dal gusto vagamente tarantiniano. Eccellente interpretazione del cast, su tutti McHattie con il look alla Crocodile Dundee ma con la voce baritonale alla Mario Biondi. Meno apprezzabile l'incontenibile tendenza degli sceneggiatori a far entrare in scena il solito personaggio (in questo caso, come in molti altri, uno scienziato) che spiega per filo e per segno cosa stia accadendo; anche questo, però, risponde alla necessità di rendere accessibile il prodotto al più ampio pubblico. Pur non perfetto, Pontypool rimane un pezzo di cinema horror con le carte in regola per la categoria cult, uno smacco per altre pellicole dello stesso genere che, a fronte di budget elevatissimi, hanno saputo dire davvero poco.
TRIVIA
Bruce Mcdonald (1959) dixit: “A volte bisogna essere coraggiosi e uscire là fuori e da soli. Non importa se suoni le note sbagliate, l'importante è che tu stia suonando” (IMDb.com).
⟡ Il film è stato pensato come una trilogia: il secondo episodio, Pontypool changes, sarebbe dovuto uscire nel 2012 ma la produzione è tuttora ferma (dato 2025).
⟡ Così l'autore del libro racconta la scelta del titolo della sua opera: "Non appena finito il libro ‘The Hellmouths Of Bewdley’, il mio editore mi mandò in giro per fare una foto per la copertina. Io e mia moglie andammo fuori Bewdley pensando di fare una foto su uno dei moli di Rice Lake. Finì che il sole andò giù e noi ci trovammo a proseguire per la strada per fare la foto in qualche cittadina sulla via. Questa fu Ponypool. Ai tempi avevo un po' di fretta di scrivere un secondo libro, così dissi: devo un libro a Pontypool". Tony Burgess compare nel film nei panni del cantante maschile dei Lawrence and the Arabians.
⟡ Pontypool è stato realizzato sia come film che come dramma radiofonico, entrambi ispirati a "La Guerra Dei Mondi" di Orson Welles. Il dramma radiofonico è stato trasmesso sulla sezione della BBC's Art & Culture di internet, e dura 58 minuti circa.
Titolo originale
Pontypool
Regista:
Bruce McDonald
Durata, fotografia
95', colore
Paese:
Canada
2008
Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0