Storie di vita e malavita
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Voto:
Storie diverse, anche disgiunte fra loro, trattano il fenomeno della prostituzione a Milano. C'è Rosina (Cinzia Mambretti) che dalla Sardegna arriva al Nord per cercare lavoro ma incontra Velluto (Nicola De Buono), un ambiguo giovane che si rivelerà un pappone. C'è la povera ragazza che viene dalla campagna e sogna la libertà, c'è la ninfomane, la giovinetta e la borghese che usa la prostituzione per ribellarsi al finto perbenismo. Tutto finirà male.
LA RECE
Lizzani trasforma un'inchiesta giornalistica sulla prostituzione minorile in sleaze movie nel quale denuncia sociale e exploitation si mescolano tra dialoghi ridicoli e nudità gratuite. Film contraddittorio che oscilla tra critica borghese e voyeurismo pruriginoso, salvato parzialmente dalla nostalgia urbana (e personale).
Film noto anche con il titolo il Racket della prostituzione minorile tratto da un'inchiesta di Marisa Rusconi. Lo spirito giornalistico si perde velocemente, però, fra l'inettitudine di alcuni attori, i dialoghi sovente davvero ridicoli e certi elementi pruriginosi che tolgono credibilità all'intento di denuncia. L'elemento critico relativo a una borghesia distratta nei confronti dei figli è, in certe sequenze, ben realizzato (la musica che la ragazza ascolta sopra le parole vacue dei genitori), altre volte è reso in maniera comica (il padre che si interessa solo della sua collezione di soldatini) ma comunque funzionale. Le motivazioni psicologiche che dovrebbero portare le ragazze a finire nel giro brutto sembrano un po' semplicistiche ma possibili e, forse, è proprio in queste motivazioni che si rifletteva il lavoro della Rusconi. Il principale leitmotiv prostitutivo pare essere, qui, il ribellismo e il desiderio di emancipazione, in linea con i moti controculturali. La mia personale esperienza professionale in questo ambito, mi porta a dire che, almeno attualmente, il mondo dell'escorting e prostitutivo sia più dominato da una nevrosi da soldi (una ricchezza che si fa veicolo di soddisfazione "altre") sulla base di criticità remote che non è il caso di approfondire qui per evitare approfondimenti clinici. Lizzani, ad ogni modo, cede all'inserimento di elementi exploitation così che il lesbismo, che poteva essere letto come il rifugio emotivo verso una sessualità non violenta e materna in un mondo dominato da uomini stupratori e insensibili (punto di vista comunque decisamente parziale), finisce per essere solamente un siparietto erotico. Forte e significativo, nonostante gli inciampi della pellicola, il finale in cui due donne linciano e uccidono uno sfruttatore, stile Rape & Revenge, esplodendo in una rabbia non catartica e chiudendo il cerchio su una vita disperata dalla quale sembra possibile evadere solo tramite la morte. A latere di queste riflessioni, si hanno sequenze di rara efficacia patetica con l'indimenticabile corte che Velluto fa a Rosina e ciò che gli dice mentre la musica dei Pooh fa da tappeto musicale: "Tu mi hai donato la verginità e io ti darò il mio amore". A proposito di musiche, si segnala un Morricone irriconoscibile. In sintesi, Storie di vita e malavita, fra bottiglie di J&B, frasi in dialetto milanese, dialoghi poveri e nudità, mette in scena più se stesso che il problema della prostituzione minorile. Nulla di grave, se così non fosse non avremmo quel gran pezzo sleaze che il film è. Punto affettivo in più per la possibilità che la pellicola offre di vedere una Milano di parecchi anni fa, compreso il mio caro liceo classico Cesare Beccaria nella scena dell'uscita da scuola. A chi interessa, ovviamente.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Carlo Lizzani
Durata, fotografia
120', colore
Paese:
Italia
1975
Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
