Va e vedi
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Flyora (Aleksey Kravchenko) si unisce volontariamente e con entusiasmo ai partigiani russi che si oppongono ai nazisti, i quali, per punire la morte di alcuni soldati, daranno la morte ad un intero villaggio bielorusso prima di essere catturati dai partigiani stessi ed essere giudicati sommariamente per i loro crimini.
LA RECE
Capolavoro sovietico che racconta con brutalità e poesia la strage di Chatyn attraverso lo sguardo innocente e devastato del giovane Flyora. Il film, una profonda riflessione sull'orrore della guerra e la metamorfosi dell’animo umano, mostra il peso della memoria e la ciclicità della storia. Non facile da fruire, è un’esperienza intensa ma consigliata agli amanti del cinema d’autore.
L’ultimo e il più noto film di Klimov, regista scomparso nel 2003 che, nel 1986, dopo il successo internazionale di questo film, venne nominato primo segretario della rinnovata Unione dei Cineasti russi sotto l’ala di Gorbačëv e non metterà più mano alla cinepresa. Con un occhio comprensibilmente non del tutto imparziale, il regista russo sciocca le platee degli anni ’80 con due ore e mezza di verità storica (riletta), quella relativa alla strage di Chatyn in Bielorussia che, il 22 marzo 1943, vide i nazisti uccidere per rappresaglia 149 paesani che collaboravano con i partigiani; eccidio da non confondersi con il massacro di Katyn’ (a 60 chilometri dal confine bielorusso) operato nell’aprile-maggio 1940 ad opera dei sovietici a danno di 21.857 cittadini polacchi liquidati pazientemente, uno per uno, con un colpo alla testa; i paesani, invece, per lo più furono bruciati vivi. Entusiasmante fenomenologia della guerra e, soprattutto, dell’animo umano che Klimov inizia a raccontare attraverso l’inconsapevole esaltazione del giovane Flyora, il quale, esumato un fucile, non vede l’ora di entrare nelle fila della resistenza, e lascia a casa una madre in lacrime. Dopo le prime foto di gruppo, la spartana vita nei boschi e l’incontro con la turbata Glasha (Olga Mironova), l’orrore della guerra si dispiega davanti agli occhi di Flyora, fino all’epilogo proiettato sul volto del ragazzo che, progressivamente, si trasforma in una creatura sconvolta ed avvizzita. La ruota che gira, e schiaccia tutti, porterà i nazisti, entusiasti sadici, ad essere giudicati dai partigiani: i carnefici cercheranno disperatamente di difendersi (magistrale il generale interpretato da Viktors Lorencs che poco prima si strusciava con un tenero lori che si teneva sulla spalla) in un disperato rimpallo di responsabilità, fino a giungere alla terminale spiegazione secondo la quale la morte arriva per gente che non merita di vivere. Interessante che il processo sommario fatto ai nazisti venga chiuso bruscamente da una donna e il suo mitragliatore (la prima a sparare) esasperata dall'assurdità di quel quadro disperato e grottesco nella forma e nella sostanza. L’educazione alla vita di Flyora è più che siberiana ma il dramma non è solo suo: il nastro che si riavvolge alla fine ci parla dei corsi e ricorsi storici e del poco che la storia insegna. Film non per tutti, per lunghezza, densità, silenzi e rallentamenti narrativi da cinema sovietico, ma l’esperienza ripaga, non solo per la lezione morale ma per un uso eccellente della cinepresa, del sonoro e per una fotografia che esalta il fango e la fine di ogni poesia. Da recuperare? Sì ma non che sia stato dimenticato: numero 1035 della Criterion Collection e, per Steven Schneider, uno dei 1001 film da vedere prima di morire. Mi accodo al consiglio ma solo per spettatori amanti del cinema d'essai.
TRIVIA
Elem Germanovich Klimov (1933-2003) dixit: "Da ragazzo sono stato all'inferno. Stalingrado era in fiamme fino alla cima del cielo. Anche il fiume bruciava. Era notte, le bombe esplodevano e le madri coprivano i loro figli con qualsiasi tipo di lenzuola e poi si sdraiavano sopra di loro. Se avessi incluso nel film tutto quello che sapevo e avessi mostrato tutta la verità, nemmeno io avrei potuto guardarlo" (theguardian.com).
⟡ Il titolo del film deriva dall'Apocalisse di San Giovanni (6; 7-8): “Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». E vidi. Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della Terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra”.
⟡ Nel film, la milizia tedesca che attacca Perekhody è definita la 15a Einsatzkommando. Tuttavia, durante la Seconda Guerra Mondiale, non esistette un corpo militare con quel nome.
⟡ L’arma che Flyora disseppellisce è un SVT-40 sovietico prodotto dal 1940 al 1945, un fucile costruito con materiale di bassa qualità e che, quindi, non raramente si rompeva.
⟡ Il regista aveva progettato di far ipnotizzare il giovane attore protagonista da uno psicoterapeuta specializzato, in modo che Aleksey Kravchenko non rimanesse turbato durante le riprese delle scene più violente; l’attore si rivelò refrattario all’induzione ipnotica, per cui dovette semplicemente recitare. Pare, tuttavia, che Aleksey fosse rimasto così turbato dai toni e dai temi del film, che i capelli gli divennero tutti bianchi.
Titolo originale
Idi i smotri
Regista:
Elem Klimov
Durata, fotografia
142', colore
Paese:
Unione Sovietica
1985
Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
