i Vampiri
Voto:
A Parigi, alcune ragazze spariscono e vengono ritrovate morte e dissanguate. Il giornalista Pierre Lantin (Dario Michaelis) cerca di andare a fondo nella vicenda, visto che la polizia non sa che fare; inoltre, la sua nuova fiamma Lauretta (Wandisa Guida) sparisce senza lasciare traccia. Tutti gli indizi sembrano portare alla magione della baronessa du Grand, una vecchia che da anni non mostra il proprio volto. Là, soggiorna anche Giselle (Gianna Maria Canale), la bella nipote dell'anziana nobile. Giselle è innamorata di Pierre come la baronessa lo fu, al tempo, del padre del giornalista.
LA RECE
Fragile esordio dell'horror italiano ad opera di Freda che mescola storia, mito vampiresco, gotico, melodramma e anche giallo. Il film, completato da Mario Bava dopo l'abbandono di Freda per contrasti produttivi, non ebbe successo iniziale ma divenne fondamentale per il cinema di genere successivo.
"Eravamo nello studio di Donati e Carpentieri, stavamo pensando qualche soggetto da realizzare, e io buttai lì l'idea di fare un film dell'orrore. Mi chiesero se avevo già qualcosa di pronto. Io dissi di no, ma che potevo farlo in un giorno. E così arrivai con il soggetto, che non avevo portato scritto ma inciso su magnetofono. Facevo anche i rumori, tipo lo scricchiolio della porta, era molto divertente. [...] ero disponibile a girarlo in una decina di giorni purché l'operatore fosse Bava e lo scenografo Beni Montresor" (Giusti, 2004). E con ciò, Freda inaugura l’horror italiano - se escludiamo il perduto il Mostro di Frankenstein (1920) di Eugenio Testa - dopo che, in tutto lo Stivale, erano stati banditi gli horror fino alla prima metà degli anni '50. La sua importanza storica è capitale per il nostro cinema, più per le influenze che eserciterà sui film successivi che per meriti artistici intrinseci. I Vampiri è un film gotico d’atmosfera con toni melodrammatici in dialoghi e recitazione ed un’attenzione alla trama gialla, peraltro blanda, piuttosto che alla costruzione di una dimensione orrorifica per la quale Freda sembra immaturo, appoggiandosi a scenografie cimiteriali di comprovata efficacia in pellicole straniere, senza, però, qui, offrire riletture. La trama recupera il mito della nobile psicopatica Erzsébet Báthory (1560-1614) innestandolo su quello dei vampiri. Pur rispecchiando tutte le suggestioni gotiche da tempo presentate con successo dal mercato estero, la pellicola non riscosse particolare fortuna e venne rivalutata solo anni dopo, sull'onda dell’interesse riscosso dalle produzioni inglesi della Hammer. All’iniziale insuccesso possono aver concorso la diseducazione dei nostri connazionali del tempo al genere horror, così come una certa sbrigatività produttiva (il film venne girato in dodici giorni) fondata sulla sfiducia dei produttori Ermanno Donati e Luigi Carpentieri che disperavano di ottenere ricchi incassi con un horror e finirono per auto-avverare la loro previsione, anche a causa della loro insistenza nel voler realizzare un sub-plot poliziesco e un finale edulcorato osteggiato dal regista che abbandonò il progetto. Subentrò Mario Bava che racconterà: "Freda litigò con i produttori dopo dieci giorni di malintesi. Aveva promesso di girare tutto il film in due settimane. Così, fui costretto a completarlo io, in due giorni!" (ibidem). Bava, in un tempo meno che limitato, riuscì comunque a distinguersi per resa fotografica ed effettistica, soprattutto quella connessa alla trasformazione del volto della baronessa che riprendeva la transizione di immagini vista ne il Dottor Jekyll (1932) di Rouben Mamoulian. I Vampiri, ad ogni modo, resta un film essenzialmente di Freda: sua la scelta vincente di avere nel cast la Canale, diva del genere pepulum con uno sguardo magnetico e una bellezza tale da rubare la scena a tutti, compreso il protagonista maschile dalla resa attoriale un po’ imbalsamata. Sempre di Freda la volontà di lasciare a Bava la cura della fotografia che poi sarà, per quest’ultimo, il grande punto di forza per i film che girerà in seguito. Apripista di un genere, i Vampiri, inserisce nel thrilling anche elementi che, anni dopo, influenzeranno il giallo argentiano, quale la rivalità e/o l’ostilità fra la polizia e un protagonista che deve sbrigarsela da solo per risolvere l’arcano. Resta il dubbio, e ormai nulla può aiutare, su cosa si sarebbe potuto realizzare se Freda non fosse stato importunato dai produttori e avesse avuto campo libero di creare a proprio piacimento. Must per tutti i connazionali che si vogliano dire appassionati di horror.
TRIVIA
Riccardo Freda (1909-1999) dixit: “Gli americani fanno film bellissimi, come i Predatori dell’arca perduta. In Italia non se ne fanno quasi più. Forse per un errore fondamentale della nostra critica che non capisce che il cinematografo, come tutte le arti, si divide in varie serie di espressioni ugualmente valide e considerano il cinema avventuroso come un cinema di serie B. […] Negli USA è grande John Ford come è grande George Lucas con le sue Guerre stellari. Invece, se non sei un rompiscatole, se non sei un intellettuale marcio come Michelangelo Antonioni o, adesso, anche Federico Fellini, che era un grosso regista, non ti guardano nemmeno” (ilcineocchio.it).
⟡ Il sopracitato il Mostro di Frankenstein è il primo film italiano basato sul soggetto di Mary Shelley nonché il primo horror. Colpito dalla censura del tempo, il film è andato perduto probabilmente per sempre. Tuttavia, esistono ancora dei fotogrammi e del materiale pubblicitario che ne attestano l’esistenza e il fatto che abbia goduto di passaggi nelle sale cinematografiche.
Regista:
Riccardo Freda
Durata, fotografia
85', b/n
Paese:
Italia
1957
Scritto da Exxagon nell'anno 2006 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
