American Guinea Pig: Sacrifice
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Voto:
Daniel (Roberto Scorza), funestato da una vita piena di traumi, torna a casa e, chiusosi in bagno, inizia ad infliggersi torture fisiche sempre più atroci ed estese, sollecitato dalla dea Ishtar che, tramite il sangue e lo sperma di Daniel, può rinascere.
LA RECE
Horror estremo che non passerà alla storia ma che si presenta con decoro e ribadisce il fatto che vi siano donne che maneggiano l'horror e come spettatrici, e come creatrici.
Pezzo di cinema estremo de noantri prodotto da Domiziano Cristopharo ma adottato dalla Unearthed Films di Stephen Biro dopo il successo underground del suo American guinea pig: bouquet of guts and gore (2014) e inserito nel franchise. Più che il film in sé di cui si dirà, interessa il contorno non trascurabile, ovvero che tale brutalità video sia stata realizzata dall’italiana Sarah “Poison” Rouge, la quale, stanca di tanto horror moderno intellettualoide, esordisce con un esercizio essenziale di splatter senza eccessivi orpelli concettuali ribaltando, in ottica femminile, il consueto exploitation che vuole le donne, preferibilmente nude, a grondare sangue: “Mi piace solo divertirmi e non fare cose da ragazzina. Sono un'artista senza sesso. Mi piace essere provocatrice e violenta. Mi è piaciuto il soggetto di Sacrifice (di Samuel Marolla) anche per l'enorme quantità di nudità maschile. Era il momento di vedere finalmente un uomo esposto e non un'altra ragazza. Questo film ha ferito molti fan maschi ma, ehi, anche le donne guardano l'horror” (morbidlybeautiful.com). In realtà, Sacrifice non si distingue in modo particolare per il nudo maschile, anche se il protagonista si aggira in slip e poi sguscia il pene per torturarselo ma, appunto, per la progressione di automutilazioni che hanno inizio con un taglio alla mano che va a creare una ferita che Daniel lecca come una vagina cronenberghiana e si chiude con un’evirazione. Che la florida Flora Giannattasio, nei panni di Ishtar, abbisogni di dolore maschile e della sua castrazione secondo metodiche di cutting e autolesionismo, più tipiche di un certo disagio psichico femminile, potrebbe prestarsi a letture profonde ma anche velleitarie per un film la cui portata violenta e gore, e la valida effettistica, sono ragioni di per sé sufficienti alla visione, fagocitando eventuali riflessioni (social, femminismo, traumi, …) toccate tangenzialmente. A Poison Rouge, bodybuilder e artista eclettica, si riconosce un buon controllo di ripresa e fotografico in un ambiente non facile, fra luci e ombre; pure Scorza, che finisce con le budella di fuori dopo essersi conficcato un cacciavite nell’uretra, non ne esce male. Horror estremo, non fondamentale ma onesto anche nel ribadire l’ovvietà, che però ha bisogno di essere ribadita, relativa al fatto che ci sono donne che maneggiano horror e gradiscono esserne spettatrici (se non creatrici).
TRIVIA
Sarah “Poison” Rouge dixit: “Vedo che le donne ora usano spesso #metoo o #timesup per apparire ancora di più di prima come vittime di un "sistema maschile". Rispetto le vittime reali ma ora è davvero troppo. In ciò non c’è nulla che possa aiutare la reputazione o la dignità di una donna. Inoltre, è giusto lottare per i nostri diritti (allo stesso modo in cui lottiamo per i diritti di gay, lesbiche, neri e delle minoranze), ma avere dei diritti non significa fingere di avere meriti che non abbiamo. Il merito si ottiene lavorando e non perché siamo nate con una vagina” (morbidlybeautiful.com).
Titolo originale
Id.
Regista:
Sara Poison Rouge
Durata, fotografia
60', colore
Paese:
Italia
2017
Scritto da Exxagon nell'anno 2020; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
