Un angelo per Satana

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Voto:

Lo scultore Roberto Morigi (Antonio De Teffé) viene chiamato dal conte Montebruno (Claudio Gora) per restaurare una statua ripescata dal lago. L'unica distrazione è rappresentata dalla bella contessa Harriet (Barbara Steele) arrivata per reclamare il possesso delle sue terre. Pare che la statua rechi con sé una terribile maledizione e, in effetti, Harriet inizia a comportarsi in modo strano cercando di sedurre indistintamente uomini e donne.

LA RECE

Dialoghi ben curati, buono il reparto tecnico ma l'impostazione è da sceneggiato televisivo. Brega cultizza il tutto.

Da un racconto di Luigi Emmanuele ed echi che vanno da “Malombra” di Fogazzaro a “La venere d'Ille” di Mérimée (romanzo da cui Mario e Lamberto Bava trarranno un film nel 1978), un Angelo per Satana è la seconda e ultima pellicola horror diretta da Camillo Mastrocinque, regista più noto per i suoi lavori di genere comico. Mastrocinque, non così avvezzo al gotico, non si discosta molto dal suo precedente la Cripta e l'incubo (1964) e punta tutto sulla magnetica presenza della scream queen Barbara Steele, non una bellezza canonica ma, piuttosto, una proto-dark che sapeva vendersi molto bene e molto bene veniva gestita dai registi che l'hanno fatta recitare. Steele alla mano, ci si gioca la carta dell'erotismo molto soft e l'attrice, nei panni della composta contessina Harriet, si trasforma in una ninfomane che, nel piccolo villaggio sulla sponda del lago, non risparmia nessuno: la giovane e bella cameriera personale (Ursula Davis), il cretino del villaggio, il timido maestro delle elementari (Vassili Karis), ovviamente il protagonista De Teffé un'altra volta nel ruolo dello scultore dopo Afrodite, dea dell'amore (1958), ma, soprattutto, il mai abbastanza mitico Mario Brega (un Sacco bello, 1980; Bianco, rosso e Verdone, 1981; Borotalco, 1982; Troppo forte, 1986) qui nei panni del forzuto del villaggio che sa tirare le ruote dei carretti a venti metri di distanza. Brega a parte, il film è pervaso da un'atmosfera pacata e sonnolenta, cosa che non è detto sia male se amate il bianco e nero gotico ma senza i tipici elementi del genere: castelli, ragnatele e segrete. L'ambientazione rurale e paesana ai bordi del lago, che se fosse stata a colori avrebbe ricordato l’horror padano di Pupi Avati, riesce a creare una dimensione avulsa dallo spazio e dal tempo; solo le riprese d'interni e quelle notturne, ricche di nebbioline inquietanti, ricordano che siamo ancora in pieno gotico. I dialoghi sono ben curati, così anche il reparto tecnico ma il risultato globale non è paragonabile ai coevi gotici di Bava. Un Angelo per Satana porta con sé una certa impostazione da sceneggiato televisivo, questa è la sua più grande forza e la sua più grande debolezza. Da rispolverare, se non altro per godersi la più improbabile coppia nella storia del cinema: Mario Brega e Barbara Steele.

TRIVIA

⟡ Nessuna nota, per ora.

Regista:

Camillo Mastrocinque

Durata, fotografia

90', b/n

Paese:

Italia

Anno

1966

Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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