l'Atto di uccidere
Consigliato
Voto:
Film documentaristico.
LA RECE
Il Male ha un costo, certo di non immediata percezione, dietro l’opulenza con la quale il Male si fa convincente. E' sul volto di Anwar e soci, nelle loro espressioni, nelle loro vite, che sembra di intuire che l’unica grande ricchezza del Male siano i racconti del Male stesso, e nulla più.
Monumentale documentario del texano Oppenheimer che racconta, per voce dei vincitori, l’epurazione patita dai comunisti e dai dissidenti indonesiani avvenuta negli anni ‘60 ad opera del generale Suharto e con l’appoggio degli USA. Questo pluripremiato documento storico non è una mera ricostruzione dei drammatici fatti che hanno portato alla morte un milione di persone e più, ma una non comune narrazione dell’orrore espressa, con orgoglio per nulla celato, dai diretti esecutori dello sterminio che, ancora al potere, si potevano permettere di illustrare metodi di tortura, stupro e uccisione. Non solo illustrare ma riattualizzare girando un film (di cui si dà testimonianza qui), nel quale loro, i gangster hanno assoluto potere di vita e morte su tutta la popolazione. Il film si concentra soprattutto su Anwar Congo (1941-2019), simpatico vecchietto danzerino che si dice sosia di Sidney Poitier e che, ai tempi del massacro, era il killer più temuto di tutti, con un body count personale di 1000 persone perlopiù garrottate. Il lavoro di Oppenheimer, da guardarsi rigorosamente nella versione integrale di 156 minuti mai tediosi, conclude già tramite le prime sequenze le sue ovvie ragioni di denuncia per aprirsi ad un’ampia e terrificante dimensione di incubo umano, con anche pezzi di recita in costumi assurdi e panorami alienanti che non smettono mai di essere disgustosamente veri. Non solo l’Atto di uccidere fa trasparire le suggestioni di Herzog (produttore) e di Dusan Makavejev (Sweet movie, 1974), mentore di Oppenheimer, ma assurge a documento di una folle dimensione sociale nella quale i carnefici hanno vinto, non hanno pagato né pagheranno mai nulla per i loro orribili reati, e istaurano il primato nazionale della volgarità, dell’ignoranza, della grossolanità e della mancanza di rimorso o riflessione. l’Atto di uccidere precipita lo spettatore in un universo parallelo in cui i più sanguinari tiranni hanno vinto (Pol Pot, nazisti, stalinisti, Giapponesi a Nankino… scegliete dal mazzo) e vanno in tv a vantarsi degli omicidi, si raccontano con ironia quanto sia delizioso stuprare le 14enni (“Sarà l’inferno per te ma il paradiso per me”), riscuotono tangenti dai negozianti disperati alla luce del sole e, in sostanza, passano la vita a crogiolarsi in un passato che li ha visti sterminatori e in un presente che li vede corrotti sfaccendati a godersi i proventi della loro vita criminale senza nemmeno sforzarsi troppo di ammantare il loro esistere con l’ideologia, dal momento che di gangster si trattava e di gangster si tratta, a loro modo di vedere free-men, uomini liberi di fare quel diavolo che vogliono. È proprio nella “lungaggine” di questo documentario, nei suoi reiterati racconti di atrocità che si nasconde il potere filmico del lavoro di Oppenheimer che smette, o non si limita, alla denuncia o alla ricostruzione storica ma crea un teatro dell’assurdo, della follia e della banalità del Male senza precedenti e che un occidentale ha quasi difficoltà ad elaborare, tanto più che il carnefice protagonista ha aspetti e modi che muovono ad una sorta di strana e sgradevole simpatia. Proprio il mostruoso Anwar Congo, vera o falsa che sia la sua terminale commozione (certo che se fosse finta sarebbe da Oscar), pare capire alla fine del percorso, e solo mettendosi nei panni delle vittime, quanto sia profondo l’orrore causato; ma è l’unico. Non a caso, alla notizia della morte di Congo, così ha parlato il regista: “(Ho pianto) non solo perché ho perso qualcuno di importante per me per il quale provavo un amore genuino […] Ma anche per l’orribile vita che ha vissuto, le terribili scelte che ha fatto, tutte le famiglie che ha distrutto e per il senso di colpa che ha distrutto lui. Ho pianto perché avrebbe potuto essere un uomo buono… che spreco” (thejakartapost.com). L’Atto di uccidere, anche per alcune sequenze corali e in costume (bellissime quelle con la casa-carpa), finisce per essere avvertito come uno dei film di fantascienza meno irreali e più brutali che possiate vedere, senza che vengano mostrate le tipiche brutalità grossolane della shockumentaristica. Ed è là, l’indiscutibile prova che qualsiasi assetto ideologico raccatta, per sua natura e convenienza, i più terribili e disperati figuri pronti all’azione, e che, cosa più complessa di tutte da mandare giù, l’etica e la morale sono costrutti molto plastici. Ma arriva altrettanto forte l’impressione che il Male ha un costo, certo di non immediata percezione, dietro l’opulenza con la quale il Male si fa convincente. E' sul volto di Anwar e soci, nelle loro espressioni, nelle loro vite, che sembra di intuire che l’unica grande ricchezza del Male siano i racconti del Male stesso, e nulla più. Voto massimo per un film che dovrebbe essere fatto vedere nelle nostre scuole e che, pur ancora bandito in Indonesia e visionato in proiezioni underground, ha promosso l’inizio di una presa di coscienza storica.
TRIVIA
Joshua Oppenheimer (1974) dixit: “Penso che sia nostro dovere, come cineasti, come persone che indagano il mondo, creare delle realtà che penetrino il più possibile le questioni in esame. Qui ci sono esseri umani, come noi, che si vantano di atrocità che dovrebbero essere inimmaginabili. E la domanda è: perché lo fanno? Per chi lo stanno facendo? Cosa significa per loro? Come vogliono essere visti? Come vedono se stessi? E questo metodo è stato un modo per rispondere a queste domande. Penso che quasi non sia più un documentario. Diventa una specie di pezzo allucinatorio, una specie di sogno febbrile che trascende il documentario” (IMDb.com).
⟡ Un coregista, così come 48 membri della crew, compaiono nei credits come anonimi poiché temevano le ritorsioni dei paramilitari della Pancasila Youth.
⟡ Il film era nato come documentario centrato sulle famiglie superstiti allo sterminio avvenuto negli anni Sessanta ma molte delle persone che dovevano essere intervistate furono incarcerate. Entrato in contatto con i torturatori, Oppenheimer decise di spostare il focus su questi ultimi.
⟡ Una scena mostra i membri della Pancasila Youth che raccolgono i soldi dell'estorsione da diversi proprietari di negozi. La scena è autentica. Oppenheimer ha dichiarato di aver ripagato le vittime delle estorsioni con i propri soldi, lo stesso giorno delle riprese: sarebbe tornato indietro con la scusa di far firmare ai proprietari dei negozi le liberatorie mentre i suoi assistenti continuavano ad accompagnare i gangster che taglieggiavano altri negozianti.
Titolo originale
The Act of Killing
Regista:
Joshua Oppenheimer, Anonimo, Christine Cynn
Durata, fotografia
159', colore
Paese:
UK, Danimarca, Norvegia
2012
Scritto da Exxagon nell'anno 2019; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
