Bronson
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Voto:
Il sempre carcerato Charlie Bronson (Tom Hardy), nome di battaglia di Michael Gordon Peterson, racconta alla platea la sua folle vita fatta perlopiù di detenzione in regime di isolamento poiché prono a perdere il controllo e menare come un fabbro guardie e ladri. “Sono un bravo ragazzo ma a volte perdo del tutto la ragione e divento terribile. Ciò non fa di me una persona cattiva ma solo confusa”. E mica poco.
LA RECE
Refn dà una visione "artistica" della patologia e del dramma del protagonista, offrendo il destro a rappresentazioni che esaltano gli estetismi delle scene e meno la costruzione narrativa. Forse la salvezza per certi drammi sta solo nell'arte. Tom Hardy al 110%.
Il talentuoso danese Refn scrive e dirige lo pseudo-biopic di un folle e, sì, molto confuso uomo che, per la sua peculiare natura, ha passato buona parte della vita in prigione, e in isolamento, ma non per crimini da fine pena mai, piuttosto per quella sua incapacità di controllare gli impulsi o, forse, per il desiderio di non controllarli affatto. Il regista non presenta Mr. Peterson, aka Bronoson aka Charles Salvador aka Ali Ahmed, ricostruendo cronologicamente la sua vita o cercando fini spiegazioni psicosociologiche ai suoi atti, ma dipinge la caricatura di uno psicopatico che, come un matto mattatore, teatralizza alcuni momenti grotteschi della propria esistenza cercando plausi per questa sua identità negativa. Tale visione “circense” ricamata da Refn offre il destro a rappresentazioni che esaltano gli estetismi delle scene e meno la costruzione narrativa. Scelta saggia? Il rischio che vengano a noia i quadretti bizzarri di questo uomo un po’ vero e un po’ abbellito dall’arte non è del tutto scampato; d’altro canto, tolta una rilettura artistica, cosa rimarrebbe del (non) buon Charlie Bronson se non la disperazione e il tedio di una vita passata a pestare gente e fare ginnastica chiuso in pochissimi metri quadri? Refn preferisce ricolorare tutto, aggiunge tanta musica per accompagnare la violenza come Kubrick con Arancia meccanica (1971), azzecca alcuni siparietti grazie ai quali si evincono le sue doti di regista (la “discoteca” dei matti) e carica tutta la pellicola sulle spallone di Tom Hardy che, coraggiosamente, ci mette anima e, soprattutto, corpo prestandosi a scene di nudo frontale tutto unto di burro. Bronson è, in sintesi, un two men show: quello di Refn, che qui come altrove (Valhalla rising, 2009; Drive, 2011) delizia gli occhi con i suoi esercizi di stile, e quello dell’attore Hardy. Bronson è un attendibile biopic sul detenuto Peterson? No, se si spera che la pellicola possa essere materiale valido per indagare la storia del soggetto e la sua psicopatologia. È, semmai, materia di interrogativi circa la capacità delle istituzioni di gestire al meglio alcuni soggetti, pochi così radicalmente compromessi, che sembrano venuti al mondo solo per dargli fuoco, e per i quali l’unica via di redenzione e recupero passa dall’arte e dalla creatività. Forse.
TRIVIA
Trivia. Nicolas Winding Refn (1970) dixit: “Il principale nemico della creatività è il sentirsi al sicuro, con buon gusto” (IMDb.com).
⟡ Definito il più violento detenuto britannico vivente, Michael Gordon Peterson nacque a Luton nel 1952. Finito in carcere per piccoli crimini nel 1974, ricevette una condanna di "soli" sette anni che, però, si dilatarono a 14 per il suo comportamento incontenibile. Spostato 120 volte tra le carceri del Regno Unito, egli ha trascorso la maggior parte del tempo in cella di isolamento e anche in diversi manicomi criminali. Uscito e rientrato di prigione più volte, ottenne il soprannome Charles Bronson nel periodo in cui si prestava a incontri di lotta per strada; a suggerirgli il nickname fu il suo “manager”. Per ora (dato 2019), Peterson ha scontato 44 anni in prigione ed è detenuto alla HM Prison Woodhill. Sposatosi tre volte, è ritenuto un pittore di un certo livello nonché un grande appassionato di fitness: nel 2002 ha pubblicato il libro “Solitary Fitness” nel quale illustra come allenarsi con pochissimi attrezzi e in spazi ristretti.
⟡ Il regista Refn non ha mai potuto fare visita in prigione al vero Bronson ma gli ha potuto fare solo due telefonate. Tom Hardy, invece, gli ha fatto visita e Bronson è rimasto molto ben impressionato dalla prestanza fisica dell’attore e dalla sua capacità imitative; Bronson ha dato la sua personale benedizione alla produzione tagliandosi i baffi e spedendoli ad Hardy così che essi fossero “indossabili” sul set. A Bronson è stato consentito di vedere il film solo nel 2011; lo ha apprezzato e lo ha definito: teatrale, creativo e brillante”.
⟡ Lo scrittore e regista surrealista Alejandro Jodorowsky, amicone di Refn, dopo aver visto il film ha riferito di aver avuto un “orgasmo spirituale”, qualsiasi cosa ciò voglia dire.
Titolo originale
Id.
Regista:
Nicolas Winding Refn
Durata, fotografia
92', colore
Paese:
UK, Isole Cayman
2008
Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
