Christine

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Christine Chubbuck (Rebecca Hall), giornalista di Channel 40 di Sarasota, Florida, ha grandi ambizioni per il suo lavoro e vorrebbe costruire una redazione che non si perda in notizie grossolane. Il suo capo Michael (Tracy Letts) la pensa diversamente: di fronte a un drastico calo di ascolti, il boss chiede una spettacolarizzazione delle news. Michael vuole che Christine renda i suoi servizi più "juicy", succosi. Christine vede cassate le sue idee e le sue prospettive di carriera, parallelamente a una disastrosa vita sentimentale mai decollata: a 30 anni è ancora vergine. Al nadir delle sue speranze, Christine mette a fuoco ciò che il pubblico merita di vedere.

LA RECE

Drammatica espressione di un privato disagio psichico e di uno pubblico. Quale sia peggio è difficile determinalo. Film ben realizzato e cast ad alta performance. Consigliato.

Mattina del 15 luglio 1974, Christine Chubbuck è in onda per dare le notizie quotidiane del Suncoast Digest. Seduta alla scrivania e davanti alle telecamere, nei primi otto minuti annuncia tre notizie di interesse nazionale, poi il servizio video sul ristorante Beef and Bottle presso il Sarasota-Bradenton Airport si blocca, la redazione dietro le telecamere si agita e chiede a Christine di passare ad altro. Lei lo fa tirando fuori un foglio sul quale, preventivamente, aveva scritto un annuncio: "In linea con la politica di Channel 40 di offrirvi le notizie più fresche in tema sangue e budella, e a colori, state per vedere un'anteprima: un tentativo di suicidio". Mentre ancora non aveva concluso la frase, Christine estrae da una borsa una Smith and Wesson calibro 38 puntandosela dietro l'orecchio destro. Appena concluso l'annuncio, Christine Chubbuck spara, andando a sbattere violentemente sulla superficie della scrivania. La giornalista, che avrebbe compiuto trenta anni il 24 agosto successivo, verrà dichiarata morta 14 ore dopo lo sconvolgente evento andato in diretta. Il regista Campos, lo stesso dell'interessante Simon killer (2012), recupera la complessa vita di Christine e il suo tragicissimo epilogo, ormai dimenticato dai più, che, però, ha ancora qualcosa da dire sia in merito al disagio psichico del singolo, sia alla trasformazione dei media. Di Christine, nel film, vengono offerte suggestioni ed indizi che, per meglio comprendere il suo quadro, vanno necessariamente integrate con reali elementi biografici: il club delle "dateless" (senza appuntamenti) organizzato con le amiche ai tempi della scuola femminile; un suo vecchio amore deceduto in un incidente; la sua verginità a trenta anni; il rapporto con la madre; la sua stanza arredata come se fosse la cameretta di una ragazzina; le sue grandi difficoltà ad aprirsi ad amiche e amici; la canalizzazione di ogni sua realizzazione personale nel lavoro con inaridimento di altre istanze. Poi, la depressione che, però, era "semplicemente" la manifestazione timica di un disagio ben più profondo. Molti indizi lasciano pensare, pur non mettendo la proverbiale mano sul fuoco, che Christine Chubbuck fosse una personalità evitante. Per dirla con quelle poche parole che mai andrebbero usate per descrivere i quadri caratteriali, i soggetti evitanti si distinguono per la ricchezza di interessi e capacità ma si riconoscono dolorosamente incapaci di creare un tessuto affettivo; molto del loro tempo è funestato da pensieri intrusivi di carattere depressivo legati al fallimento del loro potenziale umano connesso all'amore, al sesso, all'affetto. La loro paura degli altri è relativa ad un timore (spesso derivante da esperienze effettivamente negative) di essere ancora una volta rifiutati e umiliati. Il loro evitamenti relazionali, quindi, cercano di evitare il trauma ma, nell'evitarlo, creano il trauma stesso. È una posizione dolorosa ma anche ambigua poiché molto del dolore è autoinflitto da comportamenti che vanno a costruire la conferma delle proprie inettitudini. Il lavoro, come dimostra la storia di Christine, può divenire l'unico campo di realizzazione, un settore che, però, iperinvestito, non è gestibile diplomaticamente poiché, almeno in esso, la persona non accetta di essere rifiutata. D'altro canto, come il film mostra in una delle scene conclusive, le persone, pur in buona fede, non sanno intercettare le vere necessità della protagonista e le offrono soluzioni inopportune ("la psicoterapia che ha funzionato con me funzionerà anche per te") quando, magari, sarebbe bastata una serata leggera e decontratturante; qualcosa di banale, comune, che fa sentire non diversi. Il suicidio di Christine Chubbuck fu, di conseguenza, e come sovente accade nella fenomenologia dei suicidi, un atto rabbioso, (ri)vendicativo, distruttivo verso sé e, contemporaneamente, verso coloro che non sono stati capaci di capirla, un allontanamento da un mondo nel quale mai si sarebbe potuta identificare. Un mondo giornalistico (ma non solo) bramoso di sangue e sensazionalismo. Nel film, versione originale, viene usato un verbo perfetto per descrivere il processo della relazione fra nuovi media e pubblico: "they're gobbling". il pubblico non assapora, non decanta, non centellina, bensì "s'ingozza, ingolla, inghiotte", si butta in bocca bulimicamente le notizie che non devono essere né ben cotte né buone, ma solo tante, pasticciate e temporaneamente sazianti. Non era questo il mondo dei media sperato da Christine che passava i pomeriggi a fare volontariato per i bambini malati in ospedale. Quel mondo e quel modo di intendere l'immagine video (che Christine non poteva intuire quanto nel tempo sarebbe deragliato) non poteva essere che inidoneo per lei. Campos procede con rispetto nella ricostruzione affiancato da un cast che sa lavorare più che bene, cura il décor Seventy e immerge tutto in una luce gialla da pellicola Ektachrome, chiudendo con l'immagine dell'amica Jean che si mantiene a galla sulla superfice della vita come può: con un po' di gelato e una canzone. A ciascuno il suo.

TRIVIA

Antonio Campos (1983) dixit: "Capisco il suo punto di vista. Capisco le sue ansie, le sue insicurezze, la sensazione che non lo stai facendo bene. Che non sei nemmeno una persona giusta, il punto in cui si arriva quando si è depressi. Esisti e basta, non esisti nemmeno correttamente. Più si scende in quella tana del bianconiglio, meno si può effettivamente sperimentare la vita ed essere presenti [...] Quando la guardi, capisci che lei vede arrivare il futuro caos dei media, e quanto andranno male le cose [...] È solo un grande, affascinante personaggio e ci tenevo molto a lei" (borrowingtape.com ).

⟡ Al Sundance Film festival del 2016 furono due i film che videro la vita di Christine Chubbuck al centro dell'azione: questo e Kate plays Christine di Robert Greene. 

⟡ Nel film si fa riferimento all'Akai e al dover imparare ad usarlo. La tecnologia dell'azienda giapponese Akai fu rivoluzionaria al tempo perché permetteva alle emittenti di trasdurre tutto il girato in VHS per poi depositarlo in archivio. Il limite era la scarsa longevità del nastro, ovvero il veloce deterioramento del materiale e quindi dell'immagine registrata. La Akai, fallita nel 2001, è risorta ma ora si occupa prevalentemente di strumenti musicali. Il deterioramento delle riprese ha anche colpito la ripresa stessa della morte di Christine che alcuni (parenti e affini) dicono aver conservato ma che, in pratica, si ritiene ormai perduta. In diversi canali internet abitati da gente bramosa di filmati snuff et similia, ciclicamente si annunciano annose ricerche di quel raro filmato e alcuni sono arrivati a proporlo anche su Youtube per poi farlo sparire; la qualità del filmato era talmente scarsa che non era neppure possibile determinare se fosse vero o meno.

⟡ L'attrice Rebecca Hall, nel 2015, si è sposata con Morgan Spector, l'attore che in questo film veste i panni del ginecologo.

Titolo originale

Id.

Regista:

Antonio Campos

Durata, fotografia

119', colore

Paese:

USA, UK

Anno

2016

Scritto da Exxagon nell'anno 2019; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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