5 Bambole per la luna d'agosto
Voto:
Un imprenditore ospita alcuni magnati d'industria nella sua moderna villa locata su di un'isola. Le giornate del gruppo trascorrono gioiose nella deboscia totale. In effetti, sono tutti là per convincere uno scienziato, il professor Farrell (William Berger), a vendere la formula di un prodotto chimico che rivoluzionerà il mercato. Qualcuno inizia a eliminare i concorrenti.
LA RECE
Il regista odiava la sua stessa creatura; nonostante ciò, il film assurge a culto per l'immersione di una storia mystery nelle suggestioni pop, fra colori, scenografie d'epoca e personaggi macchiettistici.
Ingaggio come seconda scelta di Mario Bava da parte della P.A.C. (Produzioni Atlas Cinematografica) per supplire ad un altro regista che non si era reso disponibile, oltre a uno scarso budget per mettere su pellicola "Dieci piccoli indiani" ripensato da Mario di Nardo. Bava, poco convinto dell'operazione, si prestò, ma dichiarerà sempre grandissima antipatia per 5 bambole per la luna d'agosto: "il mio peggior film". Fortuna per noi che ad essere di malumore fosse Bava, uno che, anche con una mano sola, poteva dare vita a qualcosa di quintessenziale; e infatti, gli eurofan, Tarantino in testa, impazziscono per questa pellicola letteralmente stracolma di colori, forme, balli e atmosfere pop. Stefano Della Casa dice, a proposito: "Le aperture pop nel cinema di Mario Bava sono a volte più underground di tutta la Cooperativa Cinema Indipendente. Anzi, Bava è il traduttore italiano della pop art e Edwige Fenech di 5 bambole per la luna d'agosto è un po' la minestra Campbell di Andy Warhol". Il regista non si attiene alla Christie e, come in Sei donne per l'assassino (1964), mette i protagonisti uno contro l'altro, tirando una riga sul thrilling e il sangue, ed esasperando la messa in scena, nonché, fattore nodale, reificando i personaggi, ovvero trattandoli come manichini che sfoggiano abiti e si fondono con il décor che tutto fagocita. La logica baviana sembra del tutto distante dall'estetica argentiana, a un passo dall'esplodere e cambiare le regole del giallo, ma in realtà sembra di poter rintracciare un fil rouge che connette i colori, gli estetismi e il visio per i particolari dei due registi (ma d'altra parte sappiamo quanto Argento debba a Bava!). C'è qualcosa di magico, almeno per chi subisce il fascino del cinema di genere, in un film in cui il sangue ha lo stesso tono rosso della tappezzeria o dello smalto, e ciò vale per entrambi i registi. I cadaveri sono parte di un dipinto più ampio: sulla spiaggia, in una vasca da bagno, legati a un albero trapassati al cuore da un pugnale o imbustati nella cella frigorifera. Memorabili e seminali le biglie, fatte cadere da due uomini che si stanno picchiando, le quali rotolano giù dalle scale fino ad arrivare a un bagno in cui la macchina da presa scopre una protagonista morta nella vasca. Ma c'è anche il passaggio della sigaretta con il piede o, ancora, la ripresa della ragazzina che si prova i vestiti compiuta sfruttando lo specchio d'acqua, il che permette allo spettatore un colpevole ma eroticissimo up-skirt. Indimenticabili anche alcuni movimenti di camera: le zoomate su una Fenech acerba - ma lo è mai stata? - che balla lasciva, e le riprese con il grandangolo dei protagonisti svaccati sui divani, con l'inquadratura che ondeggia per trasmettere il decadentismo del gruppetto. A un film con lo score musicale di Piero Umiliani che adopera l'organo Hammond come non ci fosse un domani, si perdona la mancanza di mordente, i personaggi stereotipo (la mogliettina, lo snob, il gigolò, la puttana) e tutta una serie di dialoghi bolsi ("La morte mi mette sete", "La morte ti fa sentire sporco"). Con buona pace di Mario Bava, 5 bambole per la luna d'agosto, con il passare dei decenni assurge a cult. Da vedere e voto generoso.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Mario Bava
Durata, fotografia
87', colore
Paese:
Italia
1970
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
