Cryptozoo
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Voto:
Animazione indie per chi ama il cinema decisamente diverso e sperimentale. I due principali artefici del lavoro, come ci fanno sapere al termine dei credits, disegnano per quattro anni, dal 2016 al 2020 (a Richmond, Virginia), e costruiscono un'opera a cavallo fra l'animazione d'autore e il cinema di genere, con una morale relativa ai sentiti temi della diversità, dell’integrazione, della mercificazione di queste cose e, in ultima analisi, al rispetto della diversità senza che essa debba essere governata, pur a fin di bene. Nello specifico, il film ci narra di questo mondo, il nostro, ma con una radicale differenza: lì esistono concretamente le creature mitiche: la Gorgone, il Kraken, il Minotauro, l’Unicorno, i folletti e ogni altro genere di bizzarro essere. Lauren Gray, veterinaria e criptozoologa militante, sogna un impossibile Eden postmoderno e lo costruisce: il Cryptozoo, un parco naturale abitato dai crìptidi, luogo in bilico fra zona di conservazione della diversità e parco dei divertimenti capitalista. La ricerca del Baku, creatura del folklore giapponese che si nutre di incubi e che aiutò Lauren da bambina, è, però, resa difficile da un fauno che fa il doppio gioco e da un losco figuro governativo che vuole i criptidi per aiutarlo a governare il mondo, o giù di lì. Quindi, cosa abbiamo? In pratica l’universo di Jurassic Park (1993) ma realizzato con un’estetica - deliberatamente? - grezza, ma riccamente colorata, che interroga la tradizione occidentale del mostro simpatico-trattino-buono e dell’umano mostruoso. La figura di Lauren Gray richiama le contraddizioni del "salvatore bianco" decostruite in film come Avatar (2009) ma, qui, con una quote d’ulteriore complessità. In primis, rimane dubbia, anzi, pare impossibile, la piena integrazione che, quando tentata, deve trovare una configurazione spettacolarizzata sennò non riceve piena attenzione pubblica. Il parco Cryptozoo serve ad accendere l'opinione pubblica e questa porta soldi. Ma come proteggere senza limitare? A questo proposito, ecco il personaggio Phoebe, una gorgone che nasconde la propria natura mostruosa dietro lenti a contatto e tranquillanti per i serpenti che s'annodano sul suo scalpo, la quale pare incarnare il dilemma dell'integrazione che implica il conformismo, ovvero forza a nascondere la propria essenza. Cryptozoo ha le carte in regola per far emergere interrogativi e riflessioni, nonché il coraggio di mostrare sangue e nudità. Tuttavia, lo stile dell’animazione, e soprattutto un comparto di doppiaggio decisamente poco ispirato, frenano la partecipazione emotiva dello spettatore, perché tutto è un po’ freddo, rigido, “mumblecore”. Emotivamente poco entusiasmante, benché il film cerchi proprio di parlare al cuore. Bene l’esplorazione dell’alterità, meno bene, in sintesi, modi e mezzi dell’esplorazione, però la bizzarria del tutto non può non incuriosire la platea in cerca di pellicole weird. Double-bill perfetto: Il Pianeta selvaggio (1973).
Fast rating

Titolo originale
Id.
Regista:
Dash Shaw, Jane Samborski
Durata, fotografia
95', colore
Paese:
USA, Canada
2021
Scritto da Exxagon nell'ottobre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
