Gran bollito
-
Voto:
La meridionale Lea (Shelley Winters) emigra al nord per raggiungere il marito che, però, rimane subito paralizzato. La donna manda avanti un botteghino del lotto e si fa aiutare in casa da una donna ritardata (Milena Vukotic). Per esorcizzare l'allontanamento del figlio Michele per mano della fidanzata (Laura Antonelli), Lea inizia a uccidere le amiche seguendo un folle patto che dice di aver stipulato con la Morte.
LA RECE
Voto un generoso per un film sinistro e grottesco, e tratto da un vecchio caso di cronaca, che avrebbe meritato maggior riconoscimento. Recuperiamolo.
Favola nera che affonda le radici nell’ormai antico fattaccio di cronaca relativo alla Saponificatrice di Correggio, quella Leonarda Cianciulli (1893-1970) che, disturbata quanto basta, fece ottimi biscottini con le carni di alcune conoscenti. Qui, la Cianciulli è Lea, una bravissima Shelly Winters doppiata splendidamente da Regina Bianchi, morbosamente legata all'unico figlio scampato a una lunga serie d'aborti. Al fianco della Winters, un vero e proprio stuolo di famosi: Alberto Lionello, Max Von Sydow eccellente nel doppio ruolo di travestito e commissario alle indagini, Renato Pozzetto, Laura Antonelli, nonché Liù Bosisio e Milena Vukotic di fantozziana memoria. La bizzarra scelta di Bolognini di far impersonare le vittime da maschi en travesti aggiunge un piglio grottesco a una storia oscura che si alterna al comico. Il posto al nord in cui si trasferisce la "terrona" Lea somiglia a un bislacco quadro dipinto da Jeunet e Caro (Delicatessen, 1990), al di là della coincidente tematica connessa all’antropofagia. L'orrore rustico e quotidiano di avatiana memoria pervade il lavoro di Bolognini, così come un certo gusto felliniano spinge i personaggi verso il caricaturale, escogitando la trovata di trasformare le vittime travestite in successivi carnefici. Peccato il ritmo che, in alcune situazioni, Bolognini fa calare a livelli mal sopportabili con prevedibili conseguenze sulla tensione, tenuto anche conto della complessiva lunghezza del film. Quello che vince su tutto, comunque, è l'atmosfera malsana di provincia e il trovato equilibrio fra orrore e grottesco. Molto bello il motivetto malinconico fischiettato ("Vita vita" cantata da Mina e scritta da Jannacci) e ben dosati i momenti di sangue neppure troppo velati, anche se non è il sangue il punto forte di questo horror. Il nudo integrale di Antonio Marsina e, soprattutto, quello della Vukotic sono di culto; tra l'altro, il corpo della Vukotic non era affatto male e l’attrice, nel tempo, ripeterà il déshabillé: Verdone che scambiò ‘na sorca per un par de mutande lo sa. Gran bollito è una pellicola ingiustamente poco nota che andrebbe recuperata, affascinante sia per chi ama l'horror e il cinema italiano di genere, sia per il pubblico meno informato in vena di visioni non comuni.
TRIVIA
Mauro Bolognini (1922-2001) dixit: “Luigi Zampa mi ha insegnato così tanto. Allo stesso tempo mi terrorizzava perché ero estremamente timido, mentre lui aveva una natura forte ed estroversa. Continuavo a pensare tra me e me: "Non riuscirò mai a fare questo lavoro! Non avrò mai la forza che ha lui". Ogni volta che mi chiamava, arrossivo e cominciavo a tremare senza motivo” (IMDb.com).
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Mauro Bolognini
Durata, fotografia
115', colore
Paese:
Italia
1977
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
