I, zombie

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Voto:

Avventuratosi in campagna, David (Dean Sipling) scopre in una casa abbandonata una donna scossa da convulsioni che finirà per morderlo. David si trasformerà in uno zombi sui generis: la sua lucidità mentale rimane inalterata; però, la voglia di carne umana è incontenibile. Persi tutti i vantaggi della vita normale, l’uomo si ritira in solitudine in una casa che diventa una trappola per le sue vittime.

LA RECE

Pochi mezzi e tecnica non eccelsa, ma, in ambito zombi, lo spostamento del focus dai sopravvissuti al morto vivente e alla sua emotività è interessante.

Low-budget britannico che tenta di spostare il focus dell’attenzione degli zombi-movie, generalmente fissato sui sopravvissuti, sulla putrida sorte che tocca ai contaminati facendo un passo verso il body horror. La messa in scena è poveristica e le location limitatissime ma questo dona una certa aria d'autenticità a un film che mira a descrivere l’emarginazione di un diverso al massimo grado: vedere il protagonista che si rotola a terra in preda alle convulsioni che anticipano il raptus cannibalico crea un certo disagio nello spettatore che rimane combattuto tra sentimenti di pietà, ribrezzo ed empatica compartecipazione alla solitudine di David. È proprio quest’ultima che viene sottolineata più volte dal regista, anche produttore e sceneggiatore. La solitudine rende David ancor più reietto: il carico da cento viene messo da continui flashback e allucinazioni che pongono il protagonista ancora al fianco della sua ex ragazza. Un po' gratuita la scena della masturbazione ma David che piange disperato con il pene in mano dopo che gli si è staccato è un’immagine potente e solo parzialmente ridicola. Interessante il susseguirsi delle allucinazioni come tecnica per spiazzare lo spettatore che "perde" la lucidità mentale unitamente al protagonista. Meno interessanti, invece, le interviste pseudo-documentaristiche all'amico che, per aggravare la situazione, si fa la ex di David. Andrew Parkinson costruisce un prodotto più potente nell'idea e nelle intenzioni che nella realizzazione, messo in scena con pochi mezzi ma molta buona volontà da parte di chi vi ha partecipato; mancano i soldi, mancano un po' di attori e l'attenzione allo script che avrebbe evitato momenti morti e irreali come, ad esempio, la scena nella quale Sara, dopo un appuntamento, entra in casa e va dritta come una lippa a sedersi per leggere un libro. Pur con tutti i limiti, la prima fatica di Parkinson risulta di qualche interesse ma difficilmente piacerà al mainstream. Di Parkinson si vada a recuperare il suo corto nel portmanteau Little deaths (2010).

TRIVIA

Andrew Parkinson (1959) dixit: “Essendo uno che scrive, dirige e monta, alla fine ero piuttosto ubriaco di materiale. Quello che avrei dovuto fare era organizzare due o tre proiezioni con persone che sarebbero state abbastanza critiche da mettermi contro il muro e dire: "Guarda, amico...". La prima volta che vedi il tuo film con un pubblico, impari un sacco di cose. […] E ti dico che, seduto a Cannes, era tutto molto chiaro. È stata un'esperienza davvero dura e demoralizzante ma bisogna vivere, imparare e andare avanti” (mjsimpson-films.blogspot.com)

⟡ Il DVD distribuito in Italia dalla Mondo Home Ent. riportava questa sinossi: "Un giornalista investigativo, inviato per una ricerca tra le rovine nel deserto, viene improvvisamente attaccato da una donna in apparenza morta e, comunque, orrendamente mutilata". La trama indicata è stata sicuramente scritta da qualcuno che non ha mai visto il film, dato che il protagonista non è un giornalista, men che meno investigativo, non viene mandato nel deserto ma va in un bosco fuori città (siamo in Gran Bretagna) e la donna non lo attacca, non sembra morta e non è mutilata.

Titolo originale

I, Zombie - A Chronicle of Pain

Regista:

Andrew Parkinson

Durata, fotografia

85', colore

Paese:

UK

Anno

1998

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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