Insidious: l'Ultima Chiave
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Voto:
Non sequel ma prequel che scava nelle radici biografiche di Elise Rainier, la medium interpretata da Lin Shaye; meccanismo ormai rodato nei franchise horror e adatto a fare della semplice narrativa dei film un folklore, un’espansione mitologica. Prologo ambientato nel 1953, nella casa d'infanzia di Elise: la bambina manifesta precocemente capacità medianiche che la mettono in contatto con presenze ultraterrene. Il padre Gerald, autoritario e violento, reagisce con brutalità punitiva a queste manifestazioni paranormali. Durante una di queste punizioni, Elise apre inconsapevolmente un portale verso un'altra dimensione - il Further, l’Altrove, lo spazio liminale tra vita e morte che costituisce il cuore concettuale dell'intera saga. Da questa breccia emergerà un'entità demoniaca, KeyFace. Scappata da quella casa, ora è il momento di tornarci col supporto dei suoi collaboratori Specs e Tucker (Leigh Whannell, Angus Sampson), che forniscono l'alleggerimento comico standard del franchise. Lo spettacolo è tipicamente quello dell’horror mainstream che punta le sue carte più importanti sullo spooky fest e, come vuole il thriller gotico contemporaneo, fa di spazi e architetture specchio delle geometrie psichiche angosciate. Fin qui nulla di originale. Il film compie il suo scatto in avanti nel momento in cui scrive KeyFace come manifestazione esternalizzata di dinamiche abusive già presenti nella struttura familiare. Il padre di Elise incarna una mascolinità tossica che usa l'autorità domestica per giustificare la brutalità; il demone amplifica e perpetua questa violenza oltre la morte biologica del genitore. Le chiavi, strumento distintivo dell'entità, sono strumento di controllo, della capacità di imprigionare anche la voce: pare proprio una metafora esplicita del silenzio imposto alle donne vittime di abuso, l'impossibilità di testimoniare il trauma. Piace, altresì, che l’eroina di questo franchise, la final-girl, a differenza di buona parte degli horror (se non tutti!) sia una donna anziana, classe 1943: Elise non è la giovane vittima sessualizzata né la madre protettiva e sfugge a stereotipi generazionali. Il Further si conferma dimensione intermedia tra esistenza e morte che funziona come rappresentazione dell'inconscio: i demoni che lo popolano sono manifestazioni di traumi irrisolti, sensi di colpa, violenze sepolte; inoltre, esso richiama l'iconografia del Purgatorio riletto attraverso la sensibilità dell'horror contemporaneo. Al di là di queste notazioni, la terza istallazione del franchise opera, come detto, dentro i parametri consolidati dell'horror paranormale contemporaneo: jump scares, sound design con rumori improvvisi e fotografia con tonalità desaturate. Robitel (Escape Room, 2019), insomma, dimostra competenza ma non sviluppa un linguaggio visivo distintivo; tuttavia, il franchise continua a farsi apprezzare evitando eccessi splatter e privilegiando una costruzione atmosferica in sintonia con la tradizione gotica. Bene così.
Fast rating

Titolo originale
Insidious: The Last Key
Regista:
Adam Robitel
Durata, fotografia
109', colore
Paese:
USA
2018
Scritto da Exxagon nel novembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
