Interno di un convento

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Voto:

Italia, primo Ottocento, convento di suore. La superiora fa di tutto per evitare che le consorelle cadano nel peccato ma il sesso riuscirà lo stesso a infiltrarsi, ora con l’aspetto di maschi, poi di sogni ma anche con la forma di dildo blasfemi. La situazione sfugge di mano: il luogo di Dio e di preghiera si trasforma in una grotta in cui risuonano echi di piacere.

LA RECE

Non il miglior Boro ma una certa eleganza di rappresentazione al suo erotismo gliela si riconosce. Qualche picco blasfemo è coraggioso.

Walerian Borowczyk fu il maestro dell'erotismo cinematografico polacco e i suoi lavori si diffusero contemporaneamente a quelli di altri registi che provavano a conciliare art house ed erotismo. Fra Jean Rollin e Jesus Franco, il quale, comunque, non si avvicinerà mai al cinema d’essai, Borowczyk fu il regista che riuscì a produrre i film meno grossolani: la Bestia (1975), i Racconti immorali di Borowczyk (1974) e il più tardo Regina della notte (1987). È chiaro che in un film come Interno di un convento, vagamente ispirato a “Passeggiate Romane” di Stendhal, è difficile rilevare e marcare un limite preciso fra essai e sexploitation; tutto dipende da quanto la nostra attenzione possa rimanere concentrata su una certa eleganza di messa in quadro, sul buon uso della fotografia di Luciano Tovoli, sulle luci che entrano dalle finestre e illuminano i volti, sull'uso dei colori; oppure, rimanere rapiti dai nudi che, fra l'altro, non sono così abbondanti. Però, non che ci si vada troppo per il sottile: full frontal, brevi primi piani dei genitali, un amplesso in cui non si vede nulla, suore che si masturbano ognuna a proprio piacimento (con le mani, con un violino, e altro) ma, soprattutto, se possedete la versione non censurata, potrete vedere una suora che usa un dildo che sulla punta ha il volto di Gesù. Oplà. Nella trama principale s’innestano dei sub-plot che riguardano le stigmate e una suora persuasa del fatto che Cristo faccia l’amore con lei. Insomma, il buon Gesù, qui, non se la passa affatto male. Borowczyk chiude l’argomento mente-corpo nelle quattro mura asfittiche di un convento nel quale essere creature di carne ed ossa è un male, e l’anelito è mortificare quel soma per elevare unicamente lo spirito. L’anelito e la perdizione. L’anelito è la perdizione. Dal convento prigione non ci si salva ma il buio della solitudine lo si squarcia con lo sguardo voyeuristico, con la masturbazione spiata dalle consorelle e dallo spettatore. Erotico cupo ma anche poco ritmato. Non siamo certo ai livelli de la Bestia ma l’erotismo di Boro non è roba da gettare alle ortiche. Poi, certo, il potenziale pruriginoso dell’ambiente monacale è materia soggettiva.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Regista:

Walerian Borowczyk

Durata, fotografia

71', colore

Paese:

Italia, RFT

Anno

1978

Scritto da Exxagon nell'anno 2009; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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