Invasione degli ultracorpi
Voto:
Alcune persone di Santa Mira affermano che i loro familiari non siano più gli stessi, in qualche modo sono cambiati. Il dottor Bennell (Kevin McCarthy) è scettico ma quando lo scrittore Belicec (King Donovan) gli mostra uno strano corpo umano, le cose iniziano a prendere una piega diversa. I baccelli nei quali i corpi si formano sembrano capaci di duplicare perfettamente una persona senza, però, creare in loro nessun calore umano. In breve, tutti i cittadini di Santa Mira vengono replicati con relativa eliminazione degli originali. Bennell prova a fermare l’invasione ma la cosa risulta ostica.
LA RECE
Capolavoro del cinema della paranoia, dalla metafora circa la Minaccia Rossa alla diffidenza più lata verso noi stessi, quello che possiamo diventare o, forse, siamo già. Must fantahorror.
Tratto dalla novella "The Body Snatchers" (1955) di Jack Finney, Invasione degli ultracorpi fu uno dei migliori horror fantascientifici degli anni '50, ritenuto giustamente un capolavoro del cinema della paranoia. Nonostante non fosse stato il primo a descrivere un'invasione aliena mirata all'eliminazione della razza umana (vedi la Guerra dei mondi, 1953, e derivati), il film di Siegel fu, comunque, il primo a mettere nero su bianco il clima di paranoia tipico della società americana nei confronti della minaccia comunista esaltata dalla politica maccartista. Non solo. Gli alieni del film incarnavano alla perfezione la duplice paranoia di un nemico rosso alle porte ma anche interno, nella figura del delatore pronto a denunciare alle autorità ogni afflato filocomunista. L'Invasione degli ultracorpi è un fantascientifico senza armi o astronavi in atterraggio, di fatto è un fantascientifico in cui il meccanismo di invasione è quasi secondario. La storia esordisce sopitamente in una ridente cittadina americana progettata sul modello capitalista; in questo luogo di sogno, emerge un incubo che può avere luogo solo durante il sonno stesso, dato che si viene clonati mentre si dorme. Invasione degli ultracorpi, in effetti, usa in maniera centrale le paure legate alla notte e al sonno, e l'equazione che, invece, lega il giorno e la veglia alla razionalità: di notte i baccelli operano per sottrarre mente e corpo degli umani, ma di giorno tutto sembra nella norma e le spiegazioni che offre la mente per spiegare l'inspiegabile cadono nel campo del razionale. Ciò finché l'incubo notturno non invade anche le ore diurne e il protagonista si trova proiettato in una condizione paranoide che lo vede denunciare una minaccia che nessuno percepisce. La middle-class americana post bellica, incentrata sul nucleo familiare composto dal bravo maritino e dalla perfetta casalinga, viene messa in crisi da un invasore, che poi è la tipica sorte che accade ad ogni sistema chiuso. La brillante proposta del film di Siegel è scegliere come mostro invasore non una creatura orribile che avrebbe rimarcato l’appropriatezza del sistema aggredito, bensì un clone iper-positivo: gli alieni sono operosi, ordinati, tranquilli, non violenti. Peccato che, come prodotti industriali, essi sono privi di emozioni e individualità in misura assai maggiore di quanto lo fosse la placida e sorridente middle-class. Invasione degli ultracorpi non è, quindi, solo un film sulla paranoia anti-sovietica ma anche un film sull'orrore che possiamo avere di noi stessi, di ciò che potremmo diventare o siamo già; è, in definitiva, un film sulla paranoia e sulla paura in senso universale, quindi sempre attuale. Saturo di significati, il film non scorda di essere un fantascientifico d'intrattenimento: il ritmo è sostenuto e anche conoscendo a priori lo sviluppo della trama, l'evoluzione della faccenda rimane assolutamente intrigante. Kevin McCarthy, un attore che godrà di una lunghissima carriera, è qui nel suo film di maggiore successo e indossa con capacità i panni dell'uomo contro il mondo; al suo fianco, la bella e brava tedesca Wynter con una futura carriera più che altro televisiva. Don Siegel, noto per la sua dimestichezza con il cinema d'azione, racconta la storia senza sbaffi, senza annoiare e senza lasciare aperte porte concettuali. Non sarà un caso che Clint Eastwood abbia detto che ogni cosa appresa sulla regia, l’abbia appresa da Siegel. Invasione degli ultra-corpi è, e rimane, un piccolo gioiello della fantascienza-horror della metà del XX secolo rifatto tre volte: Terrore dallo spazio profondo (1978), Ultracorpi: l'invasione continua (1993) e the Invasion (2007). La versione del ’93 venne tenuta in naftalina per un anno dalla Warner e poi buttata nei cinema bruscamente: peculiare affidare la regia ad Abel Ferrara che, tuttavia, rilesse non male il mito anni ’50 anche grazie alla bella fotografia di Bojan Bazelli che virò da colori autunnali e romantici a toni notevolmente più scuri, indirizzandosi verso la metafora di un’emergente sessualità adolescenziale che si vuole svincolare dal mondo degli adulti guasto dietro una maschera di normalità e valori morali al collasso; la voglia di Ferrara di darla vinta alla vis giovanile porta il film verso un finale cautamente positivo, a differenza dei film precedenti. Per Invasion, invece, venne chiamato a operare il regista Oliver Hirschbiegel (la Caduta, 2004); peccato che il produttore Joe Silver non gradì troppo i primi girati e chiamò le sorelle Wachowsky (Matrix, 1999) per riscrivere la sceneggiatura e James McTeigue (V for Vendetta, 2006) per girare nuove scene. Il risultato piacque poco al pubblico, nonostante il visino di richiamo di Nicole Kidman: poco riuscita l’idea di eliminare del tutto i baccelli, elemento iconico del franchise. L’invasione biologica virus-simile pare, tuttavia, rispondere meglio ai moderni timori apocalittici (e pre Covid!), infatti, qui, la lettura metaforica riguarda il disgregarsi della sicurezza sociopolitica planetaria. Il clima paranoico è tuttavia attenuato e il finale conciliante con i militari che ci mettono una pezza pare dissonante e paradossalmente in linea con i fantahorror anni ’50 nei quali veniva palesato che la fiducia verso le istituzioni può essere la soluzione di molti mali. Limiti del cinema mainstream. Il film di Siegel del ’55 rimane il vero riferimento per il cinefilo.
TRIVIA
Donald “Don” Siegel (1912-1991) dixit: “La maggior parte dei miei film, mi dispiace dirlo, si basano sul nulla. Perché sono una puttana. Lavoro per soldi. È l’american way. […] Una volta dissi a Jean-Luc Godard che aveva qualcosa che avrei voluto: la libertà. Lui mi disse: "E tu hai qualcosa che vorrei io: il denaro"” (IMDb.com).
⟡ Il finale della novella di Finney è diverso. La durata della vita delle persone replicate era breve e i baccelli non potevano riprodurre una persona già replicata. Tutte le persone della Terra vengono replicate ma ciò esita in un pianeta Terra deserto di persone e pieno di baccelli che non hanno più nulla da duplicare.
⟡ Negli anni, il regista Peckinpah, che nel film è impegnato in una particina, affermò di aver messo pesantemente mano alla sceneggiatura. Diversi membri dello staff, però, dichiararono che le variazioni apportate da Peckinpah si sarebbero limitate a qualche frase riscritta. Le affermazioni di Peckinpah divennero così boriose che il vero sceneggiatore, Daniel Mainwaring, minacciò di denunciarlo alla Writers Guild of America e così Peckinpah evitò altri commenti.
⟡ Il finale originale voleva che il protagonista arrivasse sull'autostrada urlando alle persone in macchina: "Tu sei il prossimo!". La produzione, però, volle un finale più ottimistico in cui gli sforzi di Binnell mostravano di andare a buon fine. Si creò quindi un incipit in cui il protagonista racconta gli eventi ai dottori e una chiusura in cui i medici si convincono dell'esistenza dei baccelli e chiamano l'FBI.
Titolo originale
Invasion of the Body Snatchers
Regista:
Don Siegel
Durata, fotografia
80', b/n
Paese:
USA
1955
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
