Ju-on - Rancore
Voto:
Una casa, prima abitata da un uomo suicidatosi dopo aver ucciso moglie e figlio, è ora occupata da una nuova famiglia alla quale Rika (Megumi Okina) fa visita in veste di assistente sociale per accertarsi delle condizioni di salute di una vecchina. Sempre nella casa, la ragazza scopre che in un armadio è stato nascosto un bambino; liberando il bambino, Rika libera anche la “maledizione del rancore”. Infatti, come recita una leggenda giapponese, quando una persona che prova rancore muore, si crea una maledizione che si diffonde a coloro che entrano in contatto con il morto.
LA RECE
Insieme a Ringu, l'altro grande pilastro del j-horror mainstream; i due generarono un successo planetario per l'horror orientale, anzi, di fatto lo sdoganarono. Il film resta una gran bella collezione di scene spaventose.
Il titolo originale, che vede la presenza di un numero cardinale, va spiegato. Nel 1998, Shimizu girò due dei quattro episodi dell’horror direct-to-video School ghost story G che, già in nuce, presentavano le tematiche poi divenute famose tramite la serie Ju-On, la quale esordì nel 2000 con un primo e, di seguito, un secondo episodio a basso budget pensati per l’home video. Ju-On 3, di fatto, è una rielaborazione dei suddetti film operata, invece, per il grande schermo, seguita velocemente da Ju-On 2: Gekijô-ban (2003) poiché, per aggiungere confusione, si è etichettato il film del 2002 come capostipite, benché non lo fosse. Il successo di pubblico portò al remake statunitense the Grudge (2004), sempre diretto da Shimizu, a cui seguì the Grudge 2 (2006) e the Grudge 3 (2009). Inoltre, Shimizu ha anche supervisionato Ju-On: girl in black (2009) e Ju-On: old lady in white (2009), oltre ad aver diretto il videogioco Ju-On: the grudge (2009). Come se non bastasse, nel 2014 è uscito il reboot Ju-On: the beginning of the end (2014) e il suo sequel Ju-On: the final curse (2015) a cui è seguito Sadako vs Kayako (2016) con il quale la serie Ju-On incrociava quella di Ringu (1998). Insomma, la regola è spremere fino alla demenza un soggetto che ha provato di piacere moltissimo al pubblico, e che avrà grande influenza su tutto il cinema horror internazionale, divenendo modello di punta per lo specifico genere j-horror. Ma cos’aveva da offrire di così valido Ju-On da meritare tanto seguito? Shimizu non fece che cavalcare l’onda generata dal successo di Ringu, altra pellicola abitata da un onryō (fantasma vendicativo della tradizione nipponica), film che diede sostanzialmente il via alla new wave nipponica horror poi nota come J-horror. Benché Ju-On recuperi diversi elementi offerti dal film del ’98, compì anche un balzo in avanti rispetto alle dosi di paura somministrate; infatti, il lavoro di Shimizu è rimasto per diverso tempo uno degli horror più inquietanti in circolazione, con quel suo bambino che spunta improvvisamente ovunque e tutta una serie di situazioni e particolari profondamente sconcertanti che facevano del film uno spooky fest di tutto rispetto. Le trovate orrorifiche di Ju-On, copiate ad nauseam da molte pellicole orientali e da altrettante occidentali, hanno prodotto una certa assuefazione e desensibilizzazione nel largo pubblico. Se i meccanismi della paura, almeno un tempo, funzionavano a menadito, e alcune sequenze sono andate a dipingersi come quadri memorabili nella storia dell’horror, tuttavia non tutti gli ingranaggi ruotano perfettamente. Ju-On, figlio della sensibilità del Sol Levante e degli originali lavori che funzionavano come episodi interconnessi da una sottile trama, riflette questa disomogeneità narrativa. Il plot non sempre è chiaro e il regista si disinteressa di dipanare il mistero dell’origine del mortifero rancore. La struttura temporale non lineare della pellicola genera non poche difficoltà di comprensione nello spettatore, soprattutto quello occidentale che già ha il suo bel da fare nel ricordare volti e nomi. Ju-On risulta, quindi, come una specie di collage di riuscitissimi momenti di tensione e indiscutibile paura. Il comparto tecnico non brilla, fotografia ed effettistica compresa. Rimane, però, la bella impressione, per chi ha avuto la possibilità di vedere il film al tempo in cui fu prodotto, di aver assistito a un nuovo linguaggio filmico del terrore che tantissima influenza avrà su molti lavori, e non solamente orientali. Cult non perfetto ma, in ogni caso, cult, e inserito, giustamente, fra i 1001 film da vedere prima di morire indicati da Steven Schneider.
TRIVIA
⟡ Spesso si sente miagolare lo spirito di Toshio; ciò, non solo il suo spirito si è fuso con lo spirito del suo gatto defunto Mar, ma anche perché una vecchia leggenda giapponese sostiene che gli spiriti dei bimbi dannati diventino randagi e, di conseguenza, miagolino. ⟡ L’attrice Yuya Ozeki è ailurofobica, ovvero terrorizzata dai gatti, e perciò ogni scena che la vedeva accanto a Mar, il gatto di Toshio, risultò un tormento per il regista. ⟡ Sam Raimi, terrorizzato da questo film, si affrettò a suggerire alla Sony di acquistare i diritti per poterne realizzare il remake. ⟡ La casa utilizzata nel film non era un set costruito, ma una vera e propria location che dovette essere affittata. La casa divenne un'attrazione turistica in seguito alla popolarità del film. La casa fu demolita nel 2019. ⟡ La storia che va a strutturare Ju-on è relativa al mito di Oiwa, un noto onryō della tradizione nipponica. Oiwa fu una casalinga sfigurata e brutalmente assassinata dal marito infedele, poi tornata a perseguitarlo e spinto a uccidere la sua nuova compagna. Secondo la leggenda, la sua storia è accompagnata da una maledizione, e chi la racconta andrà incontro ad incidenti e persino alla morte. L'aspetto sfigurato dell'onryo è probabilmente ciò che ha ispirato il look di Sadako Yamamura in Ringu. ⟡ Il motivo per cui i Saeki hanno un gatto nero come animale domestico è che nel folklore giapponese si dice che possedere un gatto nero porta fortuna, ciò in netto ed ironico contrasto con la sorte che toccherà loro. ⟡ Lo scrittore Kei Ohishi ha pubblicato una novellizzazione di questo film nella quale viene espansa la storia pregressa di Kayako. ⟡ Benché Kayako sia una onryō, presenta anche caratteristiche tipiche dei ragni: striscia fuori da piccoli spazi scuri o fuori dal sacco della spazzatura in cui Takeo l'ha infilata, riferimento ai bozzoli dai quali nascono i ragni. Inoltre, è impossibile sfuggire a Kayako come la preda non può sfuggire dalla ragnatela. ⟡ La nota scena nella quale Kayako attacca un personaggio nascondendosi sotto le lenzuola è ispirata alla vecchia leggenda urbana giapponese della Ragazza negli Interstizi che racconta di un fantasma che si dice entri nel nostro mondo solo attraverso piccoli spazi vuoti nel mondo reale. ⟡ Per il film non sono stati usati effetti digitali o protesici. Le contorsioni di Kayako sono tutta farina del sacco della ballerina e contorsionista Takako Fuji. ⟡ Il body count si attesta a 17, gatto compreso.
Titolo originale
Ju-On 3
Regista:
Takashi Shimizu
Durata, fotografia
92', colore
Paese:
Giappone
2002
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
