Ringu

Voto:

In Giappone avvengono strani decessi; sulle vittime, nessun segno di violenza. La giornalista Reiko (Nanako Matsushima) viene a sapere che gli ultimi defunti avevano guardato una misteriosa videocassetta, dopodiché una telefonata li aveva avvertiti che sarebbero morti entro sette giorni. Reiko, entrata in possesso della videocassetta, la guarda. Il video mostra immagini sgranate e surreali. Poi squilla il telefono e l'incubo comincia.

LA RECE

Pietra miliare dell'horror giapponese contemporaneo, un film che ha ridefinito il genere e ispirato innumerevoli imitazioni. Orrore simbolico e onirico ma anche molto concretamente connesso ad oggetti di uso popolare e tecnologico: i media (VHS, TV) diventano veicolo di morte. A differenza del remake americano, Nakata mantiene un'ambiguità metafisica che rende il film ancora più disturbante.

Tratto dal romanzo “Rasen” di Kôji Suzuki, Ringu è il più noto J-horror fra quelli che hanno dato vita, nei primi anni 2000, alla new wave nipponica del cinema di paura o, per lo meno, il film che noi occidentali abbiamo meglio recepito, sicché il suo remake, the Ring (2002) di Gore Verbinski, è divenuto non solo un successo ma, appunto, riferimento per tutto un genere. Nonostante il lavoro statunitense sia ben realizzato e modificato al meglio per incontrare il gusto del mainstream, Ringu di Nakata rimane l'originale e perfetta combinazione di thriller e cornici orrorifiche ormai divenute iconiche, benché espresse con un’asciuttezza e una lentezza non sempre metabolizzabile dal pubblico occidentale. Nakata recupera la novella di Suzuki, in effetti già usata nel prodotto televisivo Ringu (1995), che aggiorna il vecchio tema del fantasma innestandolo nell'era tecnologica e condensando quello che una volta era il libro maledetto, la cripta o lo specchio in un semplice VHS. Il terrore, dunque, come fu per Poltergeist - demoniache presenze (1982), viene dalla tivù, amica del popolo e, contemporaneamente, motore primo della solitudine di una generazione. I fatti si svolgono in maniera lineare, gli effetti a cui si affida il regista sono semplici e la paura non arriva dall'insolito ma è presente direttamente nelle case. Dopo decenni di slasher, il sangue si riduce al minimo se non allo zero assoluto e il terrore torna alla radice verso visioni e timori ancestrali, inconsci, onirici e simbolici per quanto mediati da mezzi di comunicazione moderni. La regia di Nakata privilegia la suggestione all'esplicito, costruendo il terrore attraverso inquadrature statiche, suoni disturbanti e un'estetica influenzata tanto dal folklore giapponese quanto dai kaidan-eiga (film di fantasmi) tradizionali. L'iconica sequenza finale, con Sadako che emerge dal televisore strisciando in un movimento innaturale, ha rivoluzionato l'immaginario horror, evocando il potere inquietante dello schermo come portale tra mondi, simile a quanto teorizzato da David Cronenberg in Videodrome (1983). Più di Sadako, però, è il filmato maledetto, di cui si offre la visione come extra se acquistate il DVD, il vero vettore di inquietudine. Pur potendo rintracciare agilmente horror orientali meglio realizzati tecnicamente (Two sisters, 2003) o più terrorizzanti (Ju-On, 2002; Pulse, 2001) o, ancora, più curiosi (Uzumaki, 2000), a Ringu va riconosciuta una seminalità che influenzerà diversissimi horror, non solo giapponesi, nei successivi vent’anni, perciò meritatamente inserito da Steven Schneider fra i "1001 Film da vedere prima di morire". Il lavoro di Verbinski - il remake horror di maggior incasso nella storia superato poi da It (2017) - sdoganò i fantasmi infarinati e aprì le porte occidentali alla moda, poi divenuta sfiancante, dei rifacimenti J-horror o K-horror. I meno avvezzi ai ritmi nipponici, quindi, facciano pure riferimento al remake se cercano intrattenimento e qualità filmica, benché Ringu sia la fonte e il suo filmato maledetto più inquietante di quello proposto da Verbinski poiché meglio caratterizzato dal gusto nipponico per l’irrazionalità. Dal film emergono sequel: the Spiral (1998), Ringu 2 (1999), Ring 0: Birthday (2000); quindi, per rinverdire il franchise, si tenta la terza dimensione (Sadako 3D, 2012; Sadako 3D 2, 2013) e la commistione con la saga di Ju-On con la Battaglia dei demoni (Sadako vs. Kayako, 2016). Esiste anche un remake coreano: Ring (1999).

TRIVIA

⟡ Il titolo del film e del libro, più che riferito alla circonferenza del pozzo (cosa più palese nel remake del 2002) vuole richiamare l'idea della catena delle persone che si passano il VHS ma anche, più prosaicamente, il suono del telefono che squilla per dare la ferale notizia.

⟡ L'effetto di Sadako che esce dal pozzo è stato realizzato in maniera molto semplice. Rio Inou, studente del teatro Kabuki molto portato per una recitazione enfatica specialmente nei movimenti, ha studiato, insieme al regista, il modo migliore per rendere i movimenti della ragazza. Inou fu filmato mentre camminava all'indietro e, quindi, la pellicola fu montata al contrario: il risultato è la camminata innaturale di Sadako.

⟡ Il personaggio di Yamamura Shizuko è basato su una persona reale, Mifune Chizuko, nata nel 1886 nella prefettura di Kumamoto. Si diceva che Chizuko avesse il dono della preveggenza. Dopo una dimostrazione tenutasi nel 1910 fu sbugiardata e, per questo, la donna si suicidò l'anno dopo gettandosi in un vulcano. Anche il nome di Samara, protagonista del remake, è connesso a una storia tetra, “Appuntamento a Samarcanda”, narrata da W. Somerset Maugham e relativa a un uomo che incontra la Morte al mercato e scappa nella città di Samarcanda, anche detta Samarra. La storia di Samarcanda è nota in Italia soprattutto grazie all’omonima canzone di Roberto Vecchioni.

Titolo originale

Id.

Regista:

Hideo Nakata

Durata, fotografia

96', colore

Paese:

Giappone

Anno

1998

Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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