Pulse - Kairo

Voto:

Un giovane informatico non si presenta più al lavoro e, quando si va a casa sua a cercarlo, si scopre che s’è impiccato. Indagando sugli ultimi giorni del poveretto, si scopre che era riuscito a connettersi con un sito che proponeva candidamente: "Vuoi incontrare un fantasma?". Anche a un altro giovane, il PC propone lo stesso incontro ma la potenziale vittima chiede immediatamente l'aiuto di un’informatica che, con lui, cercherà di indagare sull'arcano.

LA RECE

Meditazione sul rapporto tra tecnologia e isolamento esistenziale, anticipando profeticamente l'alienazione dell'era digitale e... la solitudine è per sempre. Must.

Altra pellicola J-horror sulla quale le produzioni statunitensi hanno messo mano tramite un remake (Pulse, 2006) di più ricca rappresentazione ma, forse proprio per questo, inferiore all’originale di Kurosawa e assolutamente incongruo con la desolazione che vorrebbe e dovrebbe trasmettere una storia la cui tetra morale è: la solitudine è per sempre. Poche volte in altri J-horror, così come accade in Kairo (trad.: circuito), la sobria messa in scena e una certa lentezza d’esecuzione viaggiano in armonia con una tematica di buono spessore e, soprattutto, con alcune scene orrorifiche letteralmente indimenticabili. Benché il film del regista nipponico prenda il via da una premessa poco originale, il male in relazione alla nuova tecnologia, ciò diviene, nello svolgimento, un pretesto per mettere in scena una delle rappresentazioni della solitudine meglio riuscite in un horror. Il bravo Kurosawa, già stimato per la realizzazione del bizzarro e cupo Cure, (1997), anche in questo film riesce a concertare un affascinante stile visuale tipicamente giapponese aggiungendo un tocco immaginativo non indifferente. Dal momento che Kairo è un horror-thriller psicologico come Ringu (1998), la paura serpeggia nel film e si concentra in alcune sequenze più che esplodere in scene di sangue. I fantasmi di Pulse hanno contorni sfumati, movimenti inconsueti e la loro richiesta di aiuto è raggelante: ci sono almeno due scene in Pulse che sono passibili di rimanere incollate alla memoria dello spettatore per parecchio tempo dopo la visione; guardare il film nelle migliori condizioni possibili garantirà in più di una circostanza brividi profondi e non semplicemente salti sulla sedia. Il senso di vuota solitudine che esprime questo film, andando a toccare una delle problematiche sociali del Sol Levante ormai avvertite anche nella società Occidentale, è sicuramente l'elemento più inquietante di tutta la pellicola ed esplode in un finale apocalittico di buon impatto visivo. Poiché non tutte le problematiche sollevate vengono dipanate al termine della pellicola, questo fa rientrare Pulse fra quei film orientali, non pochi, che lasciano lo spettatore alla sgradevole ma affascinate sensazione di non aver compreso tutto. Seppur Kairo, Ringu e Ju-on (2002) siano fra i film più importanti del rinascimento horror orientale, la pellicola di Kurosawa supera quella di Nakata e di Shimizu per uno spessore concettuale impossibile da rintracciare nelle altre due pellicole. Nonostante un certo impianto disadorno, in fin dei conti neppure così sgradevole, Pulse si va a collocare agilmente nel novero delle pellicole orientali di genere horror migliori proprio per la sua capacità di trascendere i tropi horror convenzionali per esplorare ansie culturali specificamente giapponesi ed ora planetarie, come l'hikikomori che trova nel film una drammatizzazione spettrale; un'intuizione che rende il film non solo un piccolo capolavoro del cinema horror. Consigliatissimo all’appassionato e non solo, ma il mainstream potrebbe non gradire ritmi e desaturazioni.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Kairo

Regista:

Kiyoshi Kurosawa

Durata, fotografia

118', colore

Paese:

Giappone

Anno

2001

Scritto da Exxagon nell'anno 2007 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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