Lui è tornato

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Voto:

Adolf Hitler (Oliver Masucci) riappare frastornato, grazie a un balzo temporale, nella Germania del 2014, e viene ingaggiato dal regista amatoriale Fabian (Fabian Sawatzki), che lo crede un imitatore mitomane, per realizzare un video-documentario. Hitler buca il video e diventa subito un applaudito personaggio tv, mentre ben pochi comprendono che si tratta davvero dello storico dittatore per nulla cambiato rispetto al passato.

LA RECE

Tragicommedia con un Führer poco somigliante all'originale ma che, pur dissimile, ottiene la medesima attenzione dal popolo. Riflessione e intrattenimento. Niente male.

Non che non si sia già provato a catapultare qualche nostalgico nel presente (Good bye Lenin!, 2002) o che qualcuno non ci abbia provato successivamente (Sono tornato, 2018) ma l’operazione di Wnendt, tratta dall’omonimo romanzo di Timur Vermes, coglie nel segno. Non nuovo a pellicole che rileggono la destra estrema nei tempi moderni (Kriegerin, 2011) o che mescolano dramma umano a situazioni comico-grottesche (euchtgebiete, 2013), il regista tedesco, qui, s’inventa un pastiche di situazioni tragicomiche che vedono al centro nientemeno che il Führer, con un fine che, ov-viamente, non sorprende: sottolineare, con innumerevoli situazioni dal gusto anche troppo didascalico, che l’Europa, o almeno la Germania odierna, è sufficientemente pronta al ritorno dell’uomo forte e non ha appreso granché dei drammi passati. Già meglio l’idea di montare situazioni puramente filmiche ad altre guerrilla-style improvvisate in mezzo alla gente che accolgono con simpatia l’attore Masucci (tra)vestito da Hitler senza poi assomigliargli troppo, ma portandolo davanti alla cinepresa con grande convinzione ed energia, tanta da mettere in ombra il resto del cast. Ancora meglio alcune gag verbali del dittatore e altri suoi discorsi che, in modo sinistro, lo rendono simpatico allo spettatore come alla platea nazionale germanica: la sua retorica contro la mollezza e l’imbecillità dell’Occidente sembra quasi incontestabile ma, ovviamente, è stratagemma retorico per poter poi iniettare nel discorso le solite soluzioni da campo di concentramento. Di tante sequenze, e di un film che dopo la prima mezz’ora sembra tentennare in sceneggiatura nonostante le ironie e le citazioni (La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler, 2004), il pezzo meglio riuscito è l’imponderabile silenzio del Führer davanti alle telecamere con tutta una nazione che, ancora, pende dalle sue labbra. Una roba del genere, in Italia, l'aveva fatta solo Celentano a Fantastico negli anni '80; insomma, per dare le misure. Pur potendo limitarsi al film d’essai, ovvero al pezzo di cinema che indaga e porta avanti una tesi, Wnendt s’inventa un finale che mischia i piani narrativi in maniera curiosa e gradevole. Film ben fatto, non facile da gestire in Germania, mai noioso e passibile di piacere un po’ a tutti.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Er ist wieder da

Regista:

David Wnendt

Durata, fotografia

116', colore

Paese:

Germania

Anno

2015

Scritto da Exxagon nell'anno 2019; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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