Maladolescenza
Sconsigliato
Voto:
Laura e Fabrizio (Lara Wendel e Martin Loeb) s’incontrano di nuovo dopo un anno di scuola per passare le ferie insieme. Rispetto all'anno precedente qualcosa è cambiato: i due hanno voglia di fare sesso. Fabrizio, però, è un po' svalvolato e, più che approfittare della devozione di Laura che per lui è disposta a tutto, si perde in giochetti sadici. La cosa peggiora quando si unisce al duo la perfida Silvia (Eva Jonesco). Fabrizio e Silvia si uniscono e maltrattano ripetutamente Laura. Fabrizio diventa sempre più inquieto e non accetta che il termine dell'estate equivalga all'abbandono di quel luogo di felicità.
LA RECE
Al di là della critica cinematografica, leggete la nota in calce e valutate, individualmente, se dedicare il vostro tempo a un lavoro che è stato recusato dalla protagonista e condannato (all'estero) come prodotto pedopornografico.
Casus belli fra recensori ed opera “maledetta” di Pier Giuseppe Murgia, scrittore sardo alla sua opera prima, che poi sarà il regista di programmi quali Chi l'ha visto? e serial tv. Triste caso, in sintesi, di una pellicola che vorrebbe essere art house e non lo è, che vorrebbe scattare un ritratto perturbante dell’infanzia e della sua sessualità, e invece impone all’infanzia il linguaggio lascivo dell’età adulta. E tralasciamo il sentore, vago ma presente, dell’arroganza di certe posizioni intellettuali alle quali tutto deve essere concesso perché tutto sanno razionalizzare a loro uso e consumo. Girato in Boemia per aggirare la censura, Maladolescenza si salva dal pattume perché gli si riconoscono alcune qualità tecniche fra le quali la fotografia (o, meglio, lo sforzo di ricercare un certo lirismo d’immagine), una discreta colonna sonora e lo sforzo dei tre ragazzini di recitare in modo passabile. Il tutto dovrebbe essere una fiaba metaforica sulla difficoltà di abbandonare l'adolescenza, sullo scivolamento dall'innocenza al peccato, quindi all'età adulta e poi alla morte. Eros e thanatos: trionfo dell’originalità. La selva oscura nella quale ci si smarrisce ma anche un non-luogo avulso dallo spazio-tempo. Poi, ancora, l’assenza degli adulti, il cane come simbolo di una vis istintiva, i serpenti che percorrono il corpo come il peccato che si va insinuando fra i bambini. Che deliziosa poetica. Ci si mette anche Barbara Alberti in sceneggiatura ad elevare lo spessore dei dialoghi. Benone. Poi qualcuno mi spiegherà quale significato ellittico dovrei scorgere nella povera Ionesco, fin da piccola messa davanti alla macchina fotografica di e da mamma Irina per realizzare scatti erotici, che cavalca il prepubere Loeb, si sbatte a destra e a manca mentre il regista non manca di piazzare la cinepresa in una posizione tale da catturare l’immagine della vulva della bambina… di 12 anni! Siamo all'exploitation più bieco, tanto più exploitation e bieco perché si veste da cinema d'arte. Il tentativo di parlare della sessualità infantile, che esiste eccome e può essere argomento filmico - Lolita (1962), E non liberarci dal male (1971), Innocence (2004), ma, volendo, anche il naturale erotismo puberale di It (2017) che si mangia in un sol boccone tutto Murgia - fallisce miseramente a causa dell’iniezione di una visione adultista e peccaminosa che piega i bambini a raccontarsi con i tormenti e le perversioni dei grandi, mancando di ampissima misura la natura delle vere esperienze sessuali infantili, anche condivise, che perlopiù sono una sintesi di eccitazione e disimpegno ma, se sane, mai connotate da bavosa peccaminosità. Raccontare l'infanzia e gli eventuali drammi di essa mostrando a più riprese bambini nudi che si seviziano, poi si spogliano e si rilassano con un po' di sesso orale, è un vero mezzuccio squallido che parla unicamente con voce adulta, e anche sì perversa. La mancanza di dialoghi incisivi, gli insensati squilibri del ragazzino - a partire da una capigliatura impietosa - la scelta di ciò che dovrebbe essere erotico (la bambina che fa pipì, suvvia!) e di ciò che dovrebbe essere crudele (uccidere un merlo, in un film come questo mancava solo la violenza sugli animali) dimostrano quanto sia posticcia e piccolo borghese la cultura di questa pellicola. Se poi Murgia aveva in mente altre cose, allora ha davvero fatto un pessimo lavoro. Come recensire Maladolescenza? Posizioni tormentate post-visione e arroccamenti moralizzanti non sembrano essere d’aiuto; pur vero che l’appello ad una critica al netto di una posizione morale sembra essere esattamente ciò che Maladolescenza, con una certa spocchia intellettuale, pretende di richiamare. D’altro canto, chi scrive, non è il più facile al turbamento. Si tratta, perciò, di conoscere alcune questioni psicologiche che, però, non c’è spazio di enumerare e che si danno per assodate; chi ha voglia, legga la saggistica sull’argomento. Qui si tratta delle conseguenze di quei presupposti. Pessima posizione cogliere il potere conturbante della Ionesco e non accorgersi che quel suo erotismo era costruito in modo posticcio da una mamma (femmina adulta) esecrabile e, in questa occasione, sfruttato da Murgia & Co. Malissimo motivare dicendo che, in fondo, di Eva si stava compiendo un destino artistico-erotico che la Ionesco avrebbe confermato con presenze nude in pellicole ormai maggiorenni. Quindi, film da mandare all’indice e bruciare nella pubblica piazza? No. Fahrenheit 451 non è mai la soluzione giusta. Tuttavia, l’operazione artistica, come gli altri fenomeni umani, non possono sottrarsi al giudizio storico. Giudichiamo male i sanguinosi giochi nel Colosseo non sulla scorta del fatto che non comprendiamo che ogni tempo ha le sue morali; li mal giudichiamo, e non li adottiamo più, perché il tempo ci ha permesso di evolvere, scoprendo valori fondamentali della vita umana che dissuadono dal farne scempio. L’evoluzione della sensibilità verso gli animali, non solo dettata da empatia ma da risultanze scientifiche, è un ulteriore buon esempio. Nella stessa misura, il tempo ha permesso un’evoluzione nella comprensione dell’infanzia, delle sue dinamiche, e di ciò che è sano fare e non fare con il nudo e la sessualità infantile; per inciso, principi clinici già ben noti negli anni Sessanta. Maladolescenza non è affatto l’unico film nella storia con spregiudicati nudi minorili ma la non idoneità del nudo dei ragazzi di questo film, e quello barocco e magniloquente della Ionesco, è confermata dal complesso percorso psicologico della Ionesco adulta e della causa intentata alla madre; i suoi nudi adulti, a saperne di psicologia, potrebbero anche parlare di un istrionismo mai scollatosi di dosso per forgiature traumatiche, tanto per dire. Oppure di un riappropriarsi di un’esibizione della propria nudità in età consapevole. La prova di tutto quanto detto è insita nella risposta omertosa a questa domanda retorica: quanti hanno visto Maladolescenza per godere di un artistico essai sulla sessualità infantile, e quanti, invece, hanno visto questo film sapendo di poter vedere scene erotiche di nudo di una dodicenne? Che poi, tolti i nudi minorili, quello che resta è di una noia abissale, ivi comprese queste polemiche che riattualizzano un problema ormai da tempo dimenticato da Murgia, Alberti, Ionesco e compagnia bella. Ci si chiede, però, in che direzione sarebbe andata la carriera di Murgia se non fosse stato schierato con il lato “buono” della critica cinematografica italiana di quegli anni, dato che quel povero Cristo di Brass, per dirne uno, ha pagato ostracismi vari per meno, molto meno. Poi dicono che le maffiette e le consorterie non contano. Comunque sia, sconsigliato.
TRIVIA
⟡ Eva Ionesco ha raccontato la sua particolare infanzia, e soprattutto la relazione con sua madre, nel lungometraggio My little princess (2011). Nell’agosto 2017, l’ormai 52enne Eva ha pubblicato l’autobiografia “Innocence” nella quale racconta la sua esperienza di bambina usata per la produzione di materiale erotico che venne anche pubblicato su riviste quali Playboy e Penthouse. Eva si è detta traumatizzata per l’essere stata esposta nel quadro di diverse attività da altri definite artistiche e, di ciò, ha principalmente accusato la madre Irina, poi condannata dal tribunale a risarcire economicamente la figlia e a cederle i negativi delle foto che la ritraevano nuda dai 4 ai 12 anni, dato che le foto sono state giudicate, al di là del loro valore artistico, “incontestabilmente lesive della dignità di Eva Ionesco”, peraltro ottenute tramite il consenso di una minore che non poteva essere pienamente consapevole delle attività praticate. Quindi, i prodotti fotografici realizzati da Irina Ionesco sono stati equiparati, almeno all’estero, a materiale pedopornografico e la corte ha riconosciuto Eva vittima di abusi da parte della madre. Alla luce di ciò, valutate in autonomia la posizione etico-morale (ma anche penale!) di Maladolescenza, film che, già ai tempi, fu mal giudicato dalla piccola Ionesco: durante un’anteprima tenutasi a Milano nel 1977, dopo la visione, Eva si disse “nauseata e scandalizzata” non avendo capito, sul set, che il film avrebbe preso una piega del genere. Sua madre Irina ne fu altrettanto scontenta, sostenendo che si aspettava qualcosa di maggiormente metafisico. La madre della Wendel, invece, in evidente obnubilamento del sensorio, sosteneva che il lavoro di Murgia avesse qualità pedagogiche, che sua figlia avesse imparato tanto sul set circa i pericoli dell’amore e della droga, e che Maladolescenza avrebbe dovuto essere proiettato nelle scuole.
⟡ Non tutto il film venne girato nei boschi boemi ma anche a Galeria antica, area protetta in pro-vincia di Roma non di rado usata come set cinematografico.
Regista:
Pier Giuseppe Murgia
Durata, fotografia
94', colore
Paese:
Italia, RFT
1977
Scritto da Exxagon nell'anno 2007; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
