la Montagna del dio cannibale

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Voto:

Susan Stevenson (Ursula Andress) organizza col fratello Arthur (Antonio Marsino) una spedizione in Nuova Guinea per trovare il marito scomparso. Foster (Stacey Keach), esperto del luogo con un passato drammatico, aiuta i due nell'impresa. L'avventura prende una brutta piega quando il gruppo incontrerà i Puka, popolo primitivo che abita la montagna del Dio Cannibale.

LA RECE

Uno dei figli de il Paese del sesso selvaggio (1972), discesa nella paranoia coloniale occidentale con la Andress, ex Bond girl, qui trasformata in una versione di Indiana Jones decisamente più carnale.

Non il più violento ma uno dei cannibal produttivamente più ricchi a partire dalla presenza di Stacey Keach e Ursula Andress, quest'ultima un po' in disarmo ma, comunque, sempre bella. Il plot riprende uno dei capostipiti del cinema d'avventura (le Miniere di re Salomone, 1950) e lo arricchisce con l'elemento erotico connesso alla presenza della signora Andress e, naturalmente, da tutti quei particolari morbosi e infimi che hanno fatto il successo del genere cannibal. Uno su tutti, il maltrattamento degli animali e altre sequenze pseudo-documentaristiche con scimmie stritolate da boa o coccodrilli a caccia. Per essere truce, la Montagna del dio cannibale lo è. Si tenta, comunque, di costruire una storia che sia preparatoria alla parte finale incentrata sull'incontro fra i protagonisti bianchi e il popolo dei Puka, un'improbabile tribù selvaggia, e ovviamente cannibale, che fa cose turpi tipo pescare serpenti da un pozzetto e cibarsene seduta stante. La prima parte del film potrebbe risultare noiosetta, così frammentata com'è fra filmati documentaristici e dialoghi non proprio ben recitati né scritti: la Andress sembra un po' spaesata, Keach, tra il serioso e il camp, regala espressioni tonte a piene mani; lui è quello più turbato poiché, in passato, aveva vissuto con i Puka ed era stato obbligato a mangiare carne umana. Ma, come di consueto, i bianchi, nella natura selvaggia, combinano solo disastri o hanno doppi fini da cinici capitalisti e, quando i nostri eroi arrivano alla montagna del titolo, salta fuori che la spedizione era tutta una scusa per accaparrarsi dell'uranio. Uranio? Addirittura? Vabbè. I Puka, ad ogni modo, non sono d'accordo: denudano e legano la Andress e la (mal)trattano come una divinità bianca mentre seviziano i maschi. Ha senso maltrattare una creatura che reputi una divinità? Ma non addentriamoci in riflessioni religiose. Nella grotta dei Puka si respira una bell’aria trash veicolata soprattutto da un fastidiosissimo nano che finisce con il cervello spalmato sulla roccia. Scena clou: un primitivo vuole farsi la Andress e fa incazzare gli altri cannibali che lo acchiappano e gli tagliano di netto il pene; questa la scena più censurata nella maggior parte delle versioni estere per un film che, altrimenti, non ha molto di sconvolgente da mostrare. La cosa più tremenda della pellicola rimane una sequenza che vede una scimmietta con la testa ficcata nella bocca di un serpente enorme che non molla la presa, mentre la poveretta si guarda intorno scioccata avvertendo la fine imminente. È la natura. Exploitation, invece, è fare di tutto perché ci sia una telecamera a documentare la secan e un pubblico a vederla. Ai conoscitori del genere piacque. Ah, colonna sonora dei Goblin, che mescola elettronica progressive e ritmi tribali.

TRIVIA

⟡ Il film fu girato in Sri Lanka e Malesia. 

⟡ Alcune scene di questo film furono usate per Mangiati vivi! (1980). 

⟡ I titoli di coda non specificano chi facesse cosa; semplicemente è un elenco di nomi che hanno lavorato al film, e questo anche perché, nelle italiche produzioni low-budget girate all'estero, tutti dovevano fare un po' tutto.

Titolo originale

Id.

Regista:

Sergio Martino

Durata, fotografia

99', colore

Paese:

Italia

Anno

1978

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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