la Pelle sotto gli artigli
Voto:
Alcune prostitute vengono uccise. La polizia inizia ad indagare nei pressi della clinica Villa Carla nella quale il luminare Ernst Helmut (Gordon Mitchell) conduce segretamente esprimenti per tenere in vita la materia morta. La vita del collega Gianni Dani (Tino Boriani) e, soprattutto, della donna di quest’ultimo, Silvia (Geneviève Audry), è in pericolo poiché, proprio tramite Silvia, Helmut vuole mantenere viva la sua defunta moglie.
LA RECE
Terribile giallo wannabe che, invece, si rivela essere un goticone erotico fuori tempo massimo, con tanto di villain medico folle che tiene donne ignude nelle segrete. Il luminare di medicina è Gordon Mitchell, e abbiamo detto tutto. Capolavoro del brutto.
Gordon Mitchell de la Croce dalle sette pietre (1987) luminare di medicina e chirurgia? Sì, quindi scult assoluto sulla fiducia. Il poco prolifico Santini dirige e scrive qualcosa che vorrebbe essere un giallo ma è soprattutto un erotic horror gotico con recupero del mad doctor come villain, con anche spennellata di tragiche sperimentazioni naziste. Il disastro incombe fin dalla prima scena che vede un figuro di nero vestito, con tanto di maschera e cappello a tesa larga - comodo e discretissimo look se si vogliano compiere crimini - aggirarsi furtivo per un cimitero pubblico con la finalità di scavare buche enormi, inosservato per ore, nelle quali occultarvici cadaveri. Citato da più parti per lo strafalcione in sceneggiatura relativo al termine “psicologhi”, la Pelle sotto gli artigli offre un ampio armamentario di brutture belle per svagare il cercatore di pellicole so bad so good: soluzioni scenografiche poveristiche, montaggio sgrammaticato e dialoghi stracotti oltre misura. Al classicissimo “Mi pare di conoscerti da sempre” si appaiano ermetici parallelismi: “Mi piace la musica, è come fare l’amore”; ottimistiche strategie sessuali: "Metterò le labbra dove le hai messe tu... è come se ti baciassi..."; scioccanti rivelazioni: "Sono una ninfomane, mi piace fare l'amore anche con le donne"; e ineffabili ritrovati scientifici: "Era tenuta in vita da straordinarie sostanze!". Abbiamo anche un pittore che, per realizzare orribili panorami naturali, necessita di due donne nude sul divano di casa per trarre un’ispirata energia. Chiamalo scemo. Attraversato a fatica un film di vago afrore polselliano e franchiano, e che ha tutto il dinamismo di un fotoromanzo potenziato da scene di sesso interpolate a casaccio con noti quadri di nudo, lo spettatore perviene a un finale da fumettone sexy-gothic con Mitchell che tiene in una rustica cantina alcune donne svestite e legate (una è pure messa in croce a testa sotto!) per far giungere a compimento il suo folle piano parascientifico. Film poco vagliato e, comprensibilmente, dimenticato, la Pelle sotto gli artigli rivede, dopo anni, la luce di una mediocre notorietà grazie al colpevole impegno di gente come me che soffre di bulimia cinematografica. Confido che, con l’avanzare dell’età, il fisiologico obnubilamento mnesico possa limitare il ricordo di ciò che ho appena visto. Invece, tenete bene a mente il suggestivo titolo del primo film di Santini che pare reclamizzare in modo poco brillante un assorbente esterno: Questa libertà di avere... le ali bagnate (1971), anche noto come Dolce pelle di donna; 'sta cosa della pelle era evidentemente una fisima.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Alessandro Santini
Durata, fotografia
107', colore
Paese:
Italia
1975
Scritto da Exxagon nell'anno 2018; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
