Philosophy of a knife

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Voto:

Film documentaristico.

LA RECE

Fra doc e drammatizzazione, pellicola non è facile da vedere, non avvincente e troppo lunga ma ha una sua innegabile forza espressiva che va al di là della ferocia delle scene rappresentate. Inadatta al mainstream e a persone sensibili.

Quattro ore, e passa, di documentario drammatizzato sulle torture inflitte dai Giapponesi dell'Unità 731 ai Cinesi prigionieri non sono cosa facile da sopportare. Ancor più se a realizzare la cosa è Andrey Iskanov, tanto visionario quanto disinteressato alla facile dimensione exploitation che potrebbe mollemente innestarsi nel turpe evento storico. Philosophy of a knife, quindi, è diverso da Men behind the sun (1987) nonostante il materiale trattato sia il medesimo. Ma cos'era esattamente l'Unità 731? Si trattava di un gruppo militare giapponese operativo dal 1936 al 1945 in Manciuria, Cina Nord-Occidentale, impegnato a testare armi chimiche e batteriologiche su civili e prigionieri, in barba a qualsiasi diritto umano o concordato di guerra. Ciò che sdegnò il mondo - per modo di dire, visto che qui in Occidente ben pochi hanno sentito parlare di questi fatti - non furono tanto gli omicidi compiuti dall'Unità ma il modo atrocemente sadico con cui furono commessi. A rinforzare quel senso profondo di ingiustizia che permea la storia umana, pochi membri dell'Unità 731 pagarono per i loro crimini: alcuni furono processati dai Russi, altri furono ingaggiati dagli Statunitensi per proseguire i loro esperimenti scientifici, si spera in modi meno inumani; buona parte dei criminali di guerra si riciclarono nelle industrie farmaceutiche o in altri ambiti di ricerca scientifica. Il film di Iskanov, a metà fra documentario e drammatizzazione, è, perlopiù, una riattualizzazione dei brutali esperimenti compiuti nel campo di concentramento. La ricostruzione delle scene di tortura è davvero brutale e sanguinosa, nonché vera: esposizione di persone nude a temperature estremamente rigide, vivisezione senza anestesia, contaminazione con agenti patogeni, inserimento di insetti nella vagina e una serie di orribili visioni di sofferenza, tante quante ne potete immaginare in 4 ore e più. L'approccio sperimentale e narrativamente non lineare del regista non stupisce, conoscendo i sui lavori (Nails, 2003; Visions of suffering, 2006). Le riprese di Iskanov sono simili a incubi viscerali con influenze provenienti dall'espressionismo tedesco, e sperimentazioni sonore che riescono a inquietare quasi quanto quelle visive. Fra suoni stridenti, gorgoglianti e un bianco e nero a tratti fosco e altre volte saturo e tagliente, Iskanov analizza, tramite lo specchio distorto della visionarietà, un episodio storico caratterizzato da un sadismo ben più distorto. Quattro anni di lavoro, 13.000 effetti sonori diversi, effetti speciali realizzati in Ucraina, riprese in Russia e registrazione della voce fuori campo effettuata in UK; Philosophy of a knife pare essere l’opera definitiva di Iskanov ma, per tema trattato, stile realizzativo e, soprattutto, per durata, il suo progetto finisce ai margini, noto solo a chi ramazza in cantina. Pellicola non è facile da vedere, non è avvincente ed è troppo lunga ma ha una sua innegabile forza espressiva che va al di là della ferocia delle scene rappresentate o, il più delle volte, funziona in sinergia con esse, anche se poi, come prevedibile, il film finisce per essere ricordato soprattutto come collezione di brutalità. Per spettatori coraggiosi e pazienti.

TRIVIA

Andrey Gennadyevich Iskanov (1976) dixit: “Come faccio film in Russia? È il tema centrale del libro “How to make something from nothing”. […] Ogni volta è come essere mandati in guerra. Quando iniziate a fare un film in Russia, nelle condizioni in cui lo faccio io, sembra che tutto l'universo vi si rivolti contro. Tutto ciò che ti sembra normale, qui è un lusso inammissibile. La Russia è un anti-mondo dove la creazione di film è una forma di guerriglia culturale. […] Posso elencare tutti i film dell'orrore (e più blandi di quanto il termine possa indicare) realizzati in Russia negli ultimi 40 anni più velocemente di quanto si possa dire Non aprite quella porta. […] Gli unici film horror che si possono fare in Russia, li si possono fare solo per conto proprio e con il proprio impegno. […] Chissà quanti anni ci vorranno perché i russi imparino a percepire i film horror come gli spettatori degli altri paesi. I comunisti, con l'aiuto dell'isolamento e della cultura, hanno selezionato geneticamente delle persone che avessero una visione del mondo che differisce strutturalmente da quella delle persone che vivono al di fuori del sistema russo” (mjfilmreviewexperiment.blogspot.com).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Id.

Regista:

Andrey Iskanov

Durata, fotografia

249', colore, b/n

Paese:

Russia

Anno

2004

Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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