Riecco Aborym

Voto:

Eddy (Antonio Andolfi) confessa alla propria amante (Margherita Di Sarno) che la collana che indossa da sempre lo preserva dal diventare un mostro demoniaco. La donna è scettica ma quando Eddy verrà aggredito in casa da tre malviventi, che gli porteranno via la collana, non ci sarà più spazio per i dubbi.

LA RECE

Il "peggiore d'Italia" torna per dare un seguito, da nessuno mai voluto, al destino di Eddy e del suo Aborym. Terribile, come sempre, però una sua eredità la lascia.

Vent’anni dopo, Andolfi ritorna grazie all’hype che la rete ha creato intorno a la Croce dalle sette pietre (1987). Riecco Aborym, quindi, è un sequel necessario secondo le stringenti logiche delle major cinematografiche. Andolfi regala ancora perle da abisso registico e recitativo, non contando un montaggio che saccheggia il precedente film in un collage di immagini il cui senso si perde nei meandri della mente del regista. Il protagonista si presenta un po’ sfatto, non recita frasi ma le sussurra, le biascica contrito, le soffia via con pause cariche di nulla come, d’altronde, gli ha insegnato il cinema italiano degli ultimi vent’anni, il tutto nell'intimo della scenografia casalinga esaltata da una tuta aperta sulla pancia un po' così, a farci vedere che gli anni, per il protagonista, sono passati pesanti sul suo corpo. Il dramma di Eddy, però, è cosa che riguarda l’umanità intera: in qualche modo, la collana dalle sette pietre e Aborym sono connessi con le peggio tragedie del pianeta. Seguono filmati di repertorio con gente allo spasmo e riprese di guerra. Aborym, perciò, è artefice dell’umana sofferenza. Accidenti. Andolfi, sempre sul pezzo, denuncia il dramma delle rapine domestiche perpetrate dalla gente dell'est che ti strappa il ciondolo dal collo come niente e, compiaciuta, butta lì un tris di "da" per qualificare le proprie origini. Poi, ovviamente, c’è la bruttura della mutazione e della morte che ne consegue ma Andolfi opta economicamente per un orrore ellittico e non palesato da fiumi di sangue: è una paura che si legge sui volti delle vittime. Il mostro c'è ma non si vede, se ne avverte la presenza grazie ai suoi temibili barriti. Sottigliezze che Val Lewton spostati. Finale ancora domestico, minimale, nichilista che non lascia spazio a un seguito. Cosetta stanca e triste, tanto più triste quanto più distante dalla vis realizzativa del primo film. Sic transit gloria mundi. Se il primo film prese un punto su dieci, qui il voto dovrebbe essere ipogeo. Se avesse avuto più tempo, chissà, Andolfi avrebbe potuto chiudere il suo sogno con una trilogia, ma il destino ha voluto altrimenti e l’Ed Wood Jr. de noantri ci ha lasciato il 14 dicembre 2018. Eppure, nel suo piccolo, qualcosa ha lasciato.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Regista:

Marco Antonio Andolfi

Durata, fotografia

30', colore

Paese:

Italia

Anno

2007

Scritto da Exxagon nell'anno 2011 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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