Sinfonia per un sadico
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Voto:
Strani omicidi nella cittadina di Holfen portano il commissario Borowsky (Georges Rollin) ad indagare. Il barone Max Von Klaus (Howard Vernon) è il primo sospettato ma in paese è arrivato Ludwig (Hugo Bianco) per stare al capezzale della madre morente.
LA RECE
Gotico iberico che anticipa elementi dello spaghetti giallo ma delude per un impianto troppo risaputo. Il film soffre di editaggi diseguali ma mostra buon uso del cinemascope e un finale espressionista che prefigura il cinema franchiano di sensualità, misoginia e tortura come reazione alla Spagna cattolica.
Secondo horror gotico dell'iberico Jesus Franco dopo l'exploit de il Diabolico dottor Satana (1962) acclamato dalla critica, soprattutto quella francese, che aveva posto dei paralleli fra Franco e il surrealista Buñuel. Sinfonia per un sadico ottenne un successo decisamente inferiore e solo ora, grazie al recupero degli appassionati, torna a farsi apprezzare per il suo gusto classico tanto diverso dalle successive produzioni del regista. La pellicola, tuttavia, soffre per i diseguali editaggi che non hanno ancora visto una ricomposizione che fosse rispettosa dell'operato di Franco; la distribuzione italiana, poi, ci mise del suo, spedendola nelle sale sia col titolo Sinfonia per un sadico sia come la Bestia del casello maledetto. Maggiormente diffusa la versione francese (le Sadique baron van Klaus) che mostra il sadico finale di gusto espressionista in cui il taglio realista che ha dominato tutto il racconto lascia spazio a una sequenza dominata da immagini e musica. Nella versione francese, però, manca un prologo surreale e altre brevi sequenze che, invece, appaiono nella versione spagnola che ha patito la censura del suddetto finale. Franco in salsa giallo-gotica, tuttavia, non convince pienamente per il canonico svolgimento e un impianto troppo classico che, già ai tempi, risultava risaputo; anche il bianco e nero della pellicola non risalta se non in quel famoso finale, straniante rispetto al resto, con il quale il regista anticipa alcuni stilemi del suo cinema più noto fatto di sensualità, misoginia e tortura, elementi che rispondevano in forma brutalmente reattiva alle reprimende cultural-censoree della Spagna franchista e cattolica nella quale il sesso era cosa connessa al dolore, e la femmina vittima del fallocentrismo. Ludwig possiederà Margaret (Gogò Rojo) dopo averla trascinata nelle segrete del castello e, dopo il sesso, la fustigherà, la incatenerà e la sevizierà prima di ucciderla: un sadismo feroce e non allineato al trattamento pur non clemente subito dalle donne nei coevi horror. Franco mostra un buon uso del formato cinemascope riempiendo sovente l'inquadratura con gli attori posti agli estremi del campo visivo. Il cast recita secondo mestiere ma il regular Vernon non riesce a fare miracoli con una sceneggiatura che tenta un colpo di coda finale non del tutto imprevedibile. Interessanti alcuni elementi che prefigurano lo spaghetti giallo: il killer visto solo da una persona, i guanti neri indossati dall'omicida, la serialità degli omicidi e il movente psicopatologico. Di contorno, qualche sollievo comico e uno score musicale che tende al jazzistico tranne il pezzo al pianoforte che è spunto per il titolo italiano. Franco rifarà il film tutto al femminile con Daughter of Dracula (1972).
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Titolo originale
La Mano De Un Hombre Muerto
Regista:
Jesus Franco
Durata, fotografia
95', b/n
Paese:
Spagna
1962
Scritto da Exxagon nell'anno 2012 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
