Swallow
Voto:
Hunter (Haley Bennett) è la moglie perfetta di Richie Conrad (Austin Stowell) un manager perfetto. Pure troppo. In realtà, la vita di Hunter è quella di un fragile uccello in una gabbia dorata di cui nessuno ascolta il canto. Nella sua sorda frustrazione, denegata con forza da lei stessa con atteggiamenti in linea con le aspettative altrui, Hunter scopre di essere incinta e inizia a trovare sollievo nell'inghiottire gli oggetti più disparati, molti dei quali pericolosi per la salute. La donna finirà in ospedale e, dal suo corpo, toglieranno metalli e plastiche. La perbenista famiglia di Richie, e Richie stesso, non è affatto contenta: inizia a vedere la donna come un fallimento nella sua linea di visione vincente, e programma di rinchiuderla in una clinica psichiatrica.
LA RECE
Mirabella-Davis trasforma la pica in metafora psico-femminista, seguendo Haley Bennett in una performance straziante di donna che ingerisce oggetti per riappropriarsi del controllo sul proprio corpo e del proprio destino. Una sorta di Rosemary's Baby ma ancor più inquietante perché non impostato sul paranormale ma sulla psicopatologia dei "normali" e quanto essa possa portare alla rovina.
Sbalorditivo esordio di un Mirabella-Davis che prima aveva realizzato solo corti e, con Swallow, mostra di padroneggiare il lungometraggio in tutte le sue componenti, narrative, scenografiche, fotografiche, e a livelli davvero curati. Swallow, che nasce dal ricordo della drammatica vita della nonna del regista (matrimonio infelice e sviluppo di rituali ossessivo-compulsivi fino ad una forzata lobotomia), è il film scritto da un uomo ma, nei risultati, più femminista di tanti altri lavori realizzati da registe in maniera troppo ellittica o didascalica. Partendo dal finale, Swallow si chiude con una soluzione forte ma coerente con le premesse di Hunter, e con un'ultima inquadratura di grande finezza e intelligenza: donne che vanno e vengono da un bagno pubblico, appunto per sole donne, accompagnate da una canzone che inneggia all'identità femminile e alla sua rinascita (in questo, forse, un po' troppo didascalismo). Mai mi era capitato di vedere l'uso cinematografico di un bagno pubblico per trasmettere un senso identitario così intimo e, al contempo, deciso. Swallow, che sulle prime sembra troppo ripiegato sul dramma comportamentale di Hunter e sulla sgradevole (mal)educazione del marito - roba che ti viene voglia di entrare nello schermo e menare fendenti - si sviluppa progressivamente come il viaggio di una donna vittima di neglect (nella famiglia d'origine e, poi, cosa non insolita, nella relazione affettiva) che cerca di sopravvivere alla perdita del controllo nell'ambiente circostante, e quindi del Sé, con un iper-controllo sul somatico; paradigma di quasi tutti i casi di disturbo alimentare. Nel caso di Hunter si tratta di picacismo, fenomeno che, inconsciamente, procura situazioni d'allarme che portano le persone a prendersi cura della fragilità della donna. Tuttavia, dato che le premesse affettive con Richie sono negative, Hunter non riceve l'affetto, la comprensione e la validazione umana della quale è in cerca ma, piuttosto, una continua conferma del proprio disvalore, della propria inefficacia e della propria fragilità. Ma Swallow non è solo un'occasione di interessante discussione clinica ma, in primis, è un film elegante nella sua messa in quadro, dominato da una palette di colori pastello e abitato da diversi personaggi davvero ben scritti: la madre di Richie che sembra, ad un certo punto, comprendere l'infelicità della nuora; l'infermiere bodyguard siriano che ha fatto la guerra e che è l'unico a riconoscere la guerra interna di Hunter; la psicoterapeuta che mostra grande sensibilità ma anche un'inaccettabile collusione con lo stile della famiglia Conrad, violando il segreto professionale; l'ambizioso Ritchie che sceglie programmaticamente una donna trofeo della quale non ha nessuna vera stima e che non lo eclissi. Poi c'è lei, Hunter, quadro vivente della condanna alla quale porta un passato traumatico non elaborato - ci si chiede come diavolo ci sia finita questa donna in una famiglia così squalificante e, sulle prime, i soldi sembrano essere la migliore spiegazione - che si trasformerà da bambola vivente a ragazza dall'aspetto genuino e struccato (per quanto consenta il cinema). E stupefacente, fin da una primissima scena, è la resa attoriale di Haley Bennett che, con micro-movimenti del viso, riesce a veicolare in pochi secondi tutto il disagio che il film, poi, declinerà in maniera manifesta; un'attrice talentuosa come poche, oltre che davvero graziosa; i suoi occhi a mandorla vengono dalla Lituania. Per resa estetica, cura narrativa, recitativa e ambizione di colpire molti target concettuali importanti (conflitto di classe, rapporti di genere, aborto, disturbi mentali, stupro ed altro) senza perdere il controllo sul timone, Swallow si configura come un'opera anomala nell'accezione più positiva del termine che si presta ad essere discussa anche dopo la visione. E, cosa ancor più positiva, Swallow, dopo la visione, resta. Papabile cult (personale) moderno.
TRIVIA
Carlo Mirabella-Davis dixit: "Il nostro film ha colpito le persone durante questo periodo di isolamento [Covid], dato che si sentono fuori controllo e incerte su quando finirà la prigionia. [la rivista] Rolling Stone ha detto che il nostro film è il film dell'orrore perfetto per questo momento d'impotenza, e spero che il film porti un po' di conforto alle persone in questo periodo di difficoltà. [...] Naturalmente non avevo idea che sarebbe avvenuta la pandemia. Ma sono stato certamente ispirato dal tipo di isolamento che stava aumentando ancora prima del Covid attraverso i social media, attraverso l'idea che tutti noi siamo insieme ma che siamo anche immersi nei nostri angoli di esperienza umana" (seventh-row.com) .
⟡ Nessun dato, per ora.
Titolo originale
Id.
Regista:
Carlo Mirabella-Davis
Durata, fotografia
94', colore
Paese:
USA, Francia
2019
Scritto da Exxagon nell'anno 2021 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
