Train to Busan

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Voto:

Espansione filmica dell’horror d’animazione Seoul station (2016) e grande successo di pubblico che porterà al sequel Peninsula (2020). L'opera si inserisce nella tradizione del cinema catastrofico coreano, evocando echi di the Host (2006) ma sviluppa una propria specificità attraverso la claustrofobia da vagone ferroviario che diventa anche sede microcosmo sociale stratificato, dove la geografia degli scompartimenti diventa metafora della rigida struttura di classe sudcoreana. Quindi, lo sguardo cinematografico qui si fa strumento di analisi sociologica, e si svelano le dinamiche psicologiche del capitalismo attraverso l'horror zombie, con tanto di protagonista neoliberale che antepone il lavoro alla famiglia e che, nel macello zombie, trova l'occasione per la propria redenzione. La cosa davvero originale sono gli zombi coreani, nel senso che il cinema di laggiù non aveva ancora esplorato con professionalità le potenzialità dei mostri romeriani, qui ipercinetici e, unica novità, fermati dal buio. Romero, però, aveva già detto tutto, in effetti, compreso il commentario dell’homo homini lupus e i buoni sentimenti che, in Train to Busan, vengono messi al centro. Come di consueto per il cinema di laggiù, si tenta di dire tante cose con diversi registri in tempi dilatati: molto poteva essere espunto, molto compresso ma va bene anche così, con la componente dinamica potenziata. Si capisce con grande anticipo dove si andrà a finire, come e chi; ciononostante, lo spettacolo è garantito e non ci si annoia. Più apocalittico che epocale. Finale tenerello. Film piaciuto a buona parte del pubblico e trasversalmente.


commercial
Titolo originale

Busanhaeng

Regista:

Sang-ho Yeon

Durata, fotografia

118', colore

Paese:

Corea del Sud

Anno

2016

Scritto da Exxagon nell'anno 2020; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0