A mia sorella!
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Voto:
Ma perché ‘sto fascino non discreto della borghesia per la fanciullezza intorbidita dalle fantasie sessuali adulte? Intimismi a gogo e mumblecore fra le due sorelline Elena e Anaïs, quest’ultima cicciotta e scansata dal maschio che, invece, cerca di rubare la verginità della prima con incongrue direttive di penetrazione: “Te lo giuro sulla testa di mia madre, resto sul bordo” e “È meglio di colpo ed è tutto finito”. Ok, Poi si risolve col sesso anale che “è come non averlo fatto”; sì, soprattutto se non sei tu a prenderlo. La Breillat racconta le donne: ne escono tutte tormentate, squilibrate, a pezzi. Contente loro. La madre, senza nome, è una stronza; Elena ama la sorella ma la catechizza patologicamente col cibo: “Quando si mangia non si pensa a nulla”. Forse che Elena e Anaïs siano due facce della stessa medaglia, due volti antitetici ma complementari della stessa difficoltà di diventare (donne) grandi? Il finale sopra le righe rispetto ai torpori intimisti concretizza la rabbia e i sogni sessuali di Anaïs: farlo la prima volta con uno che non ti ama e che non ami. Le sequenze erotiche, come tipico della Breillat, vengono girate con una frontalità che vorrebbe evitare qualsiasi compiacimento voyeuristico per diventare strumento di analisi psicologica. Ok. Si fa del cinema arty, di quello col naso all’insù, che se non ti piace il coglione sei tu, ma che, furbacchione, espone il corpicino dell’acerba Mesquida. L’odore di exploitation resta appiccicato alla pelle, anche se si tenta di coprirlo con lo Chanel. Per la didascalica Breillat, Avere (meno di) vent’anni fa per forza Maladolescenza. Probabile che io non abbia colto le sottigliezze dell'arte della regista ma sono abbastanza certo che questo suo lavoro sia meno che essenziale nel viaggio di un cinefilo.

Fast rating
Titolo originale
À ma soeur
Regista:
Catherine Breillat
Durata, fotografia
99', colore
Paese:
Francia, Italia
2001
Scritto da Exxagon nell'anno 2023; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0