la Casa lobo
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Voto:

Film di sbalorditiva animazione in stop-motion che passa, senza soluzione di continuità, dalla cartapesta alla pittura, il tutto per narrare la fiaba nera di un orrore davvero avvenuto in Cile presso la Colonia Dignità, luogo in cui si rifugiarono degli ex nazisti scappati dalla Germania e, sotto l’egida di Paul Schäfer, già noto in patria come molestatore sessuale, creò una setta di intransigenza morale, arianità assortite e le solite cose che piacciono agli squilibrati, fra le quali l’abuso sessuale sui minori nati nella colonia, occultati dalla dittatura militare di Pinochet che silenziava il dramma, visto che la Colonia Dignità - nome tragicamente ironico - si faceva anche sede di torture ed omicidi a danno di dissidenti politici. La trama fiabesca vede tale Maria fuggire da una colonia cilena, chiaro riferimento al luogo sopracitato, e cercare rifugio in una villa nella quale sono presenti solo due maiali. L'universo della casa, al di fuori della quale si avverte la presenza di un lupo, reagisce ai suoi sentimenti. Gli animali si trasformano lentamente in esseri umani e la casa in un mondo oscuro e minaccioso. Joaquín Cociña e Cristóbal León portano a nervo scoperto una delle principale caratteristiche della tecnica stop-motion, ovvero la sua intrinseca stranezza perturbante di arte che mima il movimento fluido ma non riesce ad eliminare la sua natura artificiosa; inquietudine che, poi, è anche il suo principale fascino. Ecco che, nelle mani dei due artisti, questa tecnica “imbastardita” dalla continua mutazione di oggetti fatti a mano (con nastri, cartapesta, acrilico, carboncino ed altro) si trasforma in un dispositivo di pura angoscia esistenziale. Con reminiscenze che vanno dai Fratelli Grim, a Jan Švankmajer (Little Otik, 2000), da Eraserhead (1977) ai lavori dei fratelli Quay (Maska, 2010), la Casa Lobo rappresenta una delle opere più visionarie del cinema d'animazione contemporaneo. Il fascino perturbante del film è di non facile definizione, perché la Casa lobo, in apparenza fiabesco, manca del nitore della fiaba sia per concetto (tratta di violenza sistemica mascherata da protezione paternalistica) sia per l'aspetto derivato dall'uso di materiale povero per creare un mondo in costante metamorfosi, in cui la realtà si dissolve e si ricompone secondo logiche oniriche. Ciò che ci appare, in certi frangenti, e per qualità d’immagine e per vocalizzazioni, sembra un ritrovamento filmico tipo pellicola maledetta che non avremmo mai dovuto visionare. Invece, inserito nella tradizione del cinema dell'orrore politico latino-americano, la Casa lobo, psicologicamente parlando, opera una certa occulta disamina dei meccanismi della manipolazione settaria, mostrando come l'isolamento e la creazione di realtà alternative possano trasformarsi in elementi di controllo, per cui la casa-rifugio diventa progressivamente un dispositivo disciplinare, ovvero una prigione. Unico punto critico, la durata per il tipo di prodotto: pur non durando molto, si ha l’impressione di una certa ripetitività una volta strutturato tema e modi. D’altra parte, non mi piace poi molto criticare cinque anni di lavoro artigianale, questo il tempo impiegato dai realizzatori, richiedendo più sveltezza. Si tratta, infatti, di lavoro d’essai inadatto a coloro che sono di corsa.
Fast rating
Titolo originale
Id.
Regista:
Joaquín Cociña, Cristóbal León
Durata, fotografia
75', colore
Paese:
Cile, Germania
2018
Scritto da Exxagon nel settembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0